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L’assalto finale alla Giustizia. Quasi la metà dei processi al macero per salvare una persona. Ciampi “E’ in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, una manipolazione delle regole…”

Roma, Bologna e Torino oltre il 50%, Firenze, Napoli e Palermo tra il 20 ed il 30%: sono queste le percentuali dei procedimenti in fase di udienza preliminare e dei dibattimenti in primo grado già prescritti, o dei quali sarebbe imminente la prescrizione, in caso di entrata in vigore del disegno di legge. L’amara riflessione di Carlo Azeglio Ciampi: “In ballo c’è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare. La mia amarezza deriva dalla constatazione ormai quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non solo sulla giustizia. E’ in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso di continua manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del nostro vivere civile”

Mentre si tratta ancora sul testo e si verificano le possibilità di approvare un nuovo lodo Alfano che questa volta preveda un riforma costituzionale per non incorrere nella bocciatura della Consulta, da domani inizia nella Commissione giustizia del Senato la discussione sulla riforma del processo breve.
L’annuncio lo da’ Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl a Palazzo Madama: “Martedì pomeriggio avrà inizio la discussione sul ddl sulla ragionevole durata del processo: il relatore del provvedimento è il senatore Giuseppe Valentino”.
Rispetto al testo originario del ddl depositato da Pdl e Lega al Senato, dovrebbe scomparire il reato di immigrazione clandestina tra quelli che non beneficeranno della riforma (la richiesta era stata avanzata dal Carroccio). Ma già si discute sui tempi di approvazione. Proprio Gasparri pensa che il provvedimento potrebbe essere votato dal Senato prima della pausa natalizia per poi passare alla Camera a gennaio. La maggioranza non esclude poi di chiedere l’ennesimo voto di fiducia sulla riforma, se si dovesse riscontrare l’ostruzionismo dell’opposizione.

Un invito alla maggioranza a ripensarci viene da Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, che ripropone la via del lodo con riforma costituzionale: “Propongo di impedire lo sfascio della giustizia italiana e dico alla maggioranza: fermatevi sul processo breve perché sfasciate la giustizia in Italia”. E aggiunge su essere “d’accordo con l’Associazione magistrati. Questo provvedimento è inemendabile”.
Gasparri non esclude la mano tesa: “Casini ha avanzato questa proposta sul legittimo impedimento, se sarà presentata formalmente la valuteremo. Apprezzo, comunque, il fatto che anche Casini, nella sostanza, riconosca che nei confronti del presidente Berlusconi c’è una evidente persecuzione giudiziaria”.
Italo Bocchino, vice capogruppo del Pdl alla Camera, precisa le condizioni di un possibile accordo: “La proposta di Casini di normare il legittimo impedimento è interessante, ma va considerata in aggiunta ai provvedimenti già proposti dalla maggioranza, compreso il processo breve”. Secondo alcune indiscrezioni, il ministro della Giustizia Angelino Alfano potrebbe intanto presentare già giovedì prossimo una nuova versione del lodo che permetterebbe di non processare le alte cariche dello Stato.

L’opposizione si prepara nel frattempo a dare battaglia al Senato. Pierluigi Bersani, segretario del Pd conferma il no del suo partito: “La maggioranza ritiri il ddl. Il confronto sulla giustizia non può partire dai problemi personali di Berlusconi”. Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, boccia anche l’ipotesi di mediazione di Casini e annuncia la raccolta di firme per un eventuale referendum contro la legge sul processo breve.

Intanto lo scontro esce dalle Aula parlamentari. Sul processo breve, partecipando alla trasmissione di Raitre “In mezz’ora”, domenica è intervenuto Armando Spataro, procuratore aggiunto di Milano che ha polemizzato con il ministro Alfano: “Il disegno di legge sul processo breve viene presentato come un provvedimento a tutela del cittadino contro la durata dei processi. Il ministro viene in Parlamento dicendo che solo l’1% dei processi sarà soggetto a questo abbattimento. Vuol dire che il 99% dei cittadini non si lamenta? Nell’1% forse c’è qualcuno che ha interesse a bloccare il processo”.

“Roma, Bologna e Torino oltre il 50%, Firenze, Napoli e Palermo tra il 20 ed il 30%: sono queste le percentuali dei procedimenti in fase di udienza preliminare e dei dibattimenti in primo grado già prescritti, o dei quali sarebbe imminente la prescrizione, in caso di entrata in vigore del disegno di legge sul “processo breve”. È quanto scrivono in una nota congiunta Luca Palamara e Giuseppe Cascini, rispettivamente presidente e segretario generale dell’Anm. “La rilevazione è stata compiuta nei tribunali capoluogo dei maggiori distretti – si legge ancora nella nota -.
Eccoli, i numeri che il ministro ritiene che l’Anm non possieda. Sebbene si tratti dei primi dati comunicati dagli uffici giudiziari, essi sono calcolati su un campione particolarmente significativo e rappresentativo, perché provengono dai tribunali delle grandi città. E smentiscono clamorosamente le rosee previsioni comunicate in Parlamento la scorsa settimana”.
“Ora – prosegue l’Anm – ci aspettiamo una discussione serena ma informata, che si estenda anche alla legge Finanziaria e alle residue possibilità di prevedere risorse e stanziamenti adeguati al rilancio della giustizia. Nei prossimi giorni, e anche in occasione del Salone di Rimini, dove saranno presenti tutte le componenti della giustizia, potremo fornire dati più completi e confrontarci con gli altri protagonisti del processo, senza dimenticare le vittime del reato”. “Quel che non è possibile immaginare – si afferma nel comunicato – è che giudici e pubblici ministeri, ma anche gli organi di polizia giudiziaria, possano continuare a svolgere serenamente e con impegno il proprio lavoro, sapendo che la metà della loro attività sfumerà certamente entro il primo grado di giudizio. Né si pensi – conclude la nota – che le percentuali, aritmeticamente inferiori, che risulterebbero tenendo conto di tutti i procedimenti per i quali sia stata esercitata l’azione penale, potrebbero tranquillizzare: la prescrizione, evidentemente, matura in corso di giudizio, e la sorte è quella che emerge dai primi numeri sia nei dibattimenti sia nei procedimenti in fase di udienza preliminare”.

E il presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sottolinea, in un’intervista rilasciata a la repubblica che le riforme “si fanno per i cittadini, non per i singoli”.
“L’ho sempre pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto – prosegue Ciampi -: basta con le leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il Paese a migliorare”. “Io -continua l’ex capo dello Stato- non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale.
La si usi: è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all’opinione pubblica. Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l’unica regola da rispettare sia quella del ‘quantum potes’: fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti”.”Qui ed ora, in Italia, non c’è in gioco la vita delle persone. Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali abbiamo creduto. In ballo c’è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare. La mia amarezza deriva dalla constatazione ormai quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non solo sulla giustizia. E’ in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso di continua manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del nostro vivere civile. Qui non è più una questione di battaglia politica, che può essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia. Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi dell’edificio democratico, cioè le istituzioni, e si umiliano i valori che le istituzioni rappresentano. Questa -conclude Ciampi- è la mia amara riflessione…”.
Monica Maro

(Tratto da AprileOnline)