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La riorganizzazione della famiglia di Sciacca tra appalti e corruzione: 9 indagati

Dall’inchiesta emergerebbero anche rapporti con imprenditori e politici, accusati di scambio elettorale politico-mafioso

di Redazione

10 Novembre 2024

La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di nove persone indagate nell’inchiesta che lo scorso luglio ha fatto luce sulla riorganizzazione della famiglia mafiosa di Sciacca ma anche sui rapporti con politica e imprenditoria.

Il provvedimento, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, è stato firmato dai pm Claudio Camilleri, Francesca Dessì e Maria Pia Ticino. A tre dei nove indagati viene contestata l’associazione mafiosa: si tratta di Domenico Friscia, 61 anni, ritenuto il nuovo boss della cosca di Sciacca; Giuseppe Marciante, 37 anni, nipote del capomafia, titolare della Gsp Costruzioni, ritenuto la mente imprenditoriale del clan; Michele Russo, 45 anni. Domenico Friscia, secondo gli inquirenti, avrebbe «ereditato» il trono dello storico boss Totò Di Gangi dopo aver avuto la meglio sul «rivale» Domenico Maniscalco, morto alcuni mesi fa in carcere.

Friscia è uno storico uomo d’onore di Sciacca, già arrestato nel 2003 nell’operazione «Itaca» e nuovamente coinvolto in seguito alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vito Bucceri nell’inchiesta «Opuntia». Tra gli indagati compare anche Maurizio Costa, 64 anni, di Favara, ex responsabile della protezione civile della provincia di Agrigento. Il dirigente è accusato di corruzione per una vicenda legata all’imprenditore Marciante: secondo l’accusa, avrebbe attestato falsamente il possesso di una certificazione dell’azienda indispensabile per avere l’appalto per la costruzione dell’Hub vaccinale di Sciacca. In cambio la ditta avrebbe svolto lavori di giardinaggio e opere di consolidamento nella sua abitazione. Agli atti anche altri affidamenti diretti: dai lavori per lo sgombero e ripristino del manto stradale a Lucca Sicula e Caltabellotta arrivando anche all’intervento di recinzione della Scala dei Turchi di Realmonte. Il tribunale del Riesame, poche settimane dopo, annullò l’arresto di Costa.

Altri due indagati sono accusati di scambio elettorale politico-mafioso. Si tratta di Vittorio Di Natale, 49 anni, ex consigliere comunale, e Rosario Catanzaro, 65 anni. La famiglia mafiosa di Sciacca avrebbe anche tentato di condizionare l’andamento delle elezioni nel 2022. Il boss Friscia avrebbe incontrato Di Natale, un tempo in Forza Italia con cui provò, senza riuscire, ad entrare all’Ars, per poi candidarsi con la lista Onda al consiglio comunale. A siglare l’accordo, secondo l’accusa, fu Rosario Catanzaro.

L’inchiesta portò anche alle dimissioni dell’ex presidente del consiglio comunale di Ribera, Vincenzo Costa (che non risulta indagato): sono diverse le telefonate e gli incontri tra il boss e il politico, medico veterinario che dall’ottobre 2020 siede sullo scranno più alto del consiglio comunale del comune crispino. Secondo gli inquirenti Costa avrebbe richiesto l’intervento del capomafia su due dipendenti del comune di Sciacca addetti al mantenimento e alla custodia dei cani randagi.