UNA NOSTRA RIFLESSIONE SU TALUNE VICENDE
GIUDIZIARIE CHE VEDONO COINVOLTE ALCUNE
PERSONE VICINE AL MONDO DELL’ANTIMAFIA
SOCIALE E SUL ” MODO ” DI PENSARE E DI FARE
ANTIMAFIA
Una vicenda, quella dell’arresto del congiunto di
un’icona dell’antiracket a Napoli e del coinvolgimento
di questa nelle indagini, che avrebbe meritato analisi
più approfondite da parte dei media e, in particolare, di
tutti coloro che dicono di voler fare o fanno antimafia.
Una vicenda che, al di là degli aspetti giudiziari e degli
sviluppi di questi che esulano dalla nostra
competenza, coinvolge moralmente tutto il mondo
dell’antimafia e DEVE indurlo ad una profonda
riflessione sul “modo” come fare l’azione di contrasto
alla criminalità organizzata.
L’Associazione Caponnetto, sin dal momento della sua
nascita, circa 15 anni fa, ha fatto, fra le poche in
Italia, una precisa scelta:
quella di rifiutare con forza ogni forma di appiattimento
o di compromesso sui e con le istituzioni ed i partiti
politici.
Di qualsiasi natura, sia che si tratti di
convenzioni, accordi, gestioni o quant’altro comporti
questioni di natura economica.
Una linea rigorosa, la nostra, che ci comporta
sacrifici, rinunce, limitazioni, anche di natura
personale, forse talvolta isolamento, ma, al
contempo, anche soddisfazioni sul versante
dell’acquisizione dei consensi, della
stima, dell’apprezzamento e del prestigio negli
ambienti sani della società italiana e di quella parte
non corrotta delle stesse istituzioni, soprattutto forze
dell’ordine e Magistratura con le quali vogliamo
collaborare e collaboriamo per difendere la legalità e
la Giustizia.
Una linea che, peraltro, ci consente di agire nella più
ampia autonomia da tutto e da tutti, senza lacci e
lacciuoli, senza vincoli di sorta con chicchessia.
Lo ripetiamo: con CHICCHESSIA!!!
Un’antimafia seria NON DEVE avere rapporti
compromissori con quei mondi nei quali si annidano
corruzione e mafie.
Altrimenti essa smentirebbe, nei fatti, quello che va
dicendo nei convegni, sui giornali e sulle piazze.
Questa è e sarà l’Associazione Caponnetto.
Costi quel che costi.
Il rigore morale dell’Associazione e di ogni suo singolo
iscritto, il rispetto rigoroso della linea stabilita sin dalla
sua origine debbono rappresentare il biglietto da visita
di un’antimafia pura, reale, che basa tutta la sua azione
su tre elementi fondamentali:
1) l’ INDAGINE;
2) la DENUNCIA;
3) la PROPOSTA.
Tutto il resto non ci interessa e non deve interessarci.
Il compito di ogni iscritto all’Associazione Caponnetto
é quello di studiare il proprio territorio, conoscerne le
dinamiche sociali, politiche ed economiche, studiare
ogni fenomeno evolutivo od involutivo, annotare e
segnalare alla struttura organizzativa centrale
carenze, omissioni, collusioni, episodi e comportamenti
di corruzione, proporre soluzioni, respingendo ogni
eventuale tentativo di strumentalizzazione di natura
politica, economica o altro.
Punto.
Appena qualche mese fa, a seguito dell’arresto in
Calabria di un’altra “icona” della cosiddetta antimafia
, uno dei più noti Magistrati italiani -il Dr. Gratteri- ha
colto l’occasione per richiamare pubblicamente
l’attenzione del mondo dell’antimafia sociale sulla
necessità di non legare questa ad alcun interesse di
natura economica.
Quella di chi vuole piegare l’azione di contrasto alle
mafie ad interessi di natura economica o di altra
natura non è antimafia.
E’ “altro” che a noi non interessa.
Ecco perché noi insistiamo ossessivamente nel
richiamare tutti, simpatizzanti ed iscritti, al rispetto
rigoroso delle regole che ci siamo dati, regole
permeate da quel profondo rigore morale che è la
sostanza del nostro essere e del nostro operare.
Abbiamo subito, nel corso degli anni, numerosi tentativi
di infiltrazione da parte di soggetti interessati –
anche un nome famosissimo della galassia delle
famiglie camorristiche ha chiesto, anni fa, l’adesione
all’Associazione Caponnetto, ritenendola
evidentemente la più “pericolosa” dal loro punto di
vista – a farci deviare dalla linea fissata e ci siamo
dovuti difendere con i denti per salvaguardare la
nostra AUTONOMIA e le nostre regole.
Avremmo avuto piacere, quindi, dopo i fatti sopra citati
avvenuti in Calabria ed in Campania di recente, se ci
fossero state una riflessione profonda ed un’analisi
accurata sul “modo” di intendere -e di operare-
l’antimafia.
Sciascia parlò di “professionisti dell’antimafia”.
Noi non lo siamo e non vogliamo esserlo, anche
perché siamo dei volontari e non intendiamo fare
business o carriere politiche sulle disgrazie di questo
Paese.
Questo, per l’interesse della parte sana del Paese
stesso e, se ce lo consentite, anche dei nostri figli e
nipoti, ai quali non vogliamo consegnare una nazione
infame e criminale.
Se non fosse così, essi avrebbero il diritto di maledirci
per l’eternità e noi vogliamo, pertanto, finire la nostra
vita con la coscienza a posto.