ALCUNI ORGANI DI STAMPA SI SONO RESI PORTAVOCE DI RECENTE DELLE FORTI PREOCCUPAZIONI CHE COMINCIA A NUTRIRE LA PARTE PIU’ SENSIBILE ED INFORMATA DELL’OPINIONE PUBBLICA RELATIVAMENTE ALL’ATTENUAZIONE DELL’IMPEGNO DELLA LOTTA ALLA MAFIA DA PARTE DELLE PREFETTURE DELLA CAMPANIA E,IN PARTICOLARE,DI QUELLA DI NAPOLI,
IL NUMERO DELLE INTERDITTIVE ANTIMAFIA,INFATTI,E LA VIGILANZA A CARICO DI IMPRESE IN ODOR DI CAMORRA SONO FORTEMENTE CALATI RISPETTO AL PASSATO E CIO’ NON PUO’ NON SOLLEVARE DA PARTE DELL’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO FORTISSIME PERPLESSITA’ E PREOCCUPAZIONI.
PIU’ TEMPO PASSA E PIU’ LE PREFETTURE VENGONO MENO AI LORO OBBLIGHI DI LEGGE IN MATERIA DI PREVENZIONE ANTIMAFIA.
I PREFETTI,FATTA QUALCHE RARA ECCEZIONE,SEMBRANO IGNORARE COMPLETAMENTE L’ESISTENZA DELLE MAFIE E I RISULTATI SONO ORMAI SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI,DA MILANO,A VENEZIA,DA NAPOLI,A LATINA,A ROMA E COSI’ VIA.
UN’ASSOCIAZIONE ANTIMAFIA SERIA NON PUO’ TACERE DI FRONTE AD UNA SITUAZIONE CHE SI VA AGGRAVANDO SEMPRE DI PIU’.
ECCO IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO E LA SUA IMPORTANZA :
DENUNCIARE,DENUNCIARE,DENUNCIARE E PROPORRE.
PROPRIO IN QUEST’ OTTICA E MOSSI DAL NOSTRO SENSO DI RESPONSABILITA’ ABBIAMO INTESO ELABORARE LE SEGUENTI PROPOSTE CHE MIRANO A SOTTRARRE AL PIU’ PRESTO LE COMPETENZE IN MATERIA DI PREVENZIONE ANTIMAFIA AI PREFETTI PER TRASFERIRLE ALLE DDA,
LE PROPOSTE DELL’ASSOCIAZIONE A.CAPONNETTO RELATIVE AL TRASFERIMENTO DELLE COMPETENZE IN MATERIA DI PREVENZIONE ANTIMAFIA DAI PREFETTI AI PROCURATORI DELLE DDA
I recenti fatti di cronaca giudiziaria relativi alle infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti relativi a Expo 2015, al Comune di Roma, all’ospedale civile di Caserta , a quelli affidati alla CPL, ecc. ecc, che vedono coinvolti imprenditoria deviata, criminalità organizzata e personaggi della politica e delle istituzioni collusi, hanno messo in luce come, proprio attraverso apparati deviati della burocrazia e della politica, le organizzazioni criminali riescono a penetrare indisturbate in importanti e strategici segmenti della vita amministrativa della pubblica amministrazione, condizionandone le scelte e gli indirizzi, con invasività e pervasività incontrollate.
Il legislatore ha approvato nel tempo, soprattutto in occasione di gravi eventi delittuosi che hanno causato la perdita di grandi servitori dello Stato impegnati nella lotta alle mafie, mirate norme finalizzate non solo a contrastare il deleterio fenomeno delle organizzazioni di stampo mafioso, ma anche a prevenire sul nascere le condotte criminali alle quale sono dedite tali sodalizi .
Basta ricordare le leggi antimafia approvate nel 1982 all’indomani degli efferati omicidi del generale Dalla Chiesa e del Senatore Pio La Torre, impegnati o le leggi approvate tra il 1990 e 1992 anch’esse nate in occasione di eventi delittuosi che hanno permesso al legislatore di comprendere la gravità del fenomeno mafioso.
Queste leggi hanno rafforzato i poteri degli organi investigativi e giudiziari deputati alla lotta alla criminalità organizzata quindi al contrasto inteso come repressione dei fenomeni mafiosi . Sono queste norme che hanno previsto la confisca dei capitali dei mafiosi nonché l’istituzione delle DDA ( Direzioni Distrettuali Antimafia) e della DNA ( Direzione Nazionale Antimafia) e della DIA ( Direzione Investigativa Antimafia).
Le stesse norme hanno inoltre previsto il potenziamento dell’azioni di prevenzione antimafia, approvando una legislazione speciale, che trova la sua giustificazione, nella consapevolezza che le mafie costituiscono un fenomeno eversivo con i connotati dell’antistato in grado di esercitare una sorta di sovranità e con l’obbiettivo di indebolire e di condizionare le scelte dello Stato al fine di avvantaggiare interessi di organizzazioni criminali nonché di politici e uomini dello Stato infedeli .
