Abbiamo tutti le mani che grondano sangue. Pesano come pietre le parole pronunciate da padre Alex Zanotelli nell’intervista al Mattino dopo l’assassinio del diciassettenne al rione Sanità di Napoli. Genny, questo era il suo nome, è diventato il simbolo della violenza delle gang giovanili che stanno terrorizzando la città. Alcuni le chiamano “paranze”, Roberto Saviano parla delle “stese”, raid in motorino sparando all’impazzata per “stendere” gli abitanti, cioè sottometterli alla volontà di chi comanda quella zona. Perché una cosa è certa: questo drammatico fenomeno è collegato ai clan della camorra, di cui i minorenni con la pistola facile rappresentano oggi la punta avanzata.
L’Associazione Antimafia Caponnetto si associa all’appello di padre Zanotelli e di tutti coloro cui non bastano le rassicurazioni verbali sul presunto progresso della città. Una metropoli nella quale, proprio nei quartieri maggiormente a rischio, le telecamere di sorveglianza o non ci sono, oppure – come dichiara il prete comboniano – non funzionano da mesi, nonostante gli accorati appelli degli abitanti. Una città in cui l’occupazione giovanile resta a livelli abissali se confrontata a quella del resto d’Italia, e dove la scuola troppo spesso boccia, o espelle, quando invece quel disagio lo dovrebbe accogliere al proprio interno, trovando le capacità per trasformarlo in azioni solidali rivolte al bene comune.
Di fronte a tutto questo non crediamo possa bastare il “rinforzo” dei 50 uomini inviati dal ministro Alfano, specialmente se non vengono potenziate ed affinate le attività d’intelligence.
La Caponnetto chiede che la politica si assuma le proprie responsabilità: il premier Renzi pronunci parole chiare su quanto sta accadendo a Napoli e sulle iniziative che il governo intende assumere, anche per supportare l’azione di una amministrazione locale che si mostra in queste ore impegnata più che altro a scaricare su altri le cause dei gravi fenomeni in atto.