Karim El Sadi 19 Ottobre 2024
Un ex camorrista racconta la sua odissea ad ANTIMAFIADuemila: “Da giugno non riceviamo un euro dallo Stato e non possiamo trovare lavoro, qualcuno ci aiuti”
Abbandonati a loro stessi, indebitati, senza futuro, esposti al pericolo di ritorsioni mafiose, incastrati tra circolari del Ministero della Giustizia, burocrazie di ogni sorta e telefonate senza risposta agli uffici competenti. In fila: Servizio Centrale di Protezione, NOP, prefetture, Commissione ex art. 10. Ormai le storie dei collaboratori di giustizia si somigliano tutte, come un mantra tragico. Il telefono della nostra redazione a Palermo squilla spessissimo e dall’altro lato della cornetta troviamo le voci esauste, disilluse, di pentiti di mafia o di qualche loro famigliare che vuole denunciare le condizioni in cui si ritrovano, l’assenza totale di stabilità e di un futuro, dopo aver dato il loro prezioso contributo, accettando pericoli e isolamenti, per sbattere in carcere intere famiglie mafiose o addirittura ex compagni di malavita. La storia di uno di questi, Billy (nome di fantasia), ha dell’incredibile. Billy è un ex camorrista, dopo 30 anni trascorsi tra le file del suo clan comprende di aver sbagliato tutto, è pentito, si autodenuncia alle autorità da uomo libero – caso più unico che raro – e inizia a collaborare ufficialmente con la giustizia. Il suo contributo investigativo è prezioso e consente agli inquirenti di arrestare una quarantina di camorristi, compresi alcuni della sua famiglia di appartenenza (che per ragioni di sicurezza non possiamo rivelare). In 13 anni di deposizioni e verbali davanti ai magistrati nemmeno una sbavatura, nemmeno un ripensamento. Lo Stato però, dopo aver raccolto tutto ciò che aveva da dichiarare, a un certo punto l’ha lasciato a sé stesso insieme alla moglie Veronica (nome fittizio). Un destino che accomuna centinaia, se non migliaia, di altri pentiti, trascurati o abbandonati dalle istituzioni, complici anche circolari introdotte nei governi Draghi e Meloni che demoliscono economicamente e logisticamente il sistema di tutela. Al telefono raggiungiamo Billy e Veronica, entrambi si sentono soli e frustrati e ci raccontano la loro odissea.
Nel 2012 Billy decide di presentarsi alla procura di Napoli e autodenunciarsi, da non indagato. Viene condannato per associazione mafiosa. Prima si fa i domiciliari, poi 6 anni di carcere in osservazione intramuraria. Arriviamo al 2023, cosa succede?
V: Nel mese di giugno 2023 il mio compagno, che era in carcere, ha ricevuto la notifica dove il Servizio Centrale di Protezione chiedeva se volesse accedere al beneficio della capitalizzazione. A me è stato notificato in luglio dello stesso anno. Ovviamente ci siamo rifiutati perché non eravamo ancora pronti, evidenziando per l’ennesima volta la situazione di rischio dato che il mio compagno non aveva ottenuto il beneficio dei domiciliari, quindi per noi impossibilitato avere un reinserimento lavorativo. Ad ogni modo, qualora fosse stato concesso almeno quel beneficio (i domiciliari, ndr), sarebbe stata nostra cura richiedere comunque una fuoriuscita.
E poi?
V: Il 12 ottobre 2023 mi è entrato un ladro in casa, cosa gravissima perché il mio compagno era entrato da un permesso premio il giorno 11 ottobre 2023 e l’indomani mi sono ritrovata questo ladro. La cosa mi ha spaventata, e non di poco, perché mi chiedevo, chi è quella persona che è entrata il giorno dopo del permesso del mio compagno. Fatto sta che le telecamere che ho in casa l’hanno ripreso, ho portato anche i filmati alle autorità ma i NOP (Nuclei operativi di protezione, ndr) mi hanno proibito di denunciare mettendomi davanti ad una scelta, ovvero, dato che non avevano altre case disponibili per proteggerci automaticamente mi avrebbero collocata in un albergo. Naturalmente ho rifiutato, perché il mio compagno di lì a poco avrebbe discusso la detenzione domiciliare e sarebbe tornato a risiedere in quella casa. L’undicesima casa in 12 anni.
Dopo di ciò cosa è accaduto?
V: Passano alcune settimane dall’introduzione del ladro e il 20 novembre 2023 il mio compagno discute la detenzione domiciliare ottenendola ed il 20 dicembre, abbiamo ricevuto la notifica di capitalizzazione e fuoriuscita dal programma. Tutto già deciso dalla Commissione l’8 novembre 2023, senza consultarci.