Per questa ragione il legislatore, relativamente agli enti locali, che sono risultati quelli più esposti a questi deleteri fenomeni di infiltrazione mafiosa, ha inteso approvare una legislazione di prevenzione c.d. avanzata, recepita nell’art. 15 bis della Legge 55/90, introdotto dalla legge 221/1991, poi confermata nell’art. 143 del d.lgs. 267/2000 che ha assegnato ai prefetti, previa delega del Ministro dell’interno, i poteri di accesso antimafia di cui al D.L. 629/82 al fine di assumere elementi volti a verificare la sussistenza delle condizioni per adottare la misura di rigore dello scioglimento dei civici consessi inquinati dalla mafia .
Si tratta di potere straordinario a tutela della funzionalità degli organi elettivi e della rispondenza a fondamentali canoni di legalità dell’apparato dell’ente locale interessato, in un quadro di lotta alla criminalità organizzata e di connesso avanzamento della soglia di prevenzione rispetto a fatti anche sintomatici di interferenze malavitose sulla fisiologica vita democratica dell’ente.
La norma è stato modificata dal Governo Berlusconi che ha ottenuto dal Parlamento l’approvazione della legge 15 luglio 2009, n. 94, modificativa del suddetto art. 143, con la quale è stata ridimensionata la natura di prevenzione avanzata del medesimo art. 143 ed è stato stabilito
che per le attività di indagini volte ad accertarne il condizionamento mafioso dovesse essere delegata una “commissione di indagine” composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, e non più, come avveniva precedentemente, da una Commissione composta anche da rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
La norma così formulata comporta la estromissione dalle commissioni di accesso – definite con la norma “ di indagine “ – degli appartenenti alle Forze dell’Ordine . L’assenza dei rappresentati delle Forze dell’ordine comporta da un lato il venir meno dell’insostituibile supporto qualitativo ( info-investigativo) offerto dalle stesse FF.O. negli accessi antimafia presso enti locali e dall’altro una inconfutabile delegittimazione delle stesse.
Precedenti scioglimenti hanno rivelato come il contributo collaborativo offerto dalle FF.OO., in quanto componenti delle commissioni di accesso, sia stato determinante nella individuazione di fatti e vicende amministrative rivelatrici di condizionamenti mafiosi dell’azione amministrativa degli Enti oggetto di ispezioni. Infatti, come è noto, è proprio e soprattutto grazie al contributo degli appartenenti alle Forze di Polizia che è possibile acquisire elementi cognitivi di colleganza di amministratori con la criminalità organizzata, (sia per le persone fisiche che per quelle giuridiche aventi rapporti con gli enti locali ispezionati) . Non prevedere la presenza nelle commissioni di accesso di appartenenti alle ff.oo ( Guardia di Finanza – Carabinieri – Polizia di Stato e DIA ) potrebbe produrre innegabilmente concrete ricadute negative sull’esito qualitativo delle indagini stesse. Accentuate dal fatto i commi 1° e 8° dello stesso art. 143 che prevedono l’acquisizione di elementi di permeabilità mafiosa oltremodo più gravi rispetto a quelli previsti della originaria normativa . In altri termini da un lato si aumenta la soglia di gravità degli indizi di mafiosità e dall’altro si riducono i mezzi per poter focalizzare e far emergere tali indizi.
E evidente che un esito liberatorio da parte della commissione di accesso ( per carenza di indagini) può addirittura produrre paradossalmente una sorta di legittimazione di amministrazioni comunali che pur se condizionate dalla criminalità verrebbero invece indicate come immuni da tale fenomeno.
Per quanto riguarda invece la prevenzione antimafia nei confronti delle imprese destinatarie di appalti pubblici, la legislazione antimafia ha assunto nel tempo una portata giuridica analoga a quello dello scioglimento dei Consigli comunali per condizionamento mafioso e cioè basata sulla prevenzione avanzata.
Infatti con il D.P.R. 252/1998 è stata prevista la c.d. informativa antimafia.
Trattasi, come si diceva, di un provvedimento di prevenzione antimafia avanzata .
Questa tipologia di atto antimafia, stante la sua natura spiccatamente di prevenzione, non richiede un accertamento di responsabilità e neppure la prova dell’effettiva infiltrazione mafiosa nella impresa, ovvero la prova del condizionamento effettivo della gestione dell’impresa da parte della criminalità organizzata . L’ampiezza dei poteri di accertamento, giustificata dalla finalità preventiva del provvedimento cui cospirano, giustifica che il prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa anche in maniera indiretta, ovvero in ogni fattispecie che possa potenzialmente agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata per la presenza, nei centri decisionali, di soggetti legati ad organizzazioni criminali.
Anche questa normativa, purtroppo, ha recentemente subito un intervento legislativo che ne ha ridimensionata la portata. Infatti il nuovo codice antimafia, approvato con d.lgs. 159/2011 stabilisce che le informative antimafia interdittive, relative agli appalti di servizi e forniture, cioè proprio quegli appalti ove le mire criminali delle associazioni mafiose trovano maggiori riscontri giudiziari ( appalti rifiuti, trasporti, forniture di pasti ospedalieri e refezione scolastica, vigilanza privata, ecc), non vincolano la stazione appaltante .
