Associazione Nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie
“Antonino Caponnetto”
“Altro” ed “Alto”
www.comitato-antimafia-lt.org info@comitato-antimafia-lt.org
ass.caponnetto@pec.it
Tel. 3470515527
Roma,4,1,2017
ALLA PROCURA DELLE REPUBBLICA
DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA
CAMPOBASSO
Oggetto: esposto – denunzia per accertare la sussistenza di un presunto traffico illecito di rifiuti Speciali e Pericolosi legati a residui di incenerimento tramite combustione – Ipotesi di reato rientranti nella tipologia prevista dalla Legge13 Agosto 2010 n.136 di competenza delle DDA.
Da un articolo del quotidiano Primo Piano Molise del 29 Dicembre 2016 si apprendeva che I Carabinieri, unitamente alla Forestale, hanno fermato presso il cementificio Colacem due grossi mezzi provenienti dal termovalorizzatore Herambiente. I mezzi sono stati esaminati minuziosamente e il loro contenuto è stato inviato all’Arpa per essere esaminato. L’articolo segue “Le indiscrezioni riguardo l’esistenza di un’inchiesta sui trasporti di ceneri dall’ex Energonut di Pozzilli al cementificio di Sesto Campano hanno trovato conferma l’altra mattina: presso l’ex Conservificio di Venafro, infatti, i mezzi fermati nei giorni scorsi (e custoditi in un deposito giudiziario) sono stati analizzati accuratamente da tecnici ed esperti dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Molise, che hanno eseguito pure una serie di prelievi. Sull’intera operazione vige il più stretto riserbo.”
Oltre a ciò,nel Leggere l’articolo sotto riportato del Fatto Quotidiano (all.n.1) del dottor Antonio Marfella Oncologo a proposto delle ceneri prodotto dalla combustione dell’inceneritore di Acerra (NA), si ritiene che bisogna fare la medesima proporzione per le ceneri dell’inceneritore di Pozzilli cioè, calcolare la quantità tra rifiuti bruciati e ceneri prodotte- ( Rifiuti Speciali e Rifiuti Pericolosi da smaltire in discarica);
E’ proprio su queste tipologie di ceneri – Pericolose e non Pericolose – quale risultato finale dell’incenerimento questa Associazione ritiene che debbono essere svolte approfondite indagini tecnico scientifiche, per verificare se la quantità finale delle ceneri dichiarate da Herambiente sia in linea con le quantità evidenziate in altri inceneritori da specifici studi tecnici di settore, oltre a verificare se risultano smaltiti correttamente .
Si ritiene utile per le indagini che si andranno e/o che si stanno svolgendo allegare anche l’interrogazione dell’On. Cristian Iannuzzi ed altri che tratta proprio la vicenda dell’inceneritore di Pozzilli.(all.n.2)
Tutto ciò premesso,si chiede a codesta DDA che siano svolte le opportuni indagini su quanto evidenziato richiedendo di essere avvisati in caso di archiviazione ai sensi dell’art.408 comma 2 c.p.p.
IL SEGRETARIO NAZIONALE
Dr.Elvio Di Cesare
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(All.n.1) IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Antonio Marfella
AMBIENTE & VELENI
Terra dei Fuochi, ma dove sono finite le ceneri di Acerra?
di Antonio Marfella | 29 dicembre 2016
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Più informazioni su: Acerra, Campania, Rifiuti, Terra dei Fuochi
Antonio Marfella
Medico per l’ambiente, Napoli
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L’incenerimento dei rifiuti, oltre alle emissioni tossiche gassose, produce residui solidi. Questi ultimi si differenziano in:
a) Scorie o ceneri pesanti, costituite dal residuo non combustibile dei rifiuti, residui metallici e non metallici e da materiale organico incombusto, rappresentano la frazione più rilevante degli scarti prodotti dal processo di incenerimento (da 200 a 300 kg per ogni tonnellata di rifiuto, in funzione della composizione dello stesso). Sono rifiuti speciali non pericolosi;
b) Ceneri leggere o volanti, che derivano dai trattamenti di depurazione dei reflui gassosi e ceneri di caldaia, costituite dai sali di metalli condensati sulle pareti della caldaia di recupero energia; sono prodotte in quantità variabili tra 30 e 60 kg per tonnellata di rifiuto, sono rifiuti pericolosi e vengono generalmente smaltite in discarica (fonte Arpa Piemonte).
