Un gesto che ha sorpreso lo stesso boss Mimmo. L’uomo, finito in carcere, sognava di essere “battezzato” dal clan. «Mio nonno è nato lì, è siciliano»
Pubblicato il: 07/11/2024 – 19:09
di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Una vera e propria devozione, quella manifestata nei confronti della famiglia Cracolici, potente e storica cosca di ‘ndrangheta attiva nel territorio di Maierato e Filogaso, nel Vibonese, da alcuni soggetti coinvolti nell’operazione “Artemis” condotta all’alba di oggi dai Carabinieri su ordine del gip del Tribunale di Catanzaro, attivi per lo più nel territorio di Maida e Cortale, nell’entroterra lametino, guidati dal boss in ascesa Mimmo Cracolici, finito in carcere.
Nel corso dell’indagine coordinata dalla Distrettuale di Catanzaro, infatti, gli inquirenti hanno ricostruito l’atteggiamento di Moreno Mastantuono (cl. ’71) originario del Novarese, finito in carcere. L’indagato in una circostanza aveva anche accettato di addossarsi l’intera responsabilità della coltivazione di una piantagione di marijuana scoperta in contrada Corazzo, a Maida, pur di evitare responsabilità penali ai fratelli Cracolici, Domenico “Mimmo” e Renato, anche lui finito in carcere.
La devozione per i Cracolici
A proposito della scoperta della piantagione, il gip del Tribunale di Lamezia Terme aveva disposto – a giugno del 2022 – il carcere fino all’8 luglio 2022 – nei confronti di Mastantuono, poi passato ai domiciliari. Come ricostruito dagli inquirenti, quello stesso giorno, commentando il fatto, Domenico Cracolici racconta al fratello Renato «di essere venuto a sapere che Mastantuono, in segno di riconoscenza verso la sua persona e verso tutta la famiglia mafiosa dei Cracolici», si legge, si era fatto tatuare in carcere la dicitura “Famiglia Palermo”. Il riferimento è proprio a tutta la famiglia Cracolici il cui capostipite, Francesco Cracolici classe 1919, era proprio originario di Palermo, e agli episodi avvenuti agli inizi del 2000 con gli omicidi dei fratelli Raffaele (cl. ’47) detto appunto “Lele Palermo”, ed Alfredo (cl. 49) figli di Francesco (cl. ’19), considerati i reggenti dell’omonima cosca, coinvolti nella sanguinosa faida contro la cosca Bonavota di Sant’Onofrio.
«Palermo nel mio cuore si è scritto...»
Renato Cracolici, come riportato negli atti dell’inchiesta “Artemis”, aveva raccontato di aver visto il tatuaggio in questione mentre il fratello “Mimmo” aveva ribadito di essersi anche interessato del sostentamento carcerario di Mastantuono tanto che, durante il periodo detentivo, «gli avrebbe inviato in più circostanze del denaro proprio in nome del ruolo di sodale che aveva manifestato l’intenzione di essere “battezzato” quale appartenente alla famiglia mafiosa dei Cracolici», al termine della misura cautelare. Il discorso veniva poi affrontato dallo stesso boss Domenico Cracolici con un soggetto non identificato dai Carabinieri. «(…) è arrivato, si è fatto un tatuaggio qua, nel carcere se lo è fatto fare apposta… quando hanno saputo per chi stava là dentro, perché stava là dentro… tutto il carcere a disposizione, canne erba droga, tutto…» dice Mimmo Cracolici ad un soggetto non identificato in una conversazione intercettata dalla pg l’8 luglio del 2022. E ancora: «Palermo nel mio cuore si è scritto… il mio soprannome è Palermo…», spiega all’interlocutore che appare sorpreso. «Perché mio padre è siciliano, mio nonno è nato a Palermo ed era di Palermo… mio padre non è uscito, due miei zii sono usciti là a Palermo no e quindi quando sono arrivati da Palermo il Palermitano no… a noi a Maida i “Vibitani” perché noi siamo arrivati da Vibo, Vibitani… come a me magari il “Maidese” mi possono dire…». (g.curcio@corrierecal.