Indagato per mafia Nicola Di Mauro, ”il boss della pizza” in ex Urss
Per gli inquirenti capitolini si tratta de “l’ultimo dei Fasciani
Luca Grossi
22 Gennaio 2021
Nicola Di Mauro scappò dall’Italia prima di finire in manette in un blitz che la Guardia di Finanza fece a Ostia il 4 Marzo del 2014 nell’ambito dell’operazione “Tramonto”. Andò lontano, in Russia, dove si rifece una vita come pizzaiolo, aprì anche una catena di ristoranti in diverse città delle ex repubbliche sovietiche come San Pietroburgo, Mosca o Odessa (Ucraina), cominciando a farsi chiamare con lo pseudonimo di “chef Nico”, da qui il brand “Pizza Don Nico”. A seguito di un mandato della DDA Romana fu arrestato il 28 giugno del 2015 dagli agenti dell’Interpol Russa in uno dei suoi ristoranti a San Pietroburgo ma le autorità Russe negarono l’estradizione in Italia, rilasciando Di Mauro un anno dopo, il 24 giugno 2016. Nelle motivazioni del rilascio si legge che “il difensore ha depositato documentazione medica comprovante patologie gravissime” così “invasive e pericolose da far ritenere cessate le esigenze cautelari”.
Per gli inquirenti capitolini Nicola Di Mauro si tratta dell’“ultimo dei Fasciani”, un clan mafioso tra i più potenti e pericolosi di Ostia (insieme ai vari Di Silvio – Casamonica, Spada, Triassi e Guarnera) la cui natura mafiosa venne riconosciuta proprio dalla Suprema Corte con una sentenza del 29 novembre 2019 e le cui attività coinvolgevano numerose attività balneari nel litorale, ristoranti, case popolari, traffico di droga e armi, estorsioni, gioco d’azzardo e l’immancabile pizzo.
Il reato contestato a Nicola Di Mauro è il trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori con l’aggravante mafiosa. I giudici capitolini hanno contestato nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Di Mauro – difeso dall’avvocato Daniele Francesco Lelli – la “gestione operativa” tra gli anni 2007 e 2012, di decine di attività commerciali in concorso con Carmine Fasciani (indiscusso e storico leader del clan arrestato nel marzo del 2014 per intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso) insieme alla moglie Silvia Franca Bartoli e le figlie Sabrina e Azzurra Fasciani. Tra questi, alcuni stabilimenti balneari molto famosi nella capitale come Malibù Beach, Faber Village e Rapa Nui che furono intestate dallo stesso Carmine Fasciani ad una serie di “teste di legno” per proteggersi dalle confische ordinate dagli inquirenti.
A complicare la situazione già compromessa è il fatto che Di Mauro divenne una specie di V.I.P in Russia. Prima del suo arresto nel 2015 infatti partecipò a diversi programmi televisivi e a numerose dirette on line su Facebook che gli permisero di raggiungere una certa popolarità tanto che una parte dell’opinione pubblica sodalizzò con lui contestando il sistema giuridico italiano e la misura cautelare richiesta dalla DDA Romana.