Tutti gli inceneritori al mondo producono a loro volta rifiuti (ceneri pericolose e non pericolose), da smaltire dopo l’incenerimento. Il report sui rifiuti urbani Ispra 2016 è il documento ufficiale con il quale il governo italiano certifica attraverso tale organo tecnico del Ministero dell’Ambiente, l’andamento della gestione dei rifiuti urbani. Tale report certifica quest’anno che i nove inceneritori riuniti in Acerra sono diventati per quantità di incenerimento il più grande impianto di Italia con 714mila tonnellate di rsu inceneriti nel 2015.
In base a quanto noto dalla scienza quindi, sono attese in uscita dai nove inceneritori riuniti in Acerra non meno di 150mila tonnellate l’anno di ceneri pesanti e non meno di 22mila tonnellate l’anno di ceneri leggere per un totale complessivo non inferiore alle 172mila tonnellate l’anno di sole ceneri da smaltire. Tale quantità attesa di ceneri, per dare una idea, è superiore alla quantità di rifiuto urbano incenerita dall’80% di tutti gli inceneritori di rifiuti urbani di Italia e necessita comunque a valle di impianti specifici di trattamento per rifiuti speciali che la Campania non ha.
Per smaltirle (in modo non tracciato e quindi non certo) si dice genericamente che vanno in impianti fuori regione per una cifra che, nei bilanci precedenti dei nove inceneritori riuniti in Acerra, e per non più di 130mila tonnellate di ceneri da smaltire, era ufficialmente una cifra superiore ai diciotto milioni di euro l’anno. Per smaltire via mare, compreso anche il trattamento ceneri, 200mila tonnellate di rifiuto Napoli ne ha spesi al massimo 20.
Ero curioso di conoscere la quantità di ceneri raggiunta dall’ormai più grande impianto insalubre di I classe di Italia e non nego il mio totale sbigottimento quando ho dovuto strabuzzare gli occhi nel rilevare che la quantità di ceneri prodotte ad Acerra non era superiore a 36mila tonnellate/anno di sole ceneri leggere pari al 5% del totale incenerito.
Una dichiarazione da premio Nobel: Acerra è il primo inceneritore al mondo che non produce ceneri. O da denunzia immediata alla Procura della Repubblica, per nove impianti insalubri riuniti in un unico comune in una Regione che non ha, e a quanto pare non vuole avere, impianti per smaltire correttamente i rifiuti speciali come le ceneri. Tertium non datur, a mio parere.
Tali impianti per smaltire le ceneri la regione Campania li vorrebbe pure fare, ma sempre e solo ad Acerra, magari affidandole a ditte trasparenti e affidabili come la Ditta Pellini (che ne ha fatto ufficiale richiesta) già condannata anche in secondo grado per smaltimento illecito di rifiuti tossici e specificamente ceneri provenienti dalle fonderie del Bergamasco (processo Carosello).
Ricordiamo che grazie al report Ispra oggi sappiamo che la Campania, con i nove inceneritori riuniti in Acerra, smaltisce oltre il 28% di tutti i propri rifiuti urbani tramite incenerimento rispetto a non più del 18.9% nazionale, con un incenerito pro/capite anno di circa 122 kg/cittadino/anno rispetto ai non più dei 90 di tutti gli altri cittadini di Italia.
