Il collaboratore di giustizia ha parlato dei suoi rapporti illeciti con Francesco Patitucci, Mario Piromallo e Gianfranco Bruni. E ha anche riferito sull’attentato (solo ipotizzato) contro Antonio “Strusciatappine” Abruzzese
di Antonio Alizzi 17 ottobre 2024 20:20
È ripreso a Lamezia Terme il processo antimafia Reset, dove nella giornata odierna il pubblico ministero Vito Valerio, ha esaminato il pentito Mattia Pulicanò. Il collaboratore di giustizia, ex spacciatore di Lattarico e Montalto Uffugo, ha rivelato dettagli sulle presunte dinamiche interne della ‘ndrangheta cosentina, confermando la sua collaborazione con la giustizia nonostante non faccia più parte del programma di protezione.
Pulicanò, ex membro del clan Lanzino, ha raccontato le attività criminali svolte dal suo gruppo e da altri sottogruppi attivi nel territorio di Cosenza e dintorni, fornendo una visione dall’interno della struttura gerarchica e delle operazioni illecite che coinvolgevano esponenti di spicco come Francesco Patitucci, considerato dalla Dda di Catanzaro come il vertice della confederazione.
L’affiliazione e le attività criminali
Pulicanò ha ricordato il momento della sua affiliazione formale alla ‘ndrangheta, avvenuta nel 2008 durante un rito svolto in un’abitazione in Sila, di proprietà di Gianfranco Bruni, alias Tupinaro.
In copiata aveva esponenti di rilievo come Gianfranco Ruà, Ettore Lanzino, Francesco Patitucci, Mario Piromallo e Salvatore Ariello. Pulicanò ha dichiarato di aver ottenuto il grado di picciotto e di aver success
«Mi occupavo principalmente di stupefacenti e qualche atto intimidatorio», ha dichiarato Pulicanò, riferendo inoltre di aver intrattenuto rapporti diretti con Francesco Patitucci, con il quale collaborava nel traffico di cocaina. Pulicanò ha anche parlato della nascita di un gruppo unico a Cosenza, proposta da Bruni durante un summit tenutosi in via degli Stadi, alla presenza di referenti come Michele Bruni e Antonio Abruzzese, alias Strusciatappine, e Francesco Patitucci. Il cosiddetto “triumvirato della ‘ndrangheta cosentina”. Per Pulicanò la “riunione mafiosa” sarebbe avvenuta nel 2008, mentre Ernesto Foggetti, altro pentito, ha detto che l’incontro tra i boss si sarebbe verificato nel 2006.
Il ruolo di Bruni e la gestione della droga
Pulicanò ha descritto Gianfranco Bruni come una persona saggia, un vero ‘ndranghetista, che non praticava la violenza ma era promotore di un’unità tra i vari clan della zona. «Bruni era una persona saggia, propose la creazione di un gruppo unico a Cosenza», ha ricordato il pentito, aggiungendo che la droga veniva nascosta in vari luoghi, anche da Ariello, mentre Piromallo si occupava della parte economica.
Il piano omicidiario contro Strusciatappine
Un altro punto rilevante delle dichiarazioni di Pulicanò riguarda il piano omicidiario contro Antonio Abruzzese, accusato di aver provocato un ammanco di denaro dalla “bacinella” (la cassa comune della ‘ndrangheta). Pulicanò ha ricordato i dettagli del complotto per eliminare Abruzzese, affermando che vennero fatti sopralluoghi insieme a personaggi come Roberto Porcaro, Maurizio Rango e Daniele Lamanna. «Ci furono diversi incontri per discutere l’eliminazione di Strusciatappine, con l’accusa che avesse sottratto denaro dalla bacinella», ha rivelato Pulicanò, aggiungendo che il delitto venne pianificato ma mai eseguito.
Le estorsioni e la spartizione della bacinella
Pulicanò ha inoltre riferito di una estorsione di circa 50mila euro fatta al proprietario del bowling di Quattromiglia, Fusinato, da Franco Bruzzese, Francesco Patitucci e Maurizio Rango. Ha spiegato come i proventi illeciti della bacinella fossero spartiti, con una percentuale del 60% riservata agli italiani e il 40% agli zingari.
La figura di Patitucci e altri personaggi
Secondo Pulicanò, Francesco Patitucci era il punto di riferimento di tutti i sottogruppi della ‘ndrangheta cosentina, descritto come una figura ambiziosa che aspirava a diventare la “star” della ‘ndrangheta locale. Pulicanò ha rivelato di aver agito anche come autista per Patitucci, fornendo dettagli sui rapporti che quest’ultimo intratteneva con altre figure di spicco dell’organizzazione.
