AMDuemila 05 Novembre 2024
La maestra di Castelvetrano ammette: “Così ho incontrato Matteo Messina Denaro”
Il gup di Palermo Paolo Magro ha condannato a 11 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa Laura Bonafede, l’insegnante di Campobello di Mazara, figlia dello storico padrino del paese, sentimentalmente legata al boss Matteo Messina Denaro. Alla maestra, inizialmente era stato contestato il reato di favoreggiamento poi modificato in quello di associazione mafiosa. Secondo la Procura la donna per anni avrebbe convissuto, insieme alla figlia, con il capomafia allora ricercato, garantendone le comunicazioni con gli uomini d’onore e coprendo la sua latitanza. Il processo è stato celebrato col rito abbreviato.
“Mi aveva chiesto che voleva conoscere mia figlia, quella bambina che aveva conosciuto tanti anni prima, e io ho fatto questo errore, perché lo reputo adesso un errore, sono uscita con mia figlia non dicendole niente chiaramente, dove dovevamo andare – ha detto la donna durante lunghe dichiarazioni spontanee al gup –.Ho lasciato la macchina in una strada di Campobello e poi sono salita nella sua assieme a Martina, le ho detto che lui era un amico del nonno, che era anche un amico di papà e che adesso si trovava in una situazione particolare perché lo volevano arrestare. Lui mi aveva chiesto di conoscerla, di rivederla, perché l’aveva vista in carcere quando era piccola. Ho raccontato questa bugia a mia figlia”. Laura Bonafede, figlia del boss Leonardo Bonafede, si è detta pentita di aver fatto conoscere a Messina Denaro la figlia Martina, attualmente indagata per favoreggiamento dell’ex latitante. Tra il capomafia e la ragazza si era stabilito un profondo rapporto d’affetto. Secondo i Pm, che avevano chiesto la condanna della Bonafede a 15 anni, i tre avrebbero a lungo vissuto come una famiglia mentre Messina Denaro era ricercato.
“Io sono nata in una famiglia purtroppo mafiosa e ho vissuto fin da bambina con questo clima” e “mio padre(il boss Leonardo Bonafede, ndr) parlava anche a casa dei suoi impegni” quindi “sono cresciuta cosi, abbiamo frequentato anche persone dello stesso ambiente“, ma “noi figli, e nemmeno mia madre, abbiamo mai fatto parte di questa vita nonostante la vivessimo” e “non abbiamo mai parte di nessuna associazione mafiosa, anche perché le donne, bambine e adulte, erano tenute un pochettino lontane da certe situazioni e da certi contesti”, ha aggiunto la maestra di Campobello sempre davanti al gup.
L’imputata ha anche raccontato che la conoscenza con Messina Denaro affonda le radici nel passato, durante la loro infanzia, e di averlo avuto vicino nei momenti difficili della sua vita come dopo l’arresto del padre e del marito. Stando alle sue dichiarazioni, i due si sarebbero incontrati negli anni costantemente, ma non avrebbero mai vissuto insieme. “Nel gennaio del 2008, mentre io mi trovavo nella cartoleria Giorgi a Campobello ho incontrato, per meglio dire Matteo Messina Denaro si è fatto riconoscere – ha affermato –: io stavo salendo sulla mia auto e lui era sulla sua, mi ha fatto cenno di seguirlo e io l’ho fatto: l’ ho seguito, poi siamo andati in un posto che era una strada un poco più isolata quindi mi ha fatto cenno di scendere e sono salita sulla mia macchina, a quel punto li ci siamo…. abbiamo parlato, era tanto tempo che non ci vedevamo, mi ha raccontato di sua figlia, insomma che aveva avuto una bambina, tante cose di famiglia, ci siamo dati appuntamento per febbraio“. “Lì sempre stessa modalità, ci siamo dati un orario – ha aggiunto l’imputata – poi ho lasciato la mia auto e sono salita sulla sua, non in maniera, come dire, all’aperto, perché ho adottato dei sistemi…, per tutelarmi un pochettino da quelle che erano tutte le mie conoscenze, perché Campobello essendo un paese piccolo mi conoscevano tutti e io mi trovavo in una posizione anche particolare, una donna sposata, una donna sola, e così mi sono nascosta. A quel punto siamo arrivati in una casa, lui ha entrato la macchina, ha chiuso il portone e li ci siamo incontrati, sono stata circa un paio di ore assieme a lui“. “Sono stata bene, abbiamo parlato, mi sono sentita anche un poco rassicurata, tipo mi sono sentita come appoggiata“, ha ammesso.
Oltre alla condanna a 11 anni e quattro mesi, il giudice ha applicato alla donna anche la misura di sicurezza personale della libertà vigilata per tre anni, una volta scontata la pena. Al Comune di Castelvetrano e a quello di Campobello di Mazara sono stati riconosciuti 25.000 euro ciascuno di risarcimento del danno, 10.000 euro dovranno essere pagati dall’imputata al ministero dell’istruzione e alla presidenza della Regione. Bonafede è stata infine condannata a risarcire con 3.000 euro ciascuno il Centro Studi Pio La Torre, l’Ass. Antimafia Caponnetto, l’Ass. Antiracket di Trapani e l’Ass. Codici Sicilia.
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