Si dà però il caso che, di fatto, i nove inceneritori riuniti in Acerra incombano solo sui circa 60mila abitanti del Comune di Acerra, con un incenerito procapite anno reale che sale quindi a 11.9 tonnellate/anno, con una produzione di ceneri locali che dovrebbe essere stimata non inferiore a 3 tonnellate l’anno. L’organo ufficiale dello Stato Italiano certifica oggi che Acerra produce non più di 36mila tonnellate l’anno di ceneri!
E Acerra riceve quale compensazione per tanto grave danno ambientale non più di 5 euro a tonnellata rispetto ai dieci in media pagati da tutti gli altri inceneritori di Italia ai comuni danneggiati. Anche oggi si morirà di cancro in eccesso ad Acerra, e l’unica voce dissonante, il Vescovo Antonio Di Donna, urla nel deserto quando invoca, per i propri concittadini martiri, un minore massacro ambientale, almeno con maggiore trasparenza gestionale ed una minore quantità di incenerimento.
“Dio ricicla, il Diavolo brucia” (Monsignor Giovanni Rinaldi, Acerra). Sant’Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali scrive che il Diavolo come prima cosa vuole il silenzio: ed ecco quindi, per accontentarlo, che nella tabella ufficiale sugli inceneritori di Italia, le ceneri di Acerra spariscono proprio. Da molto tempo ormai, io ho smesso di credere agli errori in Terra dei Fuochi.
Rifiuti prodotti dagli impianti di incenerimento che hanno trattato rifiuti urbani, anno 2015. Fonte Ispra
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(All.n.2) Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-12369
presentato da
IANNUZZI Cristian
testo di
Venerdì 4 marzo 2016, seduta n. 583
CRISTIAN IANNUZZI, BUSTO e SEGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in provincia di Isernia, precisamente a Pozzilli, dal 1999, opera un inceneritore, gestito dalla società Hera Ambiente, nato come impianto a biomasse, autorizzato nel 2008 a bruciare da 20 mila a 100 mila tonnellate all’anno di CDR (combustibile derivato da rifiuto), senza AIA (autorizzazione integrata ambientale). Solo dopo una denuncia alla Comunità europea, l’impianto è stato obbligato ad effettuare l’AIA, autorizzazione che la società Hera Ambiente invece ottiene solo nel luglio 2015;
in Italia, il 33 per cento della popolazione è esposta a valori eccessivi di particolato grossolano, fine e ultrafine, contro una media dei paesi dell’Unione europea dell’11 per cento. L’Unione europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il superamento dei limiti in dieci regioni e il Molise è tra di esse, solo per il limite del Pm10, visto che solo dal 2014 le centraline gestite dall’Arpa Molise effettuano il monitoraggio del Pm2,5, il cui valore limite annuo fissato in 25μg/m3 è vincolante dal 1o gennaio 2015, nonostante sia stato dichiarato valore obiettivo dal 2010 dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155;
all’inceneritore ufficiale di Pozzilli si aggiunge, a pochi chilometri di distanza, il cementificio di Sesto Campano che emette dai suoi camini circa 400 tonnellate di polveri, rilevanti quantità di metalli pesanti in merito quali l’associazione «Mamme per la salute e l’ambiente onlus Venafro» e l’Isde Italia, durante un convegno in occasione delle «Giornate molisane ambiente e salute», tenutesi nell’aprile 2015, si esprimevano così: «Noi troviamo una matrice ambientale dove le emissioni di diossine ci sono e sono accertate perché abbiamo valori nell’ordine non lontano dal grammo, come emissione di Colacem, e di milligrammi, come emissioni annue di Hera. Tenendo presente che la diossina può durare nell’ambiente più di dieci anni, ogni anno si accumula l’anno precedente. Quindi abbiamo una situazione di vari grammi nell’ambiente e quando la pericolosità è a miliardesimi di milligrammo abbiamo miliardi di volte, sparsi nell’ambiente, quantità pericolose che possono accumularsi, attraverso la catena alimentare, nelle piante che diventano foraggio, negli animali e poi nell’uomo»;
