La sentenza per Laura Bonafede che, secondo la Procura, sarebbe stata un punto di riferimento per decenni durante la latitanza del boss
Sandra Figliuolo
Giornalista Palermo
05 novembre 2024 13:16
Sarebbe stata “uno dei perni intorno al quale ha ruotato l’intero periodo di clandestinità di Matteo Messina Denaro già a partitre dagli anni Novanta”, tanto da “diventare una famiglia” con lui. Oggi, Laura Bonafede – la maestra di 57 anni, figlia di un mafioso, Leonardo Bonafede, sposata con un mafioso, Salvatore Gentile, nonché cugina di Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato l’identità al boss per consentirgli di curarsi nell’ultima fase della sua vita – è stata condannata a 11 anni e 4 mesi di carcere dal gup Paolo Magro, che l’ha processata con il rito abbreviato.
Associazione mafiosa, era l’accusa mossa dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, che avevano chiesto 15 anni di carcere. Il giudice ha ritenuto sussistente il reato di 416 bis, ma ha inflitto una condanna appena più lieve. La maestra dovrà anche risarcire le parti civili, ovvero i Comuni di Castelvetrano e Campobello di Mazara con 25 mila euro ciascuno, il ministero dell’Istruzione e la Regione con 10 mila euro ciascuno, il Centro Pio La Torre (rappresentato dall’avvocato Ettore Barcellona), l’Associazione Caponnetto, l’associazione Antiracket e antiusura di Trapani e Codici con 3 mila euro a testa.
La donna, difesa dagli avvocati Raffaele Bonsignore e Antonio Gargano, nelle numerose lettere scambiate con l’allora latitante (che le diceva “sei l’unica cosa buona che mi sia capitata nella vita”), aveva più di uno nome in codice (“Venesia”, “cugino”, “amico”, “Blu”) e non esitava a scrivere a sua volta a Messina Denaro: “Sono fortunata a far parte della tua vita”. Era stata arrestata il 13 aprile dell’anno scorso, a neanche due mesi dalla cattura dell’ultimo dei Corleonesi. Per gli investigatori sarebbe la custode di tantissimi segreti e avrebbe ripetutamente incontrato il mafioso per decenni, disposta a correre rischi – ben sapendo che era uno degli uomini più ricercati al mondo – e fremendo all’idea di poterlo vedere anche solo da lontano.
Diversi incontri sarebbero avvenuti in un supermercato di Campobello di Mazara, dove i due erano stati anche ripresi dalle telecamere di sorveglianza del negozio: “L’appuntamento delle 11 è una gioia ed un’emozione per Venesia – ammetteva la donna – mi ha detto che viene pervaso da un tremore in tutto il corpo che è durato oltre mezz’ora”, diceva parlando di se stessa in terza persona.
Laura Bonafede è sempre rimasta in silenzio davanti agli investigatori, ma durante il processo ha deciso di rendere dichiarazioni sponatanee, che Dossier racconta in un altro articolo. Ha negato di essere una mafiosa, pur essendo nata in una famiglia mafiosa. Non un punto di riferimento per il boss, ma una conoscenza di lungo corso (“l’ho conosciuto da bambina, avrò avuto 7-8 anni”), con la quale scambiare confidenze e pensieri, senza aver nulla a che fare con Cosa nostra.
Una ricostruzione che la Procura non ha ritenuto convincente, sottolineando anche come nelle lettere scambiate col latitante a più riprese la maestra avrebbe fatto riferimento a vicende e personaggi legati all’organizzazione criminale. Un intrigo in cui – per l’accusa – sarebbe coinvolta anche la figlia di Laura Bonafede, Martina Gentile, che è sotto processo per favoreggiamento aggravato.
Fonte:https://www.palermotoday.it/cronaca/mafia/messina-denaro-condanna-maestra-amante-laura-bonafede.html