A tanto occorre aggiungere che le azioni di prevenzione antimafia di cui si sta discutendo, sono, affidate ai Prefetti titolari di sedi provinciali.
Purtroppo gli eventi giudiziari anche recenti, stanno dimostrando come le azioni dei prefetti risultano, di fatto, sterili nel fine e spesso appiano portatrici di una mera legalità formale mentre la violazione della legalità sostanziale viene accertata solo grazie all’intervento della Magistratura penale e, quindi, solo quando oramai i reati sono stati consumati con gravi danni alla collettività amministrata.
Al riguardo, a solo titolo esemplificativo, basta richiamare l’inquietante vicenda delle infiltrazioni camorristiche nell’azienda ospedaliera di Caserta.
Ebbene in quell’’azienda ospedaliera era stata inviata una commissione d’indagine per effettuare l’accesso antimafia al fine di verificare la sussistenza delle condizioni per lo scioglimento dell’Azienda stessa per condizionamento da parte della criminalità organizzata
Invero, come si legge dal decreto firmato dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano del 11.03.2014 veniva accertata dal prefetto di Caserta l’insussistenza dei presupposti per lo scioglimento dell’Azienda e addirittura l’insussistenza delle condizioni per l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5 dell’art. 143 del D.Lgs. 267/2000.
Ebbene gli esiti delle verifiche antimafia condotte al riguardo dal prefetto di Caserta sono state clamorosamente smentite dalla DDA di Napoli dopo appena sei mesi.
Si legge, infatti sugli organi di stampa : “CASERTA- L’ospedale di Caserta nelle mani della Camorra, 24 arresti. Ci sono Angelo Polverino, Nicola Cosentino e Maddaloni, figlio dell’ex vice Prefetto”
Si legge nello stesso articolo di stampa : “Il sodalizio mafioso, negli ultimi anni, si era “gradualmente infiltrato nel tessuto politico-amministrativo della struttura sanitaria casertana, trasformandosi in un complesso apparato in grado di gestire gli affidamenti dei lavori pubblici in assoluta autonomia, potendo contare sul potere derivante dalla matrice mafiosa”
Dalla lettura dei fatti emersi e riportati dalla stampa, si capisce chiaramente che l’infiltrazione mafiosa nell’ospedale era oramai radicata, diffusa e consolidata .
Stupisce che la prefettura di Caserta, alla quale bastavano solo gli indizi per poter ottenere lo scioglimento degli organi di governo dell’Azienda ospedaliera, abbia, appena pochi mesi prima, escluso la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della misura di rigore di cui all’art. 143del d.lgs. 267/2000, consentendo, per effetto di questo singolare ed incomprensibile comportamento, agli stessi soggetti arrestati dalla DDA di continuare indisturbati a consumare le condotte criminali contestate. Ebbene, come si evince dagli organi di stampa che si sono interessati alla vicenda, tra i soggetti colpiti dai provvedimenti della magistratura di Napoli, figura anche il figlio di un vice prefetto di Caserta.
L’episodio suesposto, richiamato a solo titolo esemplificativo, ci deve far riflettere.
I casi nei quali è intervenuta la magistratura penale per accertare gravi infiltrazioni mafiose già consumate negli enti locali e altri organismi pubblici sono tantissimi.
Viene spontaneo chiedersi, di fronte a questi casi, se in Italia esista un organismo che svolga concretamente un’attività di prevenzione antimafia ovvero se, invece, non esistono solo soggetti manovrati dalla politica collusa abili soltanto a produrre azioni di legalità apparente?
Spesso, in questi contesti, il prefetto interviene solo dopo che la magistratura penale ha eseguito provvedimenti cautelari a carico di camorristi e amministratori collusi , cioè interviene quando orami i reati si sono consumati.
La legislazione antimafia richiamata stabilisce, invece, che il Prefetto debba intervenire prima che le condotte criminali vengano realizzate .
Insomma i prefetti vengono a mettere, come si dice in gergo, il “ pannuccio caldo” . La stessa azienda ospedaliera di Caserta è stata poi sciolta, guarda caso, solo dopo che è intervenuta la magistratura penale, arrestando, tra gli altri il figlio di un vice prefetto.
L’elenco dei Comuni sciolti solo dopo l’intervento della magistratura antimafia è interminabile, basta ricordare, tanto per citarne qualcuno, il caso dei comuni di Quarto, di Gragnano, di San Cipriano D’Aversa, di Casal di Principe, e di tanti altri comuni.
Così pure con le imprese affidatarie di appalti pubblici, le interdittive antimafia pervengono spesso solo dopo eclatanti operazioni della magistratura. Basta ricordare le imprese subappaltatrici impiegate nella realizzatone delle opere connesse ad expo 2015, colpite da provvedimenti antimafia solo dopo i gravi episodi di infiltrazione mafiosa accertati dalla Magistratura.
Eppure al prefetto sono attribuiti ampi poteri sostitutivi e ispettivi come quelli previsti dall’art. 19, R.D. n. 383/1934 e dall’art. 14 del d.l. 152/91.
