Da don Calabrò alla scomunica di Papa Francesco. Monsignor Savino: «Ma dobbiamo ammettere che un tempo siamo stati anche contigui e consociativi»
Pubblicato il: 22/10/2024 – 18:51
VIBO VALENTIA «C’è inconciliabilità tra i poteri mafiosi e il Vangelo, tra la fede nel Dio biblico e i malavitosi». Da don Italo Calabrò alla scomunica degli ‘ndranghetisti di Papa Francesco: uomini simbolo della lotta alla criminalità organizzata e tappe fondamentali che ricostruiscono il ruolo della Chiesa nel contrasto alle mafie. Un percorso non privo di «omissioni e inadempienze» da parte dell’istituzione religiosa, ma di cui «bisogna fare memoria» per far sì che questo non accada più. Dall’evento Contromafiecorruzi
Il triangolo isoscele con massoneria e ‘ndrangheta
Nel ricordare don Italo Calabrò, padre Pino Puglisi e don Peppino Diana, il vescovo invita preti e sacerdoti a «tornare a vivere le piazze e a tematizzare pastoralmente il fenomeno mafia, dobbiamo sporcarci le mani». Anche per opporsi all’uso strumentale che la ‘ndrangheta compie della religione per catturare il consenso delle persone. «La ‘ndrangheta è intelligente nel creare consensi. Noi dobbiamo vigilare, facendo capire a tutti che sono soltanto delle mistificazioni funzionali, delle strumentalizzazioni» continua Savino, che nel corso del suo intervento ha sottolineato anche la pericolosità del «triangolo isoscele» con al vertice ‘ndrangheta e massoneria e alla base «colletti bianchi e politici» che sostengono sistema.
Don Panizza: «La chiesa parli di dignità umana e libertà»
Al fianco di monsignor Savino, anche il vescovo di Locri Francesco Oliva, don Pino Demasi, il giornalista Michele Albanese e don Giacomo Panizza, fondatore della comunità Progetto Sud. Anche per don Panizza il ruolo della Chiesa nella lotta alla ‘ndrangheta «non è giocato ancora al 100%. C’è ancora tanto da fare all’interno, discutendo proprio sui temi della dignità umana, della libertà e della partecipazione pubblica e anche politica. La Chiesa dovrebbe rilanciare questi argomenti». (Ma.Ru.)