FORSE NON TUTTI HANNO COMPRESO BENE CON CHI ABBIAMO A CHE FARE QUANDO PARLIAMO DI MAFIE: UN NEMICO POTENTISSIMO SUL PIANO NUMERICO E DELLE RISORSE.
MIGLIAIA E MIGLIAIA DI UOMINI E DONNE CHE DISPONGONO DI MONTAGNE DI CAPITALI CHE AUMENTANO DI GIORNO DOPO GIORNO E SOSTENUTI DA ALTRETTANTE MIGLIAIA DI SOGGETTI ANNIDATI NELLO STATO, NEI PARTITI POLITICI, FRA I PROFESSIONISTI, LA VERA MAFIA, QUEST’ULTIMA, QUELLA PIU’ PERICOLOSA PERCHE’ SI
TRATTA DI PERSONE “INSOSPETTABILI” SEDUTE, PERALTRE, SUGLI SCRANNI E SULLE POLTRONE CHE CONTANO.
SE LA COSIDDETTA “ANTIMAFIA” NON LA FINISCE DI ILLUDERSI CHE SI PUO’ SCONFIGGERE LA MAFIA CON LE CHIACCHIERE, GLI SLOGAN, GLI APPELLI, LE PARATE E SI DECIDE, INVECE, A PASSARE ALLA DENUNCIA, NOMI E COGNOMI, AIUTANDO LA MAGISTRATURA E LE FORZE DELL’ORDINE, PER IL PAESE E PER NOI TUTTI E’ LA FINE.
IL NEMICO NON E’ PIU’, COME MOLTI CREDONO, FUORI LE MURA MA DENTRO E NON C’E’ PIU’ TEMPO DA PERDERE.
O SI CAMBIA O SI MUORE!!!
La camorra e i suoi troppi soldati. Demoni contro
angeli in una battaglia sconfinata
Categoria: Osservatorio Sociale
27/01/2014
QUA SI STA PARLANDO
SOLAMENTE DELLA
CAMPANIA
!
PARLA IL
PROCURATORE
GENERALE DI NAPOLI
Amato Lamberti
Il crimine organizzato spiegato in tre fasi, la mancata trasparenza dei movimenti economici e
soprattutto l’astuta abilità nel modificare la cultura di un territorio. Questo e altro ancora
prodotto da 4500 uomini.
Un esercito di 4500 affiliati appartenenti a 108 clan. E’ questo lo sconcertante dato che emerge dalla
relazione del presidente della Corte d’appello di Napoli, Antonio Buonajuto, nel corso della cerimonia
dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Castel Capuano. Un esercito di malavitosi abile nel vincere
molte guerre, soldati capaci di inginocchiare lo Stato attraverso non solo la violenza, ma anche con
metodi persuasivi allettanti, come nomine, mazzette, potere, prestigio. Buonajuto ha evidenziato
quanto l’infiltrazione camorristica pervade in ogni livello sociale, inquinando il mercato dei capitali
con investimenti nell’economia legale. La camorra è una vera e propria impresa, organizzata in ogni
dettaglio, un’impresa professionale e pronta alle mutazioni economiche, un’enorme industria del
malaffare capace di adattarsi ad ogni contesto.4500 persone.
Demoni che infettano la nostra terra, parassiti che deturpano i frutti del buon operato. Basta fare
qualche calcolo elementare per capire che sono davvero pochi in confronto alle tante persone che
agiscono con responsabilità. Se nulla cambia è perché questi demoni hanno la capacità di ramificarsi
in sconfinati settori che, esattamente come accade per la diffusione dei virus, coinvolgono tante
altre persone, tanti altri comportamenti, fino a modificare l’intero sistema di codici legali con astuzia
e persuasione. A questo punto camorra diventa sinonimo di cultura e le comunità, un po’per omertà,
un po’ per abitudine, si adattano nel peggiore dei modi attraverso un processo di identificazione in
modelli negativi, come il guadagno facile e smisurato di denaro, l’indifferenza, l’estraniazione dal
fenomeno, le spinte per la crescita delle carriere professionali, fino agli estremi del potere sul
territorio con politici corrotti.
Non è esente dal virus una parte consistente del mondo dell’anticamorra campana, vari gruppi con
bilanci poco trasparenti e con sovvenzioni milionarie, non sempre reinvestite in programmi concreti.
