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Invio alla Procura della Repubblica di Perugia di copia di interrogazione presentata dal Sen.Elio Lannutti ed altri

Alla Procura della Repubblica di Perugia ed all’Ufficio GIP del Tribunale di Perugia.

Si fa seguito alla nota di pari data per trasmettere per opportuna conoscenza copia di interrogazione presentata dal Sen.Elio Lannutti ed altri.

La Segreteria nazionale

Ass.A.Caponnetto

 Elio Lannutti

Pubblicato il 10 settembre 2019, nella seduta n. 148

LANNUTTI , LEONE , PRESUTTO , PAVANELLI – Ai Ministri dell’interno e della giustizia. –
Premesso che:
nei territori del basso Lazio, in particolare a Formia, Gaeta, Minturno, Itri, Fondi, Terracina e Sperlonga, la camorra domina incontrastata, con la presenza dei clan Bardellino, Esposito-Giuliano, Mallardo, Moccia, Bidognetti, Fabbrocino, Gaglione, Ascione, Nuvoletta, Zagaria, Maiale. Già nell’udienza del 3 marzo 2003 del processo “Spartacus”, il boss di Mondragone, Augusto La Torre, confermò la presenza criminale nei territori sud-pontini: “Nella zona di Formia, oltre a Guido Coppola, il clan dei casalesi poteva utilizzare Gennaro De Angelis e Armando Puoti. Che in passato aveva appoggiato il clan Bardellino”. L’appartenenza al clan dei Casalesi degli operanti nel basso Lazio era stata già confermata da Carmine Schiavone nell’interrogatorio davanti al pubblico ministero Luigi De Ficchy il 22 marzo 1996 presso la Direzione nazionale antimafia a Roma;
come riporta diffusamente un articolo de “il Fatto Quotidiano” del 27 aprile 2019, l’illegalità è presente anche nel Comune di Sperlonga;
come riportato nell’atto di sindacato ispettivo 4-01840, la criminalità organizzata ha beneficiato dei collegamenti locali con l’imprenditore immobiliare Pierluigi Faiola, che realizzava e commerciava immobili nell’ambito del piano integrato, in affari con l’imprenditore Gaetano Salzillo, vicino al clan “Belforte”. L’infiltrazione criminale si è avvalsa anche di Nicola Pagano, personaggio accostato al clan Zagaria, che tramite la società “Kronos Srl” ed altre campane è riuscito ad acquistare preventivamente terreni necessari per realizzare la speculazione edilizia. L’operazione ha visto impegnati i vertici della Banca popolare di Fondi con investimenti di 60 milioni di euro, mentre le indagini della Procura di Latina si sono concentrate sui reati edilizi e non eventuali collusioni di politici, affaristi e speculatori locali, ovvero la sussistenza di reati associativi (ordinanza del giudice per le indagini preliminari Mattioli del 4 maggio 2018 proc. n. 288/16 mod. 44 gip n. 1814/17 R.G.), benché l’informativa della Direzione distrettuale antimafia faccia emergere un disegno criminale attorno al piano integrato, con una conseguente ipotesi di riciclaggio dei proventi illeciti dei clan campani;
per quanto risulta agli interroganti, a seguito della sentenza in primo grado n. 845 del 2 luglio 2012, che condannava il sindaco di Sperlonga Armando Cusani alla pena di due anni di reclusione ed alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata della pena, gli imputati, come loro diritto, impugnarono la sentenza e presentarono appello. Tuttavia, il tempo passava ma la data del processo d’appello non veniva fissata. I consiglieri di minoranza dell’epoca, nella loro qualità di parte civile nel processo, scoprirono il motivo di tale ritardo: il fascicolo della causa non era stato inviato alla Corte di appello di Roma. Così gli stessi consiglieri di minoranza, in data 29 novembre 2013, chiesero al procuratore della Repubblica di Latina di svolgere accurate indagini al fine di individuare i responsabili di tale mancanza e di comminare le dovute sanzioni nei confronti degli ignoti funzionari, che inspiegabilmente non avevano provveduto alla trasmissione del fascicolo. Fatto sta che, in conseguenza di tale ritardo, la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 0678/2014, dichiarava prescritto il reato di abuso di atti d’ufficio, condannando comunque, Armando Cusani e Aldo Erasmo Chinappi (suocero di Cusani e comproprietario dell’hotel “Grotta di Tiberio”) ad una pena di un anno e tre mesi per il solo reato di abuso edilizio;
a giudizio degli interroganti, se non ci fosse stato il ritardo da parte del Tribunale di Latina, pari a quasi un anno e mezzo, nell’invio del fascicolo della causa alla Corte di appello di Roma, certamente il reato di abuso di ufficio non sarebbe andato in prescrizione e la condanna sarebbe stata più pesante. Così come il dirigente dello sportello unico per l’edilizia dell’epoca non sarebbe stato assolto per prescrizione dei termini;
la segreteria nazionale dell’associazione antimafia “Antonino Caponnetto”, nei giorni scorsi, ha reso noto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha fissato per il mese di ottobre l’udienza di dissenso a seguito di opposizione della stessa associazione contro la richiesta di archiviazione del pubblico ministero riguardante la sparizione di un esposto del 2014 sul piano integrato di Sperlonga a firma di Elvio Di Cesare e Benito Di Fazio indirizzato alla Procura di Latina e presentato presso i Carabinieri di Sperlonga;
a giudizio degli interroganti non è “fisiologico” trattenere, come nel caso di specie, per quasi 18 mesi, i fascicoli delle sentenze appellate da parte di Tribunali alle Corti di appello;
a giudizio degli interroganti sarebbe opportuno appurare se si sia trattato di dimenticanza, mera negligenza oppure di collusioni di ordine “ambientale”,
si chiede di sapere:
se il Ministro dell’interno sia a conoscenza di fatti descritti e se ritenga utile disporre con urgenza verifiche sugli atti dei Comuni di Sperlonga e Gaeta, e quali controlli intenda avviare, anche patrimoniali, in relazione alle vicende richiamate, compreso l’anomalo investimento di circa 60 milioni di euro operato dalla Banca popolare di Fondi nel piano integrato di Sperlonga;
se il Ministro della giustizia intenda disporre le verifiche ispettive di propria competenza sugli uffici giudiziari coinvolti, che hanno agito, ad avviso degli interroganti, in maniera inconsueta.