E perché la Commissione ha stabilito la fuoriuscita dal programma di protezione di suo marito?
V: La ratio è stato che il servizio di tutela non era più necessario perché a loro dire, non c’erano più processi che riguardassero il mio compagno. Eppure, il 12 settembre di quest’anno, è stato chiamato dalla procura di Napoli per un’altra indagine in corso e ha dovuto fare un interrogatorio come testimone.
Quindi il 21 dicembre, quasi senza consultarvi e senza darvi tempo di preparavi, la Commissione ha fatto notificare un documento dove diceva che doveva capitalizzarvi.
V: Si il NOP di competenza c’è l’anno notificata a casa, come regalo di Natale, dicendoci che Billy aveva finito il suo corso, che eravamo stati capitalizzati. Sinceramente non ero pronta, ma, preso atto di quanto deciso da altri delle nostre vite abbiamo accettato anche se malvolentieri. Venivo obbligata dai NOP ad aprire subito un conto corrente bancario intestato sempre alla medesima, per il versamento dei primi 10.000 euro del progetto vita, che ci hanno chiesto di presentare. E così ho fatto. Abbiamo chiesto i 5 anni di capitalizzazione, come prevede la legge, con un progetto casa intestato il tutto a me, che è poi stato accettato e deliberato dalla Commissione ex articolo 10. Ma ripeto, non eravamo pronti.
A febbraio 2024 avete fatto ricorso al TAR, perché?
V: Perché eravamo preoccupati per la nostra incolumità e sicurezza. Questo ha fatto sì, però, che il Servizio Centrale di protezione, ritenesse opportuno che restituissimo la somma che ci era stata versata. In pratica ci avevano bloccato la capitalizzazione, che nulla aveva a che vedere con i motivi di sicurezza che sollevavamo, quindi finché il Tar non si sarebbe espresso eravamo bloccati in un limbo.
Non vi hanno più dato un euro?
V: Nulla. Dal primo giugno noi non abbiamo, a tutt’oggi, ricevuto più il contributo mensile. Nemmeno un centesimo e neanche la capitalizzazione. Il TAR si esprime favorevolmente per la capitalizzazione ed il 10 giugno ci hanno nuovamente versato i 10.000 euro, con nota, però, che entro il 30 giugno avremmo dovuto acquistare una casa a mio nome, come da progetto concordato, in quanto dovevamo lasciare l’immobile messo a disposizione dello Stato e che se non lo avessimo fatto, dal primo luglio l’affitto dell’alloggio fornitoci sarebbe stato pagato da noi con soldi detratti dalla capitalizzazione. Stiamo parlando di circa 2000€ al mese. A quel punto ci siamo dati da fare e il 5 luglio abbiamo fatto anche i preliminari di vendita dal notaio e fissato l’atto di acquisto, per il 19 luglio, in attesa degli assegni, dopo aver comunicato tutto al Servizio Centrale di Protezione. Ma gli assegni non arrivavano, abbiamo sollecitato molteplici volte, visto che ci avevano fatto impegnare i 10000€ della capitalizzazione nei preliminari. A fine luglio ci arriva una nota dal Servizio Centrale di Protezione dove dicono che la nostra capitalizzazione era stata bloccata in quanto il mio compagno ha un debito con l’erario di 76mila euro che quindi si doveva riunire di nuovo la commissione ex Articolo 10, per deliberare, non si sa su cosa, dato che già avevano dato parere favorevole e confermato dal TAR. Ho risposto adesso cosa faccio? Mi avete fatto fermare i soldi, non ci date più un contributo da giugno, ma noi come dobbiamo vivere? Il NOP ci ha risposto di chiederli a qualche familiare, ma si rende conto? Ho detto di no, i soldi li chiedo a Roma.
E lei lavora?
V: No, né io e né il mio compagno. Io sto cercando un lavoro, ma non mi assume nessuno. Lo stesso il mio compagno, anche lui vorrebbe lavorare. E le dico un’altra cosa.
Prego.
V: Al mio compagno è scaduta la carta di identità, l’ha ritirata il NOP ad agosto per il rinnovo, è arrivata un paio di giorni fa, dopo molteplici solleciti, perché ero impossibilitata, senza il documento, addirittura a iscrivere il mio compagno ad un’agenzia itineraria. Non poteva fare nulla senza documento, nemmeno le analisi cliniche perché serve un documento per delegarmi.
Stiamo parlando della carta d’identità aventi nuove generalità immagino, giusto?
V: No, no. I documenti hanno i nostri nomi e cognomi di battesimo, quelli nuovi non ce li hanno mai voluti fornire.
Non vi hanno dato il cambio di generalità?