Tra i nomi citati da Pulicanò spiccano quelli di Adolfo D’Ambrosio, descritto come un estorsore attivo nel gruppo di Patitucci, e Simone Ferrise, coinvolto in danneggiamenti e traffico di droga. Ha menzionato anche Franco Presta, un personaggio schivo che operava nella zona di Roggiano Gravina, e Carlo Drago, attivo nel settore delle slot machine e videopoker, insieme a Andrea Reda. Su Alberigo Granata, «molto amico di Gianfranco Bruni», ha detto che dopo il 2005 si allontanò dal gruppo: «Non voleva saperne più», ha aggiunto Pulicanò.
Il rapporto con la giustizia
Pulicanò ha concluso il suo intervento dichiarando di essere uscito dal programma di protezione, ma di voler continuare a collaborare con la giustizia per contribuire a smantellare la rete criminale a cui apparteneva. «Il mio esempio vale», ha affermato, invitando altri a seguire il suo percorso di collaborazione.
Controesame degli avvocati
Durante il controesame, gli avvocati della difesa hanno sollevato diverse questioni riguardanti la credibilità e la precisione delle dichiarazioni di Pulicanò.
Rispetto alle domande formulate dall’avvocato Amelia Ferrari, Pulicanò ha dichiarato che Adolfo D’Ambrosio venne arrestato prima di lui nell’operazione Vulpes. In merito al summit di via degli Stadi, ha precisato che i membri del gruppo di San Vito non erano presenti. Ha aggiunto: «Le riunioni di ‘ndrangheta non sono come quelle di condominio», mentre su Massimo D’Ambrosio ha detto che si occupava di droga avendolo appreso da terze persone dietro le sbarre.
L’avvocato Mariarosa Bugliari ha chiesto chiarimenti sull’ammanco di denaro dalla “bacinella”. Pulicanò ha detto che l’ammanco fu contestato nel 2009, prima dell’operazione Timpone Rosso, e che Rango era tra i mandanti del piano omicidiario contro Strusciatappine nel 2013. Ha aggiunto: «Strusciatappine faceva attività criminali per conto suo e non aveva nulla a che fare con il gruppo unico».
All’avvocato Franco Locco, Pulicanò ha spiegato di essere stato arrestato nel 2008 e posto ai domiciliari, successivamente incarcerato a settembre 2009 fino al 2013. Ha affermato di non aver mai parlato con Franco Presta. La contestazione dell’avvocato ha riguardato la presunta gestione di Presta senza riferimento ai suoi cugini Roberto e Antonio Presta, che Pulicanò ha confermato di non aver mai incontrato. Il legale ha fatto intendere che queste informazioni potrebbe averle assunte dopo gli interrogatori citati in udienza, dove non aveva mai parlato di loro. Poi le domande dell’avvocato Fiorella Bozzarello e quelle dell’avvocato Luca Acciardi, al quale, il pentito ha ribadito di essere un «soggetto libero» e di non dipendere più dal programma di protezione. Ha spiegato che segue le cronache locali, come quelle pubblicate sul processo Reset dalla nostra testata, e che il suo esempio può essere un invito alla collaborazione con la giustizia. «Il mio esempio vale», ha affermato Pulicanò.
Pulicanò ha invece così risposto alle domande dell’avvocato Badolato: «Conosco Mario Gervasi, ma non ricordo se abbiamo commesso reati insieme». Ha ricordato che si parlava di Gervasi come un individuo coinvolto nell’acquisto di auto e scooter.
Anche l’avvocato Antonio Quintieri ha posto domande sul piano omicidiario contro Strusciatappine. Il pentito ha precisato di aver appreso di questa circostanza mentre era detenuto a Cosenza dal 2009 al 2013, e che il piano venne discusso nel 2013, ma l’attentato non ebbe luogo.
Infine, le domande del collegio giudicante su Carlo Drago. Pulicanò ha risposto che Drago agiva in maniera autonoma ma negli ultimi tempi si era avvicinato a Roberto Porcaro, senza specificare l’arco temporale.
Il breve esame di Angelo Colosso
Il secondo pentito di giornata, escusso dal pm Vito Valerio, è stato Angelo Colosso, al quale ha posto poche domande. Parlando, ad esempio di Carlo Drago, il collaboratore di giustizia, che nel clan Lanzino era dedito al traffico di droga e agli omicidi, ha detto che nell’ultimo periodo si era avvicinato a Francesco Patitucci, al quale consegnava la somma di 20mila euro per stare tranquillo.