Pino Maniaci e l’informazione antimafia sotto tiro
Il cronista, anima dell’emittente tv Telejato, è stato rinviato a giudizio per “esercizio abusivo della professione di giornalista”. Un procedimento quanto mai bizzarro per chi da anni rischia la pelle per la sua attività antimafiosa ed è stato insignito della tessera onoraria dell’Unione nazionale cronisti italiani
Pino Maniaci conduttore del Tg di Telejato, tv di Partinico (Pa), è stato rinviato a giudizio per “esercizio abusivo della professione di giornalista”. La citazione diretta è stata disposta dal pubblico ministero di Palermo Paoletta Caltabellotta. Il processo è stato fissato davanti al giudice monocratico di Partinico il prossimo otto maggio. Secondo l’accusa, Maniaci, “con più condotte, poste in essere in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso”, avrebbe esercitato abusivamente l’attività di giornalista in assenza della speciale abilitazione dello Stato. Più semplicemente, Pino Maniaci, formalmente, non è un giornalista nell’accezione “legale” del termine.
Eppure, sono e resto convinta che non è un tesserino a fare il giornalista. Ovvero, fra un presunto “non giornalista”, carente di certificazione doc e un “giornalista” tesserato ma assoggettato al potere non esiterei un istante a schierarmi con il primo perché l’esercizio “abusivo” della professione non è svolto da Maniaci ma da chi, tesserino o non tesserino omette e fa finta di non vedere.
Maniaci intanto replica: “Tutto nasce da una denuncia anonima fatta in realtà da un collega invidioso della mia popolarità. Non è la prima volta che mi trovo sotto processo per esercizio abusivo della professione. A luglio sono stato assolto dalla stessa accusa. Chiarirò tutto anche questa volta”. “Produrrò la sentenza che mi ha già scagionato. In occasione dell’ultima intimidazione – ha detto Pino – il presidente nazionale dell’Unci mi ha dato la tessera onoraria dell’associazione. Questo vorrà pur dire qualcosa”.
Pino lavora da anni a Telejato, una “piccola” emittente (in termini di fatturato) ma un grande avamposto contro le mafie, che più volte è stata minacciata, querelata e contestata da boss e notabili della zona di Partinico. L’anno scorso, il figlio di un boss della famiglia Vitale arrivò a minacciare di morte lo stesso Maniaci, il presunto “non giornalista”.
Direttore responsabile di Telejato è un mio caro amico e collega, nonché una firma di aprileonline, Riccardo Orioles, già caporedattore de ” I siciliani ” e strettissimo collaboratore di un altro giornalista che ha pagato con la vita il suo impegno a favore della verità, Giuseppe Fava.
Anche Orioles ha, in un certo senso pagato con la vita il suo essere cronista antimafia: un impegno che lo ha allontanato dalle testate mainstream, che spesso non lo ha ripagato neppure con il “pane quotidiano”, ma che lo ha visto sempre in prima linea quando si tratta di dare linfa e forza a quelle migliaia di piccole esperienze di resistenza, portate avanti da chi (e sempre più spesso si tratta di ragazze e ragazzi) non vuole piegare la testa davanti ai potenti di turno.
“Hanno rinviato a giudizio Pino Maniaci per esercizio abusivo della professione”, mi racconta Riccardo Orioles quando lo rintraccio mentre prende un treno per Trento. “Prima di essere un antimafioso che rischia la pelle per il suo paese, Pino Maniaci è anche uno dei migliori giornalisti d’Italia: Telejato è conosciuta in paesi in cui non sanno nemmeno cosa sia “La Sicilia” e il “Giornale di Sicilia”. Come direttore responsabile di Telejato affermo che Pino Maniaci ha sempre esercitato la sua professione in maniera niente affatto abusiva ma chiara ed esemplare. Intendo – mi dice Orioles – ricostruire l’iter di questa bizzarra incriminazione ed accertare in particolare se qualche collega abbia avuto parte in calunnie verso Pino Maniaci”.
E così viene descritto Pino Maniaci da un piccolo avamposto online della militanza antimafia (http://www.ucuntu.org/, altra “creatura” di Riccardo Orioles): “A Partinico esiste una piccola emittente, una piccola ma grandiosa emittente, Telejato. A condurre tutta la baracca è Pino Maniaci, “l’omino della Bialetti”, come è descritto in un settimanale. Pino Maniaci fa giornalismo, non fa il giornalista perché è stato assunto o perché ha un contratto da conduttore. Fa giornalismo serio per missione. Una missione che a volte lo porta a rimetterci denaro, anziché guadagnarlo. La differenza tra un giornalista “impiegato” e Pino Maniaci, è che i servizi giornalistici “dell’omino della Bialetti” portano a conseguenze dannose a Cosa Nostra, come l’abbattimento di stalle di proprietà dei boss Vitale, utili strategicamente a Cosa Nostra. Tanto ha strepitato contro queste costruzioni, che a seguito dell’abbattimento, un gruppo di ragazzi tra cui il figlio dei Vitale non molto tempo fa, attentò alla vita del giornalista, pestandolo. Maniaci non si è fatto abbattere neanche da questo, e pur avendo prognosi di alcuni giorni di convalescenza, ha firmato per uscire dall’ospedale perché il giorno dopo aveva un impegno con i suoi ascoltatori: la conduzione del TG. La conduzione del TG di Telejato non è la conduzione di un TG qualunque. Non ci sono montatori, tecnici del suono, tecnici delle luci, operatori, cameraman e redazione. Fanno tutto in famiglia”.
Insomma, Pino è un “cronista di razza”, e viene considerato “un maestro” da tanti giovani cronisti in erba che cercano con umiltà e sacrificio di assolvere al dovere d’informare senza guardare in faccia a nessuno.
Non ho dubbi che la sua vicenda giudiziaria si sgonfierà presto in una bolla di sapone. Preoccupa però il messaggio che da essa scaturisce, perché certi messaggi non sono affidate al mare e al caso, colpiscono proprio laddove si vuole colpire. Gli “amici degli amici” sono fin troppo puntuali nel presentare il conto.
Delegittimare l’impegno sociale e morale di un uomo, tanto più in Sicilia, tanto più in un contesto come quello di Partitico, è un segnale che preoccupa e che impone, a tutti noi giornalisti e non, la massima vigilanza e la piena solidarietà.
Carla Ronga
(Tratto da www.aprileonline.info)