V: Assolutamente no. Sempre richiesti e mai dati in tutti questi 13 anni, da quando Billy ha iniziato a collaborare. Personalmente hanno provato a darmi un nome di copertura ma solo dopo cinque anni, quando, oltretutto, abitavo in una via dove tutti mi conoscevano come Veronica, non avrei mai potuto chiamarmi in un altro modo da un momento all’altro, come lo giustificavo? Quindi non ho accettato. Ma le generalità definitive non ce le hanno volute cambiare. Anzi, ci hanno sempre detto che era un casino. E questa estate se ne sono usciti con questa cosa dell’erario e con l’imposizione che sia lui a intestarsi la casa, se fosse andata a buon fine la capitalizzazione. Ma scusate, la sicurezza dov’è?
E oggi come siete messi?
V: Al momento non abbiamo ancora ricevuto niente e nessuno risponde ai nostri molteplici solleciti. Noi veramente non sappiamo più a chi rivolgerci. Nessuno che ci sente, il mio avvocato sta impazzendo poverino. Tutti i momenti al telefono. L’altro giorno ho chiamato il servizio per l’ennesima volta e ho detto ai NOP che non potevamo comprare da mangiare. Ho chiesto aiuto anche al prefetto del posto dove mi trovo. Per due volte mi ha mandato il referente a casa a dirmi di non chiamarlo, perché aveva provveduto ad informare il servizio centrale e se ne sarebbero occupati loro. Alla mia terza Pec ho anche evidenziato che io sono figlia di un ispettore capo di polizia e credo ancora nella giustizia. Non mi è stato risposto niente e sono ancora qui ad attendere che mi riceva, voglio solo che mi aiuti per un lavoro, per affrontare queste mie spese primarie dato che non ho risposte da chi ci dovrebbe proteggere.
Secondo voi questo reiterato e incosciente modo di agire da parte delle istituzioni nei confronti di voi collaboratori di giustizia dove porterà?
V: Porterà al punto che i mafiosi non collaboreranno più. Questo è abuso di potere, non seguire le leggi vigenti, il servizio centrale fa acqua da tutte le parti. Interpretano la legge a modo loro, disattendendole, notificandoci informative e circolari, che non hanno valenza giuridica. Prima ti danno i soldi e poi fanno uscire tutte queste carte inutili. In più siamo abbandonati a livello economico, senza un lavoro. E non siamo gli unici a vivere così. Ci sono altri collaboratori di giustizia come me che stanno vivendo lo stesso incubo.
Alla luce di tutta la sofferenza e il senso di incertezza che sta vivendo, lei, oggi rifarebbe la sua scelta di pentirsi?
B: Io ho fatto il mio dovere, cosa che ho fatto anche il 12 settembre davanti ai magistrati, lo farei altre mille volte perché mi sento una persona ravveduta. Sono responsabile delle cose che ho fatto, ho capito che questa vita mi ha portato solo distruzione. Sono felice del contributo che ho dato allo Stato e pensavo di ricostruirmi una nuova vita in grazia di Dio.
Cosa vuole dire al governo
B: Dico al Governo, cosa vuole fare? Ci vuole portare in mezzo alla strada? Ci stanno dicendo che non ci vogliono dare niente? Dico che con questa capitalizzazione non è che abbiamo vinto la lotteria d’Italia. Ho pagato con gli anni di carcere che mi sto facendo ancora, pure se sto in detenzione domiciliare, la legge parla chiara, non ci sono informative e circolari che possono disattendere una legge, i collaboratori al momento che accedono al programma di protezione firmano un contratto e quello che stanno facendo adesso, non c’è scritto da nessuna parte. Tutto ciò non deve compromettere il nostro reinserimento socio-lavorativo, non voglio regalato nulla, voglio andare a lavorare. Al governo chiediamo di ridarci la nostra vita.
E lei?
V: Voglio dire che siamo stanchi. Questi sono abusi. Noi psicologicamente non stiamo più bene. Già il pensiero di cosa mangiamo stasera per noi è un problema, queste persone non si rendono conto. Stanno violando i nostri diritti, il diritto alla vita, che è una cosa fondamentale, c’è la stanno togliendo. Mi chiedo e gli chiedo, dobbiamo fare la fine di Abruzzese? il fratello del collaboratore di giustizia che hanno ammazzato sotto casa perché teneva il cognome sul citofono. Se non ci danno il cambio di generalità, non ci danno capitalizzazione, ci impongono di lasciare l’immobile locato dallo Stato, ci buttano fuori dal programma, ci condannano a morte certa, ci vogliono fare ammazzare, perché la mafia non dimentica. Dico a questi signori che se vogliono ammazzarci, che almeno ce lo dicano in modo tale che il funerale lo facciamo a spese nostre, non lo chiediamo allo Stato.
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