in Italia, e di conseguenza anche in Molise, la politica nazionale ha scelto l’incentivazione dell’incenerimento, contrariamente a quanto avviene in altri Stati europei e in contrasto con le direttive europee: infatti, tra l’altro, è stata ammessa la riclassificazione degli impianti di incenerimento per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani D10 a impianti per il recupero di energia R1;
in particolare, l’articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, altrimenti detto «Sblocca Italia», prevede che tutti gli inceneritori vengano considerati «insediamenti strategici di preminente interesse nazionale»: di conseguenza, tali impianti possono incenerire i rifiuti urbani, i rifiuti speciali non pericolosi e i rifiuti speciali pericolosi a solo rischio sanitario, prodotti non soltanto localmente, ma nell’intero territorio nazionale fino a saturazione del carico termico, facendo così decadere i vincoli di bacino; il decreto stabilisce inoltre il dimezzamento dei tempi per le procedure di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale, nonché la costruzione di nuovi impianti;
l’Italia, nel dicembre 2015, in occasione della XXI conferenza internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici, a Parigi, ha sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna, in maniera vincolante, le nazioni partecipanti a riduzioni significative delle emissioni di anidride carbonica, il primo gas responsabile dell’innalzamento della temperatura terrestre;
gli inceneritori o termovalorizzatori producono anche energia, ma le sue caratteristiche peculiari restano la combustione, con conseguente rilascio in atmosfera di inquinanti sottilissimi e dannosi alla salute, e la produzione di ceneri di scarto che, rappresentano, in peso il 30 per cento del rifiuto in ingresso bruciato. Ciò significa che, comunque, al termine del processo di incenerimento, i rifiuti in entrata vengono eliminati solo per il 70 per cento del loro volume, creando quindi un ulteriore problema, quello dello smaltimento delle ceneri stesse;
si apprende dall’articolo «Pozzilli e Venafro nuova grande pattumiera dell’Abruzzo e dell’Italia», sul giornale Mediamolise del 6 febbraio 2016, che sia stata raggiunta una prima intesa per far incenerire i rifiuti abruzzesi nell’impianto Hera di Pozzilli, la cui capacità sarebbe interamente saturata solo con i rifiuti molisani e abruzzesi;
secondo l’articolo «Accordo sull’inceneritore, a Pozzilli rifiuti tracciabili», pubblicato sul quotidiano primo piano Molise, il 10 febbraio 2016 la società Hera Ambiente è autorizzata a bruciare 93.800 tonnellate di Css (combustibile solido secondario), ma avrebbe chiesto di aumentare la capacità a circa 150 mila tonnellate e di poter trattare anche un tipo di Cdr di qualità inferiore, con una procedura che ha ottenuto un primo diniego dalla regione e verso la quale l’industria ha fatto ricorso al Tar Molise. Attualmente, meno del 10 per cento del prodotto termovalorizzato a Pozzilli è il residuo dei rifiuti del Molise, il restante 91 per cento proviene dall’Abruzzo (27,88 per cento equivalente a circa 27 mila tonnellate), dal Lazio (49,11 per cento), dalla Puglia (12,22 per cento), dalla Calabria (0,81 per cento) e dalla Campania (0,06);
durante un convegno in occasione delle «Giornate molisane ambiente e salute», tenutesi nell’aprile 2015, il professor Tamino, citando dati dell’Arpa Molise, ha evidenziato come «incenerire 1 kg di rifiuti comporta l’uso di 7 kg di aria e 1 kg di suolo». Quindi, il biologo ha messo in guardia sull’ossido di azoto (soprattutto smog delle auto ma non solo), che «incide pesantemente sull’insorgere di malattie». «Il livello di diossina nel Venafrano non è elevatissimo ma segnala un pericolo» … «il problema è che la diossina si accumula». Citando dati Arpa e Asrem, l’esperto ha scandito che «Hera Ambiente emette sostanze cancerogene nei limiti di legge ma è poi l’accumulo di queste sostanze (con emissioni provenienti anche da altri fattori ovviamente,) che fa male alla salute»;
