Seppur potente e spietato ha subito la perdita del figlio di 11 anni e del fratello entrambi vittime della lupara bianca
Da Franco Castaldo
E’ diventato il quinto re di Roma, spodestando Massimo Carminati, “er cecato” (quarto re al momento dell’arresto in occasione della retata “Mondo di mezzo”) a suon di omicidi che hanno eliminato, uno alla volta, i suoi rivali. Salvatore Nicitra, originario di Palma di Montechiaro attualmente processato per omicidi ed altro è diventato, per gli inquirenti, un pezzo grosso della mala romana. Ed in un paio di eclatanti missione di morte compiute per strada, si è avvalso della feroce collaborazione di sicari stiddari provenienti da Palma di Montechiaro. Uno in particolare, Giovanni Calafato, oggi pentito, che fece parte del gruppo di fuoco che, qualche tempo dopo, assassinò il giudice Rosario Livatino.
Secondo gli inquirenti, nel sottobosco criminale e a suon di omicidi, Nicitra avrebbe lentamente preso il potere diventando uno degli “intoccabili”. A Nicitra nel giugno del 1993 uccidono un figlio, Domenico, 11 anni, ed un fratello, Francesco con il metodo della lupara bianca. Da Palma di Montechiaro, Salvatore Nicitra non ha solamente esportato il metodo mafioso, poi ampiamente adottato a Roma sino a divenire il quinto re, ma anche una colonia di persone tutte a lui legati dal vincolo parentele o territoriale.
Ed infatti, nell’operazione denominata “Jackpot” con la cattura di 38 persone indagate, a diverso titolo, per associazione per delinquere finalizzata alla frode telematica, gioco d’azzardo illegale, riciclaggio, intestazione fittizia di beni ed estorsione aggravate dal metodo mafioso, sette sono originarie della citta del Gattopardo (a parte la moglie Chantal Anne Richard, 50 anni detta “moncher”), cioè la figlia Rita di 40 anni; Francesco Inguanta, alias “Zi Frank”, 55 anni; Rosario Inguanta, 29 anni, Rosario Zarbo, alias “Saro”, 57 anni; Francesca Inguanta, 81 anni (madre), Giovanni Zarbo, 35 anni.
La loro storia è ricostruita nel provvedimento stato emesso qualche anno fa dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica– Direzione distrettuale antimafia.
Con la retata è stata ricostruita una vicenda criminale lunga quarant’anni che passa attraverso la Banda della Magliana di Maurizio Abbatino, Antonio Mancini, ed Enrico “Renatino” De Pedis di cui Nicitra, è stato uomo di fiducia. Ma anche attraverso le intraprese criminali di Massimo Carminati, della camorra violenta di Cutolo e della n’drangheta sanguinaria che sul finire degli anni 80 scalava forsennatamente posizioni nel mondo criminale internazionale sino a diventare potenza autonoma.
Ed è nella zona di influenza di Salvatore Nicitra, le zone di Primavalle, Casalotti Montespaccato a Roma, che si registrarono cruenti fatti di sangue che consegnarono il territorio capitolino al palmese. Nicitra, in conflitto allora con Roberto (Bebo) Belardinelli – scrive il Gip nel provvedimento restrittivo – mise la parola fine all’egemonia criminale del clan rivale nella gestione delle attività illecite come il gioco d’azzardo, il toto nero, a colpi di lupara e pistola.
Illuminanti a tal proposito sono le dichiarazioni di due pentiti palmesi, Giuseppe Croce Benvenuto e Giovanni Calafato, entrambi condannati per l’omicidio del giudice, i quali interrogati dagli inquirenti nel 2015 hanno svelato particolari assolutamente sconosciuti sulle attività di Nicitra accusandolo di essere stato il mandante di più omicidi in terra laziale. Tranciante è stato Giovanni Calafato che oltre a riferire circa gli interessi nel settore del gioco-scommesse da parte di appartenenti alla Banda della Magliana, aveva spontaneamente confessato di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Valentino Belardinelli, su commissione di Salvatore Nicitra il quale avrebbe anche commesso, in concorso con alti sicari, al ferimento del fratello Roberto Belardinelli poi morto in ospedale.
Anche le dichiarazioni di Giuseppe Croce Benvenuto in data 28.10.2015, scrivono gli inquirenti – la cui attendibilità è stata positivamente riscontrata in numerose sentenze – consentono di ricondurre con ogni verosimiglianza al Nicitra in concorso con altri suoi storici sodali (tra i quali lo stesso Calafato) agli omicidi di Roberto Belardinelli detto “Bebo”, e di Paolino Angeli, nonché del ferimento di Franco Martinelli.
Vicende che danno conto dell’efferatezza e della capacità criminale della congrega criminale in cui sin dall’esordio a Roma si colloca Nicitra, e che sono riconducibili alla lotta tra bande per il controllo del territorio nelle zone di Roma nord, in cui ha infine prevalso il sodalizio facente capo a Nicitra.