A denunciare il fatto è Maurizio Caprino, sul blog Strade sicure. Che prende spunto da una recente operazione con cui la Guardia di finanza ha messo nel mirino oltre una ventina di Soa: società abilitate a rilasciare certificazioni di qualificazione per capacità e antimafia ad aziende che partecipano a gare d’appalto per lavori pubblici. Non è solo una questione di corruzione e riciclaggio di denaro sporco. Come racconta il Sole, i finanzieri di Roma del Nucleo speciale per la tutela dei mercati, gruppo Lavori pubblici, coordinati dal procuratore aggiunto Nello Rossi, hanno fatto scattare mercoledì mattina un’operazione a tappeto su tutto il territorio nazionale: nel mirino sono finite 26 società di attestazione, quasi tutte quelle attualmente esistenti in Italia (in totale l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici riporta 33 certificazioni attive). “L’operazione – spiega il tenente colonnello Dario Fasciano – nasce come logico sviluppo dell’indagine Axsoa, nell’ambito della quale lo scorso aprile abbiamo arrestato nove persone”. Partendo da quegli elementi è stato possibile passare al setaccio operazioni che avevano già destato i sospetti delle autorità. “Si tratta delle cessioni di ramo d’azienda fittizie – dice ancora Fasciano -, utilizzate dalle imprese e dalle Soa per ottenere attestazioni con le quali poi partecipare a gare pubbliche”. Ma le autostrade in tutto questo che c’entrano? Caprino spiega che l’inchiesta potrebbe coinvolgere anche l’Italsoa, società in cui s’incrociano le false attestazioni e le imprese del sospetto camorrista Mario Vuolo, che hanno lavorato tanto per Autostrade per l’Italia (Aspi) lasciando una scia pericolosa fatta di caselli e portali segnaletici crollati e cavalcavia a rischio di collasso.APPALTI NEL MIRINO – Come faceva Vuolo, si chiede Caprino, ad aggiudicarsi i lavori? Si sta indagando da tempo su collusioni con dirigenti della stessa società autostradale e si vedrà che cosa la magistratura riuscirà a dimostrare. Ma un fatto è certo: per dare almeno una parvenza di regolarità agli affidamenti dei lavori (o per ingannare Aspi, nel caso non ci fossero collusioni) bisognava avere documenti almeno apparentemente in regola. E per procurarseli li si falsificava. Il testimone di giustizia Gennaro Ciliberto ha parlato di false attestazioni Soa, tirando in ballo appunto l’Italsoa: l’amministratore delegato sarebbe vicino al clan camorristico dei Moccia e si sarebbe “messo a disposizione” anche dei Vuolo. Come? falsificando le Soa, appunto. Il meccanismo di falsificazione è collaudato: come la Guardia di finanza ha già documentato in varie inchieste, l’azienda cui serve l’attestazione finge di acquisire – scrive Caprino – un ramo di un’altra azienda, dopo aver avuto cura di far figurare che esso possedeva i requisiti per la Soa. Con l’incorporazione, anche la prima azienda figurava abilitata e diventava difficile verificare a posteriori la regolarità del tutto, perché poi le aziende in cui restavano tracce venivano chiuse.UN BUSINESS NOTEVOLE – Gli indagati, dice il Sole, sono 24, ma con ogni probabilità sono destinati a salire. Si tratta di una rete vastissima che avrebbe drogato il mercato dei lavori pubblici con effetti potenzialmente parecchio estesi. Queste attestazioni, infatti, “in moltissimi casi hanno permesso a imprese prive di adeguate strutture (mezzi, maestranze) di ottenere appalti pubblici la cui esecuzione era al di sopra delle loro possibilità, facendo sostenere allo Stato costi elevati per cantieri assolutamente inidonei con il serio e concreto rischio di inadempimento dell’appalto aggiudicato”, dice Fasciano. Le valutazioni degli inquirenti sulle prove raccolte saranno fatte nelle prossime settimane, ma le gare e le imprese coinvolte potrebbero essere parecchie. Attenzione, lancia l’allarme il Sole, le conseguenze dell’operazione potrebbero essere devastanti, dal momento che la partecipazione di imprese con attestazioni conseguite in maniera illecita apre a diverse possibilità. C’è il caso più facile: quello in cui l’impresa ha vinto delle gare che, quindi, sarebbero da annullare. Ma ci sono anche altre ipotesi, parecchio più articolate. Le imprese, infatti, potrebbero avere turbato il mercato anche con la loro semplice partecipazione a un bando.