Oramai abbiamo raggiunto un livello di inquinamento mafioso delle istituzioni locali e di diverse istituzioni centrali nonché di monopolizzazione degli appalti pubblici da parte di ambienti della criminalità organizzata, di tale gravità che ogni ulteriore indugio nella individuazione di misure concrete di prevenzione antimafia , potrebbe risultare letale per la democrazia.
Il modello vigente di prevenzione antimafia che vede il Prefetto titolare di sede provinciale , al centro di questo strategico potere dello Stato, appare del tutto superato, inidoneo e, come visto, inefficace.
Le ragioni sono molteplici, si ritiene che quella fondamentale sia da individuare proprio nelle modalità di nomina dei prefetti .
La nostra carta costituzionale non prevede, come per l’ordine giudiziario, un organo di autogoverno che possa assicurare l’indipendenza e l’autonomia dei Prefetti . Invero non prevede neppure la figura del prefetto la cui presenza deriva dalla normativa del ventennio fascista.
Invero i prefetti vengono nominati dal Consiglio dei ministri.
Sono cioè nominati dalla politica che in un dato momento storico è posta alla presidenza del consiglio dei ministri e ne ha maggioranza politica in seno allo stesso Organo.
Quindi, come è agevole, comprendere , i perfetti vengono nominati a secondo della loro contiguità o meglio del gradimento di quella o quell’altra forza politica.
Quindi, per esempio, ci troveremo che nel periodo del Governo Berlusconi sono stati nominati prefetti , coloro ritenuti di gradimento di quella forza politica. In genere queste scelte risentono anche delle indicazioni provenienti dai coordinatori regionali. In Campania nel periodo dei governo Berlusconi, per un lungo lasso tempo il ruolo di coordinatore regionale è stato assunto dall’ex parlamentare Nicola Cosentino, oggi sottoposto a processo per concorso esterno in associazione mafiosa.
Insomma l’imparzialità che deve inderogabilmente risiedere alla base delle scelte dei prefetti può inconfutabilmente essere minata da questi meccanismi di nomina che ineludibilmente possono creare momenti di devianza nelle scelte prefettizie.
Non è la prima volta che prefetti non allineati alla politica ovvero ad una certa parte di politica deviata, siano stati gravati da provvedimenti dal carattere sanzionatorio. Tutti ricorderanno il prefetto di Agrigento Fulvio Sodano trasferito dal sottosegretario all’Interno Antonio D’alì, quest’ultimo poi incriminato per concorso in associazione mafiosa.
Insomma appare improcrastinabile l’esigenza di rendere efficaci talune delicate funzioni di ordine e sicurezza pubblica assegnate ai prefetti soprattutto quelle correlata alla prevenzione antimafia. Occorre la legalità sostanziale perché quella apparente non può che contribuire a consegnare del tutto le istituzione nelle mani della criminalità.
I prefetti, peraltro, proprio per questa singolare posizione di privilegio dovuta agli immensi poteri conferiti ad essi dalla legge e di commistione con la politica, sono spesso coinvolti in delicate indagini penali che, se analizzate , consentono di convincersi sempre di più che , la figura del Prefetto, esaltata e rafforzata nel periodo del fascismo, è da considerarsi oramai superata ed inadeguata per fronteggiare le delicate e gravi problematiche di ingerenza mafiosa nelle istituzioni e negli appalti pubblici.
A mero titolo esemplificativo si citano alcuni episodi giudiziari che vedono coinvolti i prefetti:
– L’arresto e poi il rinvio a giudizio del Prefetto Blasco, per fatti correlati agli istituti di vigilanza dei noti Fratelli Buglione di Nola;
– L’arresto ed il recente rinvio a giudizio del Prefetto La Motta per la sottrazione di ingenti somme di denaro pubblico;
– L’arresto e la condanna dell’ex Prefetto di Napoli Ferrigno per fatti correlati a reati sessuali
– l’incriminazione degli ex Prefetti Maria Elena Stasi e Paolino Maddaloni entrambi condannati in primo grado sempre per fatti riferibili ad ambienti della criminalità organizzata o meglio ad ambienti politici ritenuti contigui alla criminalità organizzata;
– Il recente rinvio a giudizio del prefetto Maria Elena Stasi unitamente all’ex parlamentare Nicola Cosentino per i fatti connessi alle azioni criminali consumate a danno del sig. Luigi Gallo;
– Le recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto il colosso delle Cooperative , la Cpl Concordia che, secondo le risultanze di indagini, otteneva dalla Prefettura di Modena ogni sorta di favoritismo , anche in merito alle certificazioni antimafia
– Le indagini per abusi in atti d’ufficio sull’ex prefetto di Catania, Cancellieri, poi nominata dal governo Monti, Ministro dell’interno
– Le offese da parte dell’ex prefetto di Napoli De Martino alla dignità di don Patriciello, impegnato quest’ultimo nel denunciare i fatti connessi ai traffici di rifiuti nella terra dei fuochi ;
– L’arresto dell’ex prefetto di Caserta, Corrado Catenacci per fatti connessi al traffico di percolato estratto dalle discariche
– Si legge sul quotidiano IL Mattino “del 27.1.2014 Tra gli indagati nell’inchiesta che ha portato al sequestro di 23 locali della camorra a Roma del clan Contini c’è Francesco Sperti, 59 anni, viceprefetto che in passato ha svolto incarichi anche in comuni sciolti per infiltrazioni mafiose.