la piana di Venafro è una zona nota per le criticità ambientali sia riguardo i continui sforamenti dell’inquinante Pm 10, che sanitarie, per l’alto indice di malattie tumorali e l’accertata presenza nel circondario di diossina nel latte materno di caprini e ovini;
già nel 2012, come riportano i giornali locali, l’ex consigliere regionale molisano, Massimo Romano, diffidò Michele Iorio e la regione Molise «ad adempiere al dettato legislativo del decreto-legge 155 del 2010». Decreto che doveva prevedere la bonifica dei territori inquinati e il rispetto delle direttive europee in materia di gestione dei rifiuti, oltre al rispetto della legge regionale n. 16 del 2011 per la tutela del territorio, che, in particolare, all’articolo 12, prevede la bonifica dell’area di Venafro, indicata dal collaboratore di giustizia Schiavone come cuore degli sversamenti illegali del basso Molise;
ancora prima, tra il 2010 e il 2011, esplosero gli scandali Open Gates e Dark Report: la procura di Larino scoprì che, nei terreni agricoli del Cosib, venivano sversati illecitamente rifiuti tossici;
da anni, alcune mamme del comune di Venafro, riunitesi in una onlus, si battono per difendere la salute della popolazione molisana interessata da un pericoloso aumento delle malattie tumorali e penalizzata anche da un progressivo indebolimento della sanità pubblica smantellata a favore di quella privata;
dal giornale Primo piano Molise del 15 aprile 2015 si apprende che i dati forniti dalla stessa Hera Ambiente e raccolti nel piano di sorveglianza e monitoraggio esterno mostrano una significativa alterazione dell’ambiente per il constatato accumulo sul terreno di metalli particolarmente nocivi come cadmio, piombo, mercurio;
oltre alla raccolta differenziata «spinta», pratica non ancora perseguita in Italia, esistono metodi alternativi quali il trattamento bio-meccanico dei rifiuti, attraverso cui il problema della parte bio-degradabile dei rifiuti viene risolta in modo naturale. I rifiuti vengono stoccati per una settimana in un grande container nel quale viene insufflata aria calda a 50-60o C. In questo modo vengono attivati i batteri aerobici che degradano la frazione biologica ancora presente nei materiali conferiti. Una volta risolto il problema della frazione bio-degradabile, la parte solida rimanente può essere agevolmente risposta in discarica o incenerita, minimizzando la produzione di liquami, odori e inquinanti. I costi del trattamento bio-meccanico sono pari ad un quinto del costo degli inceneritori e per la realizzazione di un impianto T.B.M si impiegano 2 anni rispetto ai 5 degli inceneritori;
a Mestre è già in funzione un impianto di trattamento bio-meccanico. La parte biodegradata è utilizzata come fertilizzante e le balle di materiale secco vanno ad alimentare la centrale elettrica di Fusina;
in Germania sono stati costruiti, negli ultimi 10 anni, parallelamente agli inceneritori esistenti, ben 64 impianti di trattamento bio-meccanico per circa 6.122.000 t/anno di MPC, contro i 17.500.000 di t/anno trattate dagli inceneritori;
lo smaltimento dei rifiuti spesso è legato al traffico illecito: il maxi-processo Spartacus e le rivelazioni di Carmine Schiavone hanno dimostrato che le regioni industriali italiane quando hanno esaurito le proprie discariche, inviano i prodotti di scarto del Mezzogiorno;
