IL RACCONTO AGGHIACCIANTE. “Ecco come ammazzammo Russo in quella officina su mandato di Salvatore Belforte”
MARCIANISE – Un’altra testimonianza fondamentale per il delitto di Giovanni Battista Russo è senz’altro quella di Bruno Buttone, rilasciata all’autorità giudiziaria, il 22 maggio 2013. Buttone fa un racconto dettagliatissimo di quel giorno.
Dice che quello fu un delitto organizzato in fretta e furia perchè Gino Trombetta aveva avvistato la vittima in un’autofficina di via Santa Caterina e dunque bisognava fare presto, se si voleva compiere l’omicidio. Buttone si trovava a Casoria per recuperare un’auto per il clan, o meglio, per sostituire una delle vetture che aveva troppo girato per Marcianise e quindi, necessitava di essere sostituita.
Sul suo telefono arriva una chiamata da Domenico Belforte che lo invita ad andare urgentemente a casa del fratello Salvatore. Buttone obbedisce e una volta giunto in via Legnano, trova sulle scale Domenico Belforte e Gennaro Buonanno, che gli dicono di compiere subito il delitto, prima che Russo lasci l’officina. Buonanno consegna a Buttone e a Pasquale Cirillo 4 pistole, ma solo una verrà usata per il delitto.
I due si avviano in fretta e furia verso via Santa Caterina. Passano davanti all’officina e intravedono Russo vicino allo sportello dell’auto insieme al titolare dell’attività, intenti nella riparazione della vettura. Parcheggiano un pò più avanti. Scendono e nel loro percorso di morte discutono su chi dei due debba sparare e su chi debba “tenere a bada” i presenti. Sarà Cirillo a sparare. 16 colpi di pistola. 5 vanno a segno: 3 alla testa di Russo, due in altre parti del corpo. La vittima era stata sorpresa dietro lo sportello della macchina e morirà subito per le gravi ferite riportate.
I due vanno via. Portano la loro vettura in campagna e la incendiano. Hanno agito senza calze sul viso, a differenza di quanto sostenuto invece dal titolare dell’officina, che nelle sue dichiarazioni aveva riferito che i due killer aveva agito a volto coperto (LEGGI QUI).
Cercano il “recupero”: qualcuno del clan deve riportarli a casa, e nella fretta omicidiaria, questa pianificazione non era stata organizzata. Finiscono in casa di Ciccio Cavaliere a Capodrise. Buttone e Cirillo se ne andranno da lì solo 7/8 ore dopo il delitto. Buttone non ricorda chi lo portò poi a casa.
Un ultimo dettaglio: le pistole furono nascoste sotto degli alberi nel mentre i due attraversavano una strada di campagna per raggiungere la casa di Ciccio Cavaliere. Buttone smonterà le pistole e le seppellirà accuratamente.
Il dettagliatissimo racconto lo leggete qui in basso.
25 Agosto 2019
fonte:https://casertace.net