– Il corriere del mezzogiorno del 18.2.2015 riporta la notizia relativo alla scandalo degli appalti per il vestiario ai militari che ha portato a 4 arresti e dove risulta indagato un vice prefetto di Roma
– L’inquietante vicenda delle chiavi della Reggia di Caserta consegnate dal Prefetto di Caserta all’ex parlamentare Nicola Cosentino, oggi in carcere perché accusato di reati di mafia
– Sul Mattino del 9.1.2015 si legge : AVELLINO – Daniele Sessa, 31 anni, figlio del prefetto di Avellino, Carlo, è stato arrestato ieri dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Taranto, su disposizione del giudice per le indagini preliminari. Sessa è finito in carcere all’alba per usura e estorsioni,
– La recente incriminazione del prefetto di Brescia per abuso d’ufficio
– Si legge sul quotidiano Il Corriere del mezzogiorno del 26.11.2014 : Valente: “ Cosentino bloccò l’interdittiva alla società degli Orsi grazie a Maddaloni «Fu Nicola Cosentino nel 2004 a bloccare l’emissione dell’interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Caserta diretta alla società Eco4 dei fratelli Orsi. Ottenne il risultato grazie all’interessamento dell’allora vice-prefetto Paolino Maddaloni». Parole del collaboratore di giustizia Giuseppe Valente, pronunciate nel corso dell’udienza del processo all’ex sottosegretario Nicola Cosentino”
– Si legge sul quotidiano Il Mattino del 25.11.2014: “ Caserta. Pentito accusa Cosentino: «Intervenne su prefettura per bloccare interdittiva Eco4»
– Si legge sul quotidiano La Repubblica del 11.11.2014: “Rifiuti, parla il pentito “Cosentino e Landolfi i registi della protesta” “ha ricordato Valente — nel 2002 Cosentino e Landolfi incontrarono l’allora prefetto di Caserta Carlo Schilardi perché intervenisse sulla questione della commissione d’accesso al Comune di Mondragone, nel senso di bloccarne il lavoro e impedire che proponesse lo scioglimento dell’ente per infiltrazioni camorristiche »
In ordine a questi ultimi inquietanti episodi, solo a titolo informativo, si evidenzia che effettivamente il consiglio comunale di Mondragone non venne sciolto nè il prefetto di Caserta emise l’informativa antimafia interdittiva nei confronti della società ECO 4 del Fratelli Orsi. I vice perfetti che all’epoca si occuparono di queste vicende sono stati tutti promossi a Prefetti e sono titolari di sedi provinciali di Prefettura.
L’associazione antimafia A. Caponnetto, si è, pertanto, convinta che l’attività di prevenzione antimafia nei confronti dei fenomeni di infiltrazione mafiosa negli enti locale e nei confronti delle imprese affidatarie di appalti pubblici non può più essere gestita da questa categoria di funzionari statali.
L’unico e forse l’ultimo organismo dello Stato che si è dimostrato in grado di agire efficacemente per tutelare la legalità , resta la Magistratura penale.
Quindi, l’Associazione Antimafia Caponnetto ritiene che oramai sia divenuta improcrastinabile la necessità di apportare modifiche alla vigente legislazione antimafia nella parte concernente la competenza dei prefetti, per trasferirla ai Procuratori della Repubblica , titolari di sedi ove sono attive le Direzioni Distrettuali Antimafia ( DDA).
Per tali finalità l’Associazione ha eseguito un approfondito esame della legislazione correlata all’esercizio dei poteri di prevenzione antimafia affidati ai prefetti, elaborando le proposte modificative delle stesse, che di seguito si elencano e che riguardano prevalentemente , il vigente codice antimafia, approvato con D.lgs. 159/2011 nonché il vigente Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali, approvato con D.lgs. 267/2000 .
Tali proposte modificative si sottopongono alle Forze Politiche presenti in Parlamento, per le valutazioni e le iniziative legislative ritenute del caso
– l’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 è sostituito dal seguente:
2-quater. L’Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa svolge le funzioni previste dalla normativa vigente fino al 31 dicembre 1992. A decorrere dal giorno successivo alla cessazione di dette funzioni, le competenze sono attribuite al Ministro dell’interno e quelle relative alle funzioni di cui all’art. 1 bis del D.L. Decreto-Legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito nella legge L. 12 ottobre 1982, n. 726 al Ministro della giustizia. Il ministro dell’interno ha la facolta’ di delega nei confronti dei prefetti, e del Direttore della Direzione investigativa antimafia di cui all’articolo 3, nonche’ nei confronti di altri organi e uffici dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, secondo criteri che tengano conto delle competenze attribuite dalla normativa vigente ai medesimi organi, uffici e autorita’ . Il ministro della giustizia delega ai procuratori della repubblica, sedi di uffici della direzione distrettuale antimafia l’esercizio delle funzioni di cui all’art. 1 bis del D.L. Decreto-Legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito nella legge L. 12 ottobre 1982, n. 726. Le competenze previste dal comma 3 dell’articolo 1- ter del decreto- legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, come introdotto dall’articolo 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486, sono devolute al Capo della polizia- Direttore generale della pubblica sicurezza.
