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I cattolici, sempre più lontani da Berlusconi, dopo i tanti scandali chiedono una nuova moralità pubblica. Durissimi attacchi contro il premier di “Famiglia Cristiana”

Gli ultimi attacchi di Famiglia Cristiana al liderismo di Berlusconi segnano una rottura piuttosto netta tra il mondo cattolico e quello del premier. Tanti credenti, più o meno praticanti, non si accontentano più di promesse in tema di questioni etiche, ma chiedono una maggiore moralità nella vita pubblica.

E’ un momento non facile per i cattolici, almeno per quelli che sono in politica. Ma una cosa è certa: è sempre più palpabile una forma di disincanto verso tutto quanto assomiglia al berlusconismo, un disincanto che si trasforma in aperto sospetto. E’ Famiglia Cristiana ad aver aperto il fronte, oramai già da mesi. Il liderismo, il partito azienda targato Pdl non è mai piaciuto ai Paolini. Ma ora il settimanale sembra voler dire ai suoi lettori che tale sistema di potere è entrato in crisi, e chi è credente deve dare il proprio apporto al processo di rinascita del Paese.

Oggi monsignor Rino Fisichella, sul Giornale, afferma che è “lecito che Famiglia Cristiana formuli certi giudizi, anche se questo appare del tutto tendenzioso. Quello che non è corretto è attribuirli al mondo cattolico”. In linea di principio è vero, ma monsignor Rino Fisichella dimentica che tutt’ora il settimanale diffonde copie sette volte tanto Avvenire. Dunque non si può proprio parlare di una voce isolata o minoritaria. C’è tutto un elettorato cattolico che non si riconosce nelle posizioni assolutiste della Cei, nei valori “non regoziali” (in fatto di bioetica) di cui parla oggi il direttore di Avvenire Marco Tarquino, e ritiene che la politica come il viver civile sia una questionedi compromesso. IL ministro Gianfranco Rotondi, snobbato da Berlusconi per il vertice di venerdi, sembra aver colto il punto: “il cattolicesimo politico non finisce con Eluana e il Pdl non può ridurre il contatto col nostro mondo ai temi etici”.

Questo nonostante il ministro Maria Stella Gelmini e il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri sembrino voler continuare a puntare in primo luogo sui temi etici, ansiosi più che altro di compiacere le gerarchie ecclesiastiche. Dimenticano che nulla, in questi anni di berlusconismo, è stato fatto, non dico in tema di miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie, ma quanto meno del potere d’acquisto dei salari.

Proprio i vertici della Chiesa italiana, infatti, hanno capito con estrema lentezza che tra i cattolici, da tempo, stava emergendo un senso di stanchezza, dovuto anche al calo dei valori che da tempo ha investito la politica italiana. La cooptazione ai vertici dei partiti di funzionari aziendali, di chi “più vicino alla luce”, di veline o soubrette dell’ultima ora ha fatto capire a tanti che non si poteva seguire il binario della doppia morale: quella privata e quella pubblica.

Ha ragione il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo quando dice che “è ovvio che un capoazienda non ammetta un regime democratico”. E sta proprio qui la scommessa dei cattolici per i prossimi anni. “Essere sale e lievito della società” come dice Giuseppe Fioroni. Bisogna capire che la mediazione, la fusione di varie culture non vuol dire negare la propria, ma realizzare una vera società dell’inclusione, affinché nessuno si senta ospite, oppure obbligato a scelte che sono lontane dal proprio modo di concepire la vita. Senza imporre a questo o quel soggetto scelte etiche che sono invece proprie di una minoranza.

Paolo Sacredo
(Tratto da Aprile online)