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Interrogazione shock al Senato sulla situazione drammatica delle attività mafiose a Fondi ed in provincia di Latina ma senza risposta

INTERROGAZIONI. Interrogazione shock al Senato sulla situazione drammatica delle attività mafiose a Fondi ed in provincia di Latina.Tale interrogazione,rimasta senza risposta da parte dei Ministri competenti,evidenzia,oltre alla drammaticità del fenomeno,carenze  anche da parte della Procura di Latina che ha  parcellizzato  le inchieste non cogliendo così il nesso fra i singoli fatti e,di conseguenza,il vincolo associativo di cui al 416/bis.Carenze che il Ministro della Giustizia avrebbe dovuto verificare ed indagare ma che non ha ,invece,fatto.

 

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Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-05832


Atto n. 4-05832

Pubblicato il 18 maggio 2016, nella seduta n. 629

SIMEONI , VACCIANO , FUCKSIA – Ai Ministri dell’interno e della giustizia. –

Premesso che:

il tema di un presunto negoziato tra apparati dello Stato ed esponenti di primo piano della mafia viene periodicamente ripreso a partire dagli anni ’90, ed ampiamente illustrato nel saggio “L’altra trattativa” di Massimiliano Amato. Invero, tale trattativa sarebbe emersa anche nei verbali recentemente desecretati dalla Camera dei deputati, il 31 ottobre 2015, in merito alle rivelazioni rilasciate dal boss Carmine Schiavone nel 1997;

anche la giornalista, ed ora senatrice, Rosaria Capacchione, in un articolo apparso su “Il Mattino”, avrebbe riportato la notizia dell’avvenuto incontro in una “villa” nelle disponibilità dei servizi segreti a Gaeta (Latina), tra questi ultimi, esponenti di altre istituzioni dello Stato ed appartenenti alla criminalità organizzata. La Direzione distrettuale antimafia di Napoli, all’epoca coordinata dal procuratore Cafiero De Raho, avrebbe disposto, a seguito della pubblicazione dell’articolo, l’avvio di un’indagine in merito da parte del Ros dei Carabinieri;

invero, nel suo articolo, la Capacchione, il 25 febbraio 2011, denunciava un possibile giro di affari incentrato sulla gestione e smaltimento dei rifiuti nei territori del basso Lazio, nonché di un’inquietante accordo tra Stato e Casalesi, sulla base delle dichiarazioni rese dall’ex sub commissario all’emergenza rifiuti Giulio Facchi. Questi avrebbe, inoltre, confermato ai pm Federico Cafiero De Raho, Catello Maresca ed Alessandro Milita l’incontro a Gaeta con 3 agenti in forza al Sisde che, nel 2003, lo avrebbero individuato quale loro interlocutore istituzionale per informarsi, altresì, dell’eventuale infiltrazione criminale all’interno della gestione dello smaltimento dei rifiuti;

Facchi avrebbe inoltre riferito che prima di lui altri funzionari e referenti istituzionali della struttura commissariale si sarebbero incontrati con diversi uomini dei servizi segreti, in una circostanza, sembrerebbe anche con Antonio Bassolino: “Fu io a fissare quell’incontro visto che in altre occasioni mi ero incontrato con un altro funzionario, almeno tre quattro volte, l’agente A.C. Sono certo che i servizi, dopo il 2004, riuscirono alla fine a piazzare un loro uomo all’interno del commissariato, una persona che era già stata consulente di un consorzio casertano”, come riportato da un articolo de “il Fatto Quotidiano” del 5 febbraio 2011;

pertanto, stando alle dichiarazioni rese da Facchi, un agente degli apparati di sicurezza, già impiegato in precedenza in uno dei consorzi di bacino del casertano, probabilmente il Ce2 o il Ce4, avrebbe lavorato direttamente nell’ufficio del commissario per l’emergenza rifiuti, durante la gestione Catenacci;

in tale contesto, sarebbero dunque avvenuti almeno 2 incontri tra il reggente del clan dei Casalesi, Michele Zagaria, all’epoca ancora latitante. Incontri durante i quali, in cambio della pax sociale, la camorra avrebbe chiesto ed ottenuto una contropartita economica sotto forma di appalti, nonché di affidamento di servizi;