– I commi 2, 3, 4 e 5 dell’art. 143 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ( TESTO UNICO SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI) sono sostituiti dai seguenti:
2. Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell’ente locale, il procuratore della repubblica per territorio, titolare di sede della Direzione Distrettuale Antimafia, dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l’accesso presso l’ente interessato. In tal caso, il procuratore nomina una commissione d’indagine, composta da cinque componenti di cui due funzionari della pubblica amministrazione, e tre delle forze dell’ordine in rappresentanza della Direzione Investigativa Antimafia , dell’Arma carabinieri e della Guardia di finanza, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro della Giustizia ai sensi dell’articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. .Entro tre mesi dalla data di inizio delle indagini, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al procuratore le proprie conclusioni.
3. Entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d’indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1 ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il procuratore, invia al Ministro della Giustizia una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell’ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al presente articolo o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il procuratore competente, può utilizzare, in deroga all’articolo 329 del codice di procedura penale, tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
4. Lo scioglimento di cui al comma 1 è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della Giustizia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.
5. Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione di cui al comma 3 rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro della Giustizia, su proposta del procuratore, e` adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente.
– I commi 7 , 8 e 9 dell’art. 143 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sono sostituiti dai seguenti:
7. Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, il Ministro della Giustizia, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell’attività di accertamento. Le modalità di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro della giustizia con proprio decreto.
8. Se dalla relazione di cui al comma 3 emergono elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalità organizzata di tipo mafioso, il procuratore attiva le procedure per l’applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
9. Il decreto di scioglimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al decreto sono allegate la proposta del Ministro della giustizia e la relazione del procuratore, salvo che il Consiglio dei ministri disponga di mantenere la riservatezza su parti della proposta o della relazione nei casi in cui lo ritenga strettamente necessario.
– I commi 11 e 12 dell’art. 143 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sono sostituiti dai seguenti:
11. Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l’ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Ai fini della dichiarazione d’incandidabilità il Ministro della giustizia invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile.
12. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il procuratore, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di tre commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 10 decorre dalla data del provvedimento di sospensione.
– I commi 1, 2 e 3 dell’art. 144 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 sono sostituiti dai seguenti:
1. Con il decreto di scioglimento di cui all’articolo 143 è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell’ente, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato e ufficiali della DIA, della Guardia di Finanza e dell’Arma dei carabinieri , in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
2. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con personale della amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio dell’azione delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3. Con decreto del Ministro della giustizia, adottato a norma dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l’esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento del comitato di cui al comma 2.
– Il comma 1 dell’art. 145 del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è sostituito dal seguente:
1. Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell’articolo 143 sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento, il procuratore della Repubblica, su richiesta della commissione straordinaria di cui al comma 1 dell’articolo 144, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l’assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici o di militari delle Forze dell’ordine, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell’amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell’interno. La prefettura, in caso di ritardo nell’emissione degli accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma dell’articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575 del 1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la commissione straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione dell’attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
– I commi 4 e 4 bis dell’art. 84 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 ( CODICE ANTIMAFIA) sono sostituiti dai seguenti:
4. Le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa che danno luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva di cui al comma 3 sono desunte:
a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli articoli 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale, dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e di cui all’articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;
b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione;
c) salvo che ricorra l’esimente di cui all’articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dall’omessa denuncia all’autorità giudiziaria dei reati di cui agli articoli 317 e 629 del codice penale, aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, da parte dei soggetti indicati nella lettera b) dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste;
d) dagli accertamenti disposti dal procuratore della repubblica sede di direzione distrettuale antimafia anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro della giustizia ai sensi del decreto-legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, ovvero di quelli di cui all’articolo 93 del presente decreto;
e) dagli accertamenti da effettuarsi in altra provincia a cura dei procuratori competenti su richiesta del procuratore procedente ai sensi della lettera d);
f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lettere a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l’intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia.
4-bis. La circostanza di cui al comma 4, lettera c), deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente alla procuratore della provincia in cui i soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, hanno sede ovvero in cui hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese, le associazioni, le società o i consorzi interessati ai contratti e subcontratti di cui all’articolo 91, comma 1, lettere a) e c) o che siano destinatari degli atti di concessione o erogazione di cui alla lettera b) dello stesso comma 1.
– Il comma 3 dell’art. 86 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è sostituito dal seguente:
3. I legali rappresentanti degli organismi societari, nel termine di trenta giorni dall’intervenuta modificazione dell’assetto societario o gestionale dell’impresa, hanno l’obbligo di trasmettere al procuratore, che ha rilasciato l’informazione antimafia, copia degli atti dai quali risulta l’intervenuta modificazione relativamente ai soggetti destinatari di verifiche antimafia di cui all’articolo 85.