nel 2001, l’Ami (Azienda municipale imolese oggi ConAmi) acquistò per 9,3 milioni di euro dalla società Scr i terreni dell’area industriale ex Pozzi di Sparanise, in provincia di Caserta, zona che l’allora consigliere provinciale Nicola Cosentino definì «altamente inquinata». Poco dopo, l’Ami diventerà parte del Gruppo Hera. Nel giugno 2008, risulta che la Scr sia stata rappresentata nel consiglio di amministrazione di Hera Comm Med da Giovanni Cosentino, fratello del sottosegretario pro tempore Nicola Cosentino, allora indagato, nonché genero del boss Diana, oltre a Enrico Reccia, un allevatore di bufale, che fino al 2002 è stato presidente del collegio sindacale della Cooperativa Europa 2002, nella quale era sindaco anche l’imprenditore Salvatore Della Corte, arrestato nel 2006 dal Ros e condannato a due anni e 4 mesi perché accusato di aiutare il clan Zagaria nei suoi affari al Nord;
attualmente, il presidente di ConAmi Stefano Manara è in totale conflitto di interesse, in quanto è, da una parte proprietario-controllore della discarica (come presidente di ConAmi) e, dall’altra, siede nel consiglio di amministrazione di Hera, società controllata che ricava profitti dalla discarica;
il 27 febbraio 2016, l’assessore all’ambiente della regione Molise, Vittorino Facciolla, uno dei principali fautori dell’accordo per i rifiuti con l’Abruzzo, è stato nominato vicepresidente della giunta regionale: sembra che egli si trovi in conflitto di interessi per aver votato favorevolmente l’adozione del V.I.A. (delibera n. 62 del 21 febbraio 2014 della giunta regionale del Molise) riguardo ad un parco eolico nel comune di Montecilfone (Cb) ed aver in precedenza fornito una consulenza sullo stesso parco quale legale del comune di Montecilfone, incassando una fattura di oltre 4.000 euro dalla ditta interessata –:
quali iniziative il Governo, intenda adottare, urgentemente, contro l’inquinamento ambientale ed a protezione della salute, in particolare alla luce dei casi che riguardano i comuni di Pozzilli, Venafro, Roccaravindola già sottoposti a notevoli e molteplici criticità al fine di evitare il rischio di diffusione/contaminazione dovuto alla capacità dei venti di trasportare a grandi distanze le sostanze le polveri sottili emesse;
se il Ministro della salute intenda promuovere nella piana di Venafro-Pozzilli una indagine epidemiologica anche per il tramite dell’Istituto superiore di sanità, al fine di verificare, soprattutto nell’area circostante l’impianto di cui in premessa, gli accumuli di sostanze e metalli nocivi come diossina, cromo, cadmio piombo e altro;
se il Governo, per quanto di propria competenza, intenda avviare azioni di monitoraggio in termini di quantità, qualità e tracciabilità dei rifiuti al fine di non disincentivare la raccolta differenziata, in modo tale che non siano vanificati i comportamenti virtuosi dei cittadini nella pratica di questa attività;
se il Governo, alla luce dell’impegno vincolante preso con l’adesione del protocollo d’intesa in occasione della Conferenza di Parigi, non ritenga opportuno assumere iniziative normative, nell’ambito dell’attuazione della strategia nazionale ambientale ed energetica, per rivedere quanto disposto dall’articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 e per favorire una corretta gestione dei rifiuti che preveda la riduzione, il riuso, il riciclaggio e il recupero energetico dei rifiuti in altra forma che non sia la produzione di energia elettrica attraverso l’incenerimento, gestione che comporterebbe minori spese, vantaggi per l’ambiente e minori scarti da smaltire;
se siano state avviate indagini a carico di amministratori e funzionari che, nel corso degli anni, avrebbero omesso di riscontrare la diffida del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi della legge 13 agosto 2010, n. 155 e successive modifiche, creando danni ingenti alla salute dei cittadini e all’ambiente;
quali iniziative si intendano adottare per il contrasto ai conflitti di interesse ed alle ecomafie, con particolare riguardo al ciclo illegale dei rifiuti e alla consolidata presenza di infiltrazioni mafiose nelle imprese implicate nel traffico illegale dei rifiuti. (4-12369)