Le rivelazioni di Errico D’Ambrosio, collaboratore di giustizia, sono risultate decisive per l’avanzamento delle indagini nell’inchiesta della Dda
Pubblicato il: 12/12/2024 – 19:18
di Francesco Veltri
LAMEZIA TERME L’inchiesta condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia nelle scorse settimane ha svelato una complessa rete internazionale di narcotraffico che, partendo dalla Colombia, arrivava sulle coste italiane, con il porto di Livorno come principale punto di smistamento. La cocaina, proveniente dall’Ecuador e gestita tramite un broker albanese, è stata inviata in Europa grazie alla collaborazione di organizzazioni criminali italiane, tra cui la ‘ndrangheta, la camorra e la sacra corona unita.
Le indagini, dirette dai pm Luca Tescaroli e Leopoldo De Gregorio e condotte dalla Guardia di finanza di Pisa, hanno portato alla scoperta di un sistema sofisticato, in cui i traffici venivano gestiti da narcos albanesi che operavano a pari livello con le mafie storiche italiane. Questi criminali erano in grado di trattare direttamente con i cartelli sudamericani per l’acquisto e il trasporto della droga verso i porti italiani ed europei. I carichi di cocaina, nascosti all’interno di contenitori con frutta, venivano recuperati grazie a sistemi Gps avanzati, con l’obiettivo di eludere i controlli delle forze dell’ordine.
Il pentito
Le dichiarazioni del pentito Errico D’Ambrosio, affiliato alla cosca ‘ndranghetista Molè, sono state decisive per l’avanzamento delle indagini. D’Ambrosio, che in passato ricopriva il ruolo di “Vangelo” all’interno della famiglia Molè, ha confermato di aver partecipato a due operazioni di recupero di cocaina nel porto di Livorno, rivelandone i finanziatori e i complici coinvolti. Tra i finanziatori ci sarebbero secondo il pentito Ernesto Modafferi, noto come “Tommy”, esponente della cosca Molè, Mario Palamara (arrestato in Spagna nel 2022) e un misterioso narcotrafficante albanese, conosciuto con il soprannome di “Porsche”. Le indagini avrebbero poi svelato anche l’utilizzo di sofisticati dispositivi di comunicazione criptati, tra cui criptofonini israeliani, per le conversazioni tra i boss e gli emissari. Questi dispositivi, acquistati in Spagna al prezzo di 5.000 euro ciascuno, venivano usati per coordinare le operazioni di esfiltrazione della droga.
Il carico da recuperare
Un episodio cruciale per l’inchiesta della Guardia di Finanza è stato poi il tentativo di recuperare un carico di oltre 400 chilogrammi di cocaina smarrita nel marzo 2022. D’Ambrosio ei suoi complici albanesi, insieme a membri della Sacra Corona Unita, avrebbero cercato il carico anche con irruzioni notturne nei magazzini di Livorno, dove si trovavano i container con la merce. In un caso, si sarebbero poi presentati come finti Carabinieri per cercare la droga nei magazzini di smistamento, tra cui uno a Savignano sul Panaro, in provincia di Modena. Il carico di cocaina, smarrito in fase di spedizione, è stato finalmente recuperato a Frattamaggiore (Napoli) da un titolare di un’azienda che aveva acquistato delle banane. (f.veltri@corrierecal.