– Il comma 1 dell’Art. 89-bis del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è sostituito dal seguente:
Art. 89-bis. Accertamento di tentativi di infiltrazione mafiosa in esito alla richiesta di comunicazione antimafia
1. Quando in esito alle verifiche di cui all’articolo 88, comma 2, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto informa il competente procuratore della repubblica proponendo l’adozione, di un un’informazione antimafia interdittiva e ne da’ comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, senza emettere la comunicazione antimafia.
– I commi 2 e 3 dell’art. 90 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 sono sostituiti dai seguenti:
2. Nei casi di cui all’articolo 92, commi 2 e 3, l’informazione antimafia è rilasciata:
a) dal procuratore della repubblica competente sui territori dei comuni in cui le persone fisiche, le imprese, le associazioni o i consorzi risiedono o hanno la sede legale ovvero dal dal procuratore della repubblica competente sui territori dei comuni in cui è stabilita una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato per le società di cui all’articolo 2508 del codice civile;
b) dal procuratore della repubblica competente sui territori dei comuni in cui i soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, hanno sede per le società costituite all’estero, prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato.
3. Ai fini del rilascio dell’informazione antimafia le procure usufruiscono del collegamento alla banca dati nazionale unica di cui al capo V.
– I commi 5, 6, 7 e 7 bis, lettera d) dell’art. 91 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 sono sostituiti dai seguenti:
5. Il procuratore competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa. Per le imprese costituite all’estero e prive di sede secondaria nel territorio dello Stato, il procuratore svolge accertamenti nei riguardi delle persone fisiche che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione. A tal fine, il procuratore verifica l’assenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’articolo 67, e accerta se risultano elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche attraverso i collegamenti informatici di cui all’articolo 98, comma 3. Il procuratore, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
6. Il Il procuratore competente può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché dall’accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall’articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tali casi, entro il termine di cui all’articolo 92, rilascia l’informazione antimafia interdittiva.
7. Con regolamento, adottato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sono individuate le diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d’impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l’acquisizione della documentazione indipendentemente dal valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento di cui all’articolo 67.
7-bis. Ai fini dell’adozione degli ulteriori provvedimenti di competenza di altre amministrazioni, l’informazione antimafia interdittiva, anche emessa in esito all’esercizio dei poteri di accesso, è tempestivamente comunicata anche in via telematica:
a) alla Direzione nazionale antimafia e ai soggetti di cui agli articoli 5, comma 1, e 17, comma1;
b) al soggetto di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, che ha richiesto il rilascio dell’informazione antimafia;
c) alla camera di commercio del luogo dove ha sede legale l’impresa oggetto di accertamento;
d) al procuratore che ha disposto l’accesso, ove sia diverso da quello che ha adottato l’informativa antimafia interdittiva;
e) all’osservatorio centrale appalti pubblici, presso la direzione investigativa antimafia;
f) all’osservatorio dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture istituito presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico di cui all’articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
g) all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per le finalità previste dall’articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
h) al Ministero delle infrastrutture e trasporti;
i) al Ministero dello sviluppo economico;
l) agli uffici delle Agenzie delle entrate, competenti per il luogo dove ha sede legale l’impresa nei cui confronti è stato richiesto il rilascio dell’informazione antimafia.
– I commi 2, 2-bis dell’art. 92 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 sono sostituiti dai seguenti:
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, quando dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, il procuratore dispone le necessarie verifiche e rilascia l’informazione antimafia interdittiva entro trenta giorni dalla data della consultazione. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il procuratore ne da’ comunicazione senza ritardo all’amministrazione interessata, e fornisce le informazioni acquisite nei successivi quarantacinque giorni. Il procuratore procede con le stesse modalità quando la consultazione della banca dati nazionale unica è eseguita per un soggetto che risulti non censito.
2-bis. L’informazione antimafia interdittiva è comunicata dal procuratore, entro cinque giorni dalla sua adozione, all’impresa, società o associazione interessata, secondo le modalità previste dall’articolo 79, comma 5-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il procuratore, adottata l’informazione antimafia interdittiva, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.
– L’articolo 93 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è sostituito dal seguente:
Art. 93. Poteri di accesso e accertamento del procuratore della repubblica
1. Per l’espletamento delle funzioni volte a prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti, il procuratore dispone accessi ed accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici, avvalendosi, a tal fine, dei gruppi interforze di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro dell’interno 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004.
2. Ai fini di cui al comma 1 sono imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell’opera, anche con noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l’importo dei relativi contratti o dei subcontratti.
3. Al termine degli accessi ed accertamenti disposti dal procuratore, il gruppo interforze redige, entro trenta giorni, la relazione contenente i dati e le informazioni acquisite nello svolgimento dell’attività ispettiva, trasmettendola al prefetto che ha disposto l’accesso.
4. Il procuratore, acquisita la relazione di cui al comma 3, fatta salva l’ipotesi di cui al comma 5, valuta se dai dati raccolti possano desumersi, in relazione all’impresa oggetto di accertamento e nei confronti dei soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa stessa, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 6. In tal caso, il procuratore emette, entro quindici giorni dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze, l’informazione interdittiva, previa eventuale audizione dell’interessato secondo le modalità individuate dal successivo comma 7.