Ma in che modo è possibile definire la camorra e le sue contaminazioni? Amato Lamberti spiegava che
la camorra si evolve su tre livelli: predatorio (rapine, estorsioni), parassitario (contrabbando, Toto e
Lotto nero… ), simbiotico, con investimenti nell’economia legale (immobili e settori a bassa
tecnologia, grande manodopera e ampia circolazione di denaro, come supermercati o discoteche). Un
intervento di tipo repressivo si ferma al primo livello, che si riforma immediatamente. Occorrono,
invece, operazioni di risanamento sociale. Nella sua rubrica Città al setaccio, il Sociologo spiegava
dettagliatamente i tre livelli: “Uno schema interpretativo, che identifica tre livelli organizzativi – di
produzione e distribuzione di beni e servizi, illeciti e/o leciti, distinti ma in successione evolutiva:
‘livello predatorio’, ‘livello parassitario’, ‘livello simbiotico’.
Dal punto di vista dei fini perseguiti, un’organizzazione criminale, in Italia e nel mondo, nasce sempre
come impresa che assicura e fornisce servizi illegali, come quelli della protezione delle persone,
della sicurezza delle attività economiche, del contrabbando di merci, del gioco d’azzardo, dell’usura,
richiesti dai mercati illegali. Dal punto di vista dei mezzi impiegati per il raggiungimento dei fini, la
violenza è lo strumento, non sempre utilizzato, ma sempre ostentato come possibilità, oltre che
minacciato, di quella che alcuni autori, come Gambetta (1992) chiamano industria della protezione
ma che, forse più correttamente, si dovrebbe definire industria violenta della protezione, nella
quale, produzione di violenza e offerta di protezione e sicurezza formano un tutt’uno praticamente
inscindibile, come accade, in particolare, in ogni forma di attività estorsiva.
Per questo possiamo parlare di uno stadio immediatamente e direttamente ‘predatorio’. Il passaggio
successivo – ma nel tempo, quasi immediato se non contemporaneo – è quello al livello ‘parassitario’,
dell’impresa illegale, come struttura di produzione e commercio di beni e servizi illeciti, che produce
e/o vende sul mercato servizi illegali ma in forma non violenta, facendone semplicemente
commercio abusivo e illegale: dal contrabbando di sigarette, allo spaccio di droga, alla produzione e
commercializzazione di DVD, videocassette e musicassette falsificati, al totonero, al lotto
clandestino, alla carne macellata clandestinamente o importata di contrabbando, al pane prodotto in
forni clandestini e venduto abusivamente, ai giubbotti di similpelle griffati, alle scarpe griffate false,
alle schede ‘pezzottate’ per decoder televisivi, alle cassette e DVD dei giochi elettronici. ecc. Si crea,
in pratica, una sorta di mercato parallelo che vive accanto a quello legale.
L’impresa criminale offre prodotti apparentemente simili ma a prezzi molto più bassi. Parassitando il
mercato legale lo prosciuga, e finisce quindi per alterarlo profondamente, sia attraverso la
produzione che attraverso la commercializzazione di prodotti falsi o di contrabbando, i quali
finiscono per invadere surrettiziamente anche il mercato legale nel tentativo, messo in atto da
commercianti disonesti e/o in difficoltà, di resistere alla concorrenza usando gli stessi metodi.
L’ultimo stadio evolutivo è quello ‘simbiotico’, in quanto l’organizzazione si scioglie praticamente nel
tessuto economico e imprenditoriale del territorio dando vita, soprattutto attraverso partecipazioni
societarie, ad imprese che forniscono prodotti legali con modalità spesso solo apparentemente legali,
in quanto, anche quando vorrebbero essere pienamente legali non possono fare a meno di
incorporare quel potenziale di violenza, intimidazione, corruzione che ne accompagna la nascita:
‘L’imprenditoria che origina dai capitali illeciti, sembra costituire l’indotto dell’imprenditoria
criminale e, al pari dell’indotto dell’industria lecita, costituisce un’isola nella quale garanzie e regole
sono sospese. ‘ (Ruggiero 1992, 21).
Nel settore dell’edilizia, ad esempio, molte imprese, regolarmente registrate alle Camere di
Commercio, da un lato partecipano a gare per appalti pubblici, dall’altro costruiscono abusivamente
lottizzazioni anche di una certa importanza. Continuano, cioè, ad essere presenti sia sul mercato
legale sia su quello illegale. Il settore in maggiore espansione è però quello dei servizi legali richiesti
a condizioni illegali. A questo livello, il campo di osservazione si amplia a dismisura, in
corrispondenza a qualsivoglia esigenza dei mercati legali che si voglia soddisfatta con metodologie
illecite in grado di ridurne i costi: dal trasporto e smaltimento rifiuti alla fornitura di inerti, dalla
distribuzione di idrocarburi da autotrazione alla fornitura di prodotti industriali contraffatti, dalla
fatturazione di operazioni inesistenti alla ‘semplificazione’ delle procedure amministrative”.