La rete di investitori del boss Schiavone
14 Maggio 2022
Di Redazione
Il figlio di Sandokan investiva i propri «risparmi» tramite imprenditori fidati
I boss dei Casalesi avevano una grossa disponibilità di denaro da poter investire. Ma proprio per la loro rilevanza criminale non potevano farlo in prima persona ma avevano bisogno di persone di fiducia che gestissero queste somme senza destare sospetti. Dall’ordinanza di fine aprile contro il clan di Casal Di Principe emergono le dichiarazioni del boss Nicola Schiavone, figlio di Francesco «Sandokan», oggi collaboratore di giustizia. «Come potete immaginare io avevo una rete di imprenditori di fiducia, che facevano affari con me o nel mio interesse, con ciò contribuendo alla vita del clan Schiavone ed anche alle mie risorse personali» afferma il figlio di Sandokan. Questi imprenditori o faccendieri «erano in primo luogo G. C., M. G, P. C. (tutti non indagati in questa occasione, ndr.) e Dante Apicella».
A quell’epoca, racconta Schiavone, il G. C. e M.G. gestivano su mandato del boss la somma di 500mila euro che gli aveva affidato in contanti in unica tranche. «Complessivamente io disponevo in quel momento una complessiva liquidità personale, distinta dalla cassa del clan di circa 1.200.000 euro, somma nel quale comprendo anche il mezzo milione di cui ho già detto».
«L’importo restante era stato da me suddiviso in questo modo: 250mila euro circa nella disponibilità di P.C., 100mila euro nella disponibilità di mio cugino e omonimo Nicola Schiavone soprannominato ‘o russ (non indagato in questa occasione, ndr.), 400mila euro nella disponibilità di Dante Apicella, detto damigiana, imprenditore stabilmente legato al clan, per quello che posso dire io personalmente, il quale, pur non essendo affiliato ritualmente e stipendiato ha procacciato in più occasioni affari nel comune interesse suo e mio in qualità di capo pro-tempore della fazione Schiavone dei Casalesi» conclude il collaboratore.