5. Qualora si tratti di impresa avente sede in un comune esclusa dalla propria competenza, il procuratore che ha disposto l’accesso trasmette senza ritardo gli atti corredati dalla relativa documentazione al procuratore competente, che provvede secondo le modalità stabilite nel comma 4.
6. (comma abrogato dall’art. 5, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 218 del 2012)
7. Il procuratore competente al rilascio dell’informazione, ove lo ritenga utile, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite invita, in sede di audizione personale, i soggetti interessati a produrre, anche allegando elementi documentali, ogni informazione ritenuta utile.
8. All’audizione di cui al comma 7, si provvede mediante comunicazione formale da inviarsi al responsabile legale dell’impresa, contenente l’indicazione della data e dell’ora e dell’Ufficio della prefettura ove dovrà essere sentito l’interessato ovvero persona da lui delegata.
9. Dell’audizione viene redatto apposito verbale in duplice originale, di cui uno consegnato nelle mani dell’interessato.
10. I dati acquisiti nel corso degli accessi di cui al presente articolo devono essere inseriti a cura della procura competente in cui è stato effettuato l’accesso, nel sistema informatico, costituito presso la Direzione investigativa antimafia, previsto dall’articolo 5, comma 4, del citato decreto del Ministro dell’interno in data 14 marzo 2003.
11. Al fine di rendere omogenea la raccolta dei dati di cui al precedente comma su tutto il territorio nazionale, il personale incaricato di effettuare le attività di accesso e accertamento nei cantieri si avvale di apposite schede informative predisposte dalla Direzione investigativa antimafia e da questa rese disponibili attraverso il collegamento telematico con le procure competenti
– Il comma 2 dell’art. 94 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è sostituito dal seguente
Art. 94. Effetti delle informazioni del procuratore
2. Qualora il procuratore non rilasci l’informazione interdittiva entro i termini previsti, ovvero nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui all’articolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell’articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91, comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.
– Il comma 3 dell’ Art. 94 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è abrogato ( consentiva alle ditte appaltartici di proseguire il rapporto contrattuale ancorché colpite da interdittiva antimafia)
– Il comma 3 dell’art. 95 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è sostituito dal seguente:
3. Il procuratore sul cui territorio di competenza sono eseguiti i contratti di cui all’articolo 91, comma 1, lettera a) è tempestivamente informato dalla stazione appaltante della pubblicazione del bando di gara e svolge gli accertamenti preliminari sulle imprese locali per le quali il rischio di tentativi di infiltrazione mafiosa, nel caso di partecipazione, è ritenuto maggiore. L’accertamento di una delle situazioni da cui emerge un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’articolo 84, comma 4, ed all’articolo 91, comma 6, comporta il divieto della stipula del contratto, nonché del subappalto, degli altri subcontratti, delle cessioni o dei cottimi, comunque denominati, indipendentemente dal valore.
– Il comma 2 dell’art. 98 del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 è sostituito dal seguente:
La banca dati nazionale unica, tramite il collegamento al sistema informatico costituito presso la Direzione investigativa antimafia di cui all’articolo 5, comma 4, del decreto del Ministro dell’interno in data 14 marzo 2003, consente la consultazione dei dati acquisiti nel corso degli accessi nei cantieri delle imprese interessate all’esecuzione di lavori pubblici disposti dal procuratore della repubblica.
– L’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, è sostituito dal seguente:
10. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Procuratore un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Procuratore che ne informa il Presidente dell’ANAC. Le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell’informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l’accoglimento dell’istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell’esito della predetta informazione ai sensi dell’articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell’adeguamento dell’impresa alle indicazioni degli esperti
– I commi 3-bis e 3-ter. dell’art. 14 del Decreto-Legge 13 maggio 1991, n. 152 convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 1991, n. 203 sono sostituiti dai seguenti:
3-bis. Il procuratore della repubblica della provincia capoluogo di regione, per gli appalti di opere pubbliche o di pubbliche forniture o di pubblici servizi di competenza della regione, ed il procuratore sede degli uffici della direzione distrettuale antimafia per quelli di competenza dei comuni, delle province, dei consorzi di comuni e province, delle unioni di comuni, delle unità sanitarie locali, delle comunità montane, delle aziende speciali di comuni e province e degli altri enti pubblici locali con sede nella provincia, possono richiedere all’ente od organo interessato notizie e informazioni sull’espletamento della gara di appalto e sull’ esecuzione del contratto di appalto.
3-ter. Nel caso in cui, sulla base di elementi comunque acquisiti, emergano inefficienze, ritardi anche nell’ espletamento della gara d’ appalto, disservizi, anomalie o pericoli di condizionamenti mafiosi o criminali, il procuratore della repubblica, nell’ambito delle attribuzioni di cui al comma 3-bis, d’intesa con il presidente della giunta regionale, provvedono senza indugio, a nominare un apposito collegio di ispettori, con il compito di verificare la correttezza delle procedure di appalto e di acquisire ogni utile notizia sulla impresa o imprese partecipanti alla gara di appalto o aggiudicatarie o comunque partecipanti all’esecuzione dell’appalto stesso.