Cerca

Mafia. Operazione contro la ‘ndrangheta a Roma, sequestrato il ‘Cafè de Paris’ della Dolce Vita

DALLA DOLCE VITA ALLA MAFIA – Era il luogo di ritrovo per eccellenza dei divi del cinema negli anni della Dolce Vita: Anita Ekberg e Marcello Mastroianni lo sceglievano per la loro colazione lungo via Veneto, a Roma, prima che la contemporaneità lo facesse diventare il bar della classe dirigente politica. Ma la mattina del 22 luglio è finito nelle maglie investigative di Carabinieri e Guardia di Finanza, che lo hanno sequestrato nell’ambito di una più vasta operazione contro la ‘ndrangheta, rivolta in modo particolare ad attività e centri commerciali della capitale. È finita così la storia del ‘Cafè de Paris’, locale storico della capitale a pochi passi dall’Ambasciata americana. Secondo gli inquirenti e i giudici dell’Antimafia di Reggio Calabria, infatti, la sua proprietà sarebbe caduta nelle mani della cosca calabrese Alvaro di Cosoleto già nel 2005, data in cui venne svenduto per la cifra di 250mila euro a un presunto barbiere calabrese che, in realtà, sarebbe stato un affiliato della cosca, uno dei tanti prestanome usati per concludere affari sotto il naso della giustizia. Apposti dal Ros questa mattina alle 8 i sigilli, ma riaperto appena due ore dopo, nella furia del suo vicedirettore, Marcello Scofano. “Ci scusiamo con i clienti per questo ritardo – ha affermato – e anche per questa pubblicità. Il bar ha riaperto e le forze dell’ordine stanno svolgendo i dovuti accertamenti”.
INVESTIMENTI MILIARDARI – Immagine corrotta o meno, l’operazione mette in luce un dato preoccupante e spesso trascurato: gli investimenti per milioni di euro che la cosca Alvaro e la ‘ndrangheta reggina hanno effettuato per anni ben oltre i propri confini regionali, allungando i tentacoli nella capitale e in modo particolare sul settore della ristorazione. Per questa ragione la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su proposta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) locale, ha disposto il sequestro di beni immobili, attività commerciali, abitazioni, società e macchine di lusso, per un ammontare totale che supera i 200 milioni di euro. Investimenti da parte delle cosche calabresi che, secondo gli inquirenti, andavano avanti da tempo a Roma, e in modo particolare nel suo centro storico, coinvolgendo decine di ristoranti, pizzerie e aziende della grande distribuzione alimentare in tutto il Lazio, che sarebbero quindi sotto il diretto controllo della ‘ndrangheta. Il ‘Cafè de Paris’ non è il solo locale che le forze dell’ordine hanno posto sotto sequestro. Con lui anche il noto ‘George’s Restaurant’ in via della Marche, sempre nella zona di via Veneto, a pochi isolati dall’Ambasciata americana, che è stato chiuso da alcune pattuglie della Guardia di Finanza e del Ros in attesa che siano svolti gli accertamenti del caso.

IL TRAFFICO DI ARMI E DROGA – Un’operazione di vasta portata, preparata con mesi di lavoro investigativo, che oltre al Lazio ha investito l’asse Reggio Calabria-Bologna, lungo la quale secondo i giudici si muoveva un traffico di armi diretto ancora una volta dall’associazione mafiosa calabrese. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dalle Dda di Reggio Calabria e Bologna ai danni di sei persone, accusate di associazione mafiosa e traffico di armi, tutti presumibilmente affiliati alla cosca Bellocco di Rosarno. Partita lo scorso giugno, durante l’operazione la Questura di Bologna aveva già arrestato il capocosca, Carmelo Bellocco di 53 anni, attualmente in carcere, e il figlio Umberto, 19 anni, agli arresti domiciliari, entrambi accusati di detenzioni di armi clandestine. Ma dalla Calabria, stando alle indagini, partiva anche un intenso traffico di droga diretto in Lombardia, per il quale sono state emesse un totale di 20 ordinanze di custodia cautelare, ai danni di altrettanti cittadini residenti tra Catanzaro, Cosenza e Milano. Diciassette degli arrestati per il traffico di cocaina si trovavano in libertà, mentre tre erano già detenuti, e i provvedimenti restrittivi sono stati notificati in carcere. Il reato contestato, per tutti, è ancora quello di associazione a delinquere, finalizzata in questo caso al traffico di stupefacenti.

Cecilia Dalla Negra
(Tratto da http://www.fondazioneitaliani.it/)