ad avvalorare ulteriormente le tesi esposte dall’ex subcommissario, anche alla luce delle dichiarazioni del pentito Schiavone, vi sarebbe un articolo apparso su “il Fatto Quotidiano” del 13 dicembre 2014, ove, sotto il titolo “Mafia Capitale e la palude di Latina: tra omertà e minacce, indagare non si può”, veniva riportata l’audizione del magistrato Michele Prestipino presso la Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie, nella quale egli evidenzia le difficoltà riscontrate nel prosieguo di indagini rispetto al fenomeno mafioso locale, anche in virtù della presenza di taluni oscuri personaggi che sarebbero stati in possesso di intercettazioni secretate, millantando, forse, una presunta appartenenza ad organismi dei servizi segreti;

ancora, la Procura distrettuale antimafia di Roma, nella relazione del 2009, sottolineava la parcellizzazione delle indagini afferenti ai fatti criminosi che interessavano tutte le province del basso Lazio, impedendo, in tal modo, di fatto, l’acquisizione di elementi che indicassero incontrovertibilmente la presenza della criminalità organizzata sul territorio, favorendone, contestualmente, il progressivo radicamento. Ed invero, come si legge nel documento, la Procura distrettuale sottolinea come “appare utile realizzare un efficace coordinamento con le Procure circondariali, soprattutto Latina e Frosinone. Gravi episodi – gambizzazioni, incendi, attentati – si realizzano infatti quasi quotidianamente in quei territori, ma vengono rubricati, e trattati, come fatti di criminalità comune”;

in merito alla sistematica derubricazione presso la Procura di Latina dei reati associativi di stampo mafioso, in ordine, specialmente, al mancato scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazioni del clan ‘ndranghetista dei Tripodo, i pm della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Diana De Martino e Francesco Curcio, si sarebbero espressi, secondo quanto risulta agli interroganti, nell’ambito dell’inchiesta da loro condotta a proposito della Procura di Latina, in termini molto duri, arrivando a sostenere che nella maggioranza dei casi le diverse autorità giudiziarie di detto distretto avrebbero proceduto alla derubricazione dei reati oggetto di indagine, da delitti connotati dallo stampo mafioso a fatti di comune criminalità;

considerato che:

a parere degli interroganti, ferma restando l’intenzione di non entrare nel merito di procedimenti in corso presso la Procura di Latina nell’ambito del “sistema Sperlonga”, desta preoccupazione, sulla base di quanto si è avuto modo di apprendere in particolare dalla stampa locale, la constatazione che plurime ipotesi di reato quali abusi edilizi, lottizzazioni abusive, illeciti della pubblica amministrazione continuino ad essere perseguiti quali reati comuni ed analizzati singolarmente, invece di essere inquadrati in un più ampio sistema criminale, ormai organico sul territorio;

l’estensione di tale sistema criminale, peraltro, starebbe drammaticamente interessando l’intera regione del basso Lazio, comprendendo anche la zona turistica a nord di Sperlonga nota come “Salto di Fondi”, tanto è vero che, nel corso degli anni, si assisterebbe sempre più frequentemente, come puntualmente riportato da numerosi articoli di stampa, avvalorati dalle ripetute dichiarazioni pubbliche di amministratori e politici locali, all’acquisto di ingenti appezzamenti di terreno da parte di cittadini campani non di rado aggravati da precedenti penali, anche di natura mafiosa, ove sorgerebbero, tra l’altro, lussuosi agriturismi, assiduamente frequentati sia da politici locali e nazionali sia da ex generali e magistrati. Tali frequentazioni ingenerano negli interroganti forti perplessità, in particolare stante la presenza di soggetti di cui si ipotizza l’appartenenza a clan camorristi, nello specifico dei clan Gaglione-Moccia,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e se non intendano, nell’ambito delle rispettive competenze, intraprendere idonee iniziative, affinché siano condotte indagini approfondite al fine di verificarne la veridicità;

se non intendano disporre l’invio di commissari ministeriali, al fine di verificare la presunta esistenza, sul territorio delle province di Latina e Frosinone, di una lobby affaristico-istituzionale o politico-malavitosa atta a condizionare l’attività istituzionale;

se, in virtù delle dichiarazioni rese dal magistrato Prestipino, dall’ex subcommissario Facchi e dal pentito Schiavone, nonché sulla base della relazione della Procura distrettuale antimafia di Roma, il Ministro della giustizia non ritenga necessario attivare procedure ispettive o di verifica, nonché, qualora sussistessero gli estremi e nei limiti delle proprie competenze, proposte disciplinari a carico della Procura di Latina, con particolare riguardo alle presunte e indebite derubricazioni o parcellizzazioni di reati di competenza della Direzione distrettuale antimafia verificatesi presso gli uffici giudiziari pontini.