Il “bottino” da 120 milioni su una piattaforma di trading clandestino. Il mercato nero dei codici bancari falsi. La rete di tecnici per operazioni illegali. Le mosse del clan dei Papaniciari nella …
Pubblicato il: 03/07/2023 – 13:25
di Pablo Petrasso
CATANZARO A chi segue la cronaca politico-giudiziaria italiana la frase suonerà familiare in modo sinistro. Una sorta di «abbiamo una banca» in salsa ‘ndranghetista. Mark Ulrich Goke, hacker tedesco che sarebbe al servizio della cosca dei Papaniciari, rievoca inconsapevolmente la famigerata intercettazione di Fassino su Unipol. Parla con Salvatore Aracri, considerato una delle colonne della cosca in Germania: «Apriamoci una bella banca tutta per noi – dice –. Questo è più importante di tutte le altre cose e insieme al leader della banca HSBC possiamo trafficare quando vogliamo. Sarebbe una cosa buona».
Buona lo sarebbe di certo per gli affari della cosca e per avere una base da cui dirigere i vari schemi di finanza clandestina emersi nell’inchiesta “Glicine/Acheronte” della Dda di Catanzaro. Il colloquio viene captato agli albori di questo filone d’indagine. E si collega – secondo le valutazioni del gip Antonio Battaglia – a «una serie di transazioni internazionali che il gruppo coordinato da Salvatore Aracri eseguiva (o tentava di eseguire) nel periodo compreso tra maggio 2019 e gennaio 2020». Per i magistrati questi movimenti sui mercati finanziari «delineano ulteriormente le figure di Salvatore Aracri e Mark Goke, oltre che di diversi trader con i quali i due entrano in contatto».
I 120 milioni di “scaricare” e trasferire in Europa
L’ala finanziaria della cosca, stando alla sintesi del gip, pensa in grande. «Tra i mesi di agosto e ottobre 2019 gli indagati tentavano di effettuare un’operazione finanziaria illegale, rientrando in possesso di un flusso di denaro proveniente dal disinvestimento di un piattaforma di trading clandestina». Una montagna di soldi, 120 milioni di euro che dovevano essere trasferiti dal Sud Est asiatico all’Europa. Nel settembre 2019 sarebbe stata finanziata – appunta il gip – una prima parte dell’operazione, procedendo allo scarico di 49 milioni di euro bonificati su conti svizzeri gestiti da un trade del gruppo “Centi”. Il resto della somma sarebbe invece stato bloccato perché gli “invianti” asiatici avrebbero temuto una truffa ordita dai loro collaterali europei. Allo spostamento di denaro è collegato un codice “TRN”, strumento utilizzato per identificare i bonifici bancari e per verificarne la correttezza.
Il “mercato nero” dei codici bancari falsi
La storia di queste transazioni racconta, secondo la Dda che «gli indagati avevano la possibilità di creare, alterare e utilizzare a proprio piacimento, codici da associare ad altrettante operazioni bancarie illegali». Un metodo, questo, che sarebbe stato sfruttato da più organizzazioni criminali, «in una sorta di “mercato nero dei codici bancari falsi”». Quello che i magistrati antimafia descrivono è un mondo finanziario parallelo, fatto di piattaforme nelle quali si riciclano milioni di euro e si accede dietro invito, meccanismi per svuotare i cosiddetti “conti dormienti” e infrastrutture capaci di generare codici per mascherare operazioni illecite. La conca “papaniciara” sarebbe riuscita a ritagliarsi uno spazio in questo magma illegale grazie a un piccolo investimento iniziale di denaro, 130mila euro, e grazie al “lavoro” di Salvatore Aracri e dei suo hacker.
Questo lavoro consiste, in parte, nell’entrare in possesso di fondi neri che originano «da disinvestimenti effettuati con capitali illeciti su “piattaforme di trading clandestine”». Prima si puntano i denari sulla piattaforma per farli fruttare, quando il gioco diventa troppo pericoloso si cerca di recuperarli senza lasciare tracce.
L’inchiesta della Bka sulle piattaforme di trading illegali
Quando Salvatore Aracri sceglie di trasferirsi in Germania, la polizia tedesca ne segue spostamenti e contatti. E si imbatte negli investimenti su queste “piattaforme di trading” clandestine. Il 14 ottobre 2020 arrivano una perquisizione e un sequestro. Gli investigatori della Bka beccano un trader a cui fanno riferimento queste piattaforme: è un passo per capire come si muovano (anche) gli italiani considerati vicini alla ‘Ndrangheta. Il trader spiega di essere in contatto «con tale “Unterberger”, soggetto di origine iraniana, con importanti entrature nel Sud Est asiatico e coinvolto nelle operazioni di trading». Unterberger viene descritto come un «soggetto capace di controllare dei conti correnti cinesi cifrati, che dovevano essere scaricati e la cui giacenza doveva essere reinvestita su “piattaforme di trading”». Dall’iraniano i poliziotti arrivano all’hacker Goke: sono i due tecnici (non i soli, probabilmente) dello schema. Il trader tedesco, invece, ha il compito «della stesura-controllo della documentazione bancaria artefatta, utile per eseguire operazioni di movimentazione di denaro» sui conti cinesi «prima del reinvestimento delle provviste in operazioni di trading».
«Goke aveva fondato una propria banca in Germania»
Mediatore e controllore, il tedesco parla con gli investigatori. Che traggono dalle investigazioni elementi per dire che «l’incisività di Goke nello sviluppo delle operazioni bancarie era divenuta tale che era persino riuscito a fondare/acquistare una propria banca in Germania, che», secondo quanto a conoscenza dell’intermediario tedesco, «era perfettamente operativa». L’hacker legato ai “Papaniciari”, inoltre, avrebbe usato, «per trasferire i flussi di denaro, conti correnti intestati a Fondazioni o aziende appositamente create».
La testimonianza raccolta dopo le perquisizioni del 2021 sembra combaciare con i contenuti di una conversazione ambientale che vede impegnati Aracri e Goke nel maggio 2019. E che richiama elementi raccolti dalla Bka: «Il possesso dei codici di accesso ai conti correnti cifrati oggetto delle transazioni; il ruolo cardine conferito al trader tedesco; la possibilità di Goke di controllare un’intera struttura bancaria».
«Una bella banca tutta per noi»
Il cerchio si chiude. «Apriamoci una bella banca tutta per noi», dice l’hacker ad Aracri. Che, a sua volta, intravede «la prospettiva di reinvestire i proventi delle transazioni, effettuando speculazioni immobiliari ed edilizie». «Si potrebbero fare tanti finanziamenti a quella gente là, possono comprare terreni e tutto il resto». Il tecnico è ambizioso, afferma «di poter arrivare a controllare l’intero sistema di una banca, attraverso la quale operare in tranquillità senza timore di essere scoperti». «Non immagini cosa si potrebbe fare – dice al socio –. Inoltre avere una banca tutta per sé significherebbe non avere più problemi con quei conti di merda. Capisci? Anche perché si tratta di una banca a tutti gli effetti e non di una banca privata qualsiasi… Allora ascolta, esistono le banche offshore, le banche in Internet, le banche online, ci sono banche private riservate a solo clienti privati e poi ci sono le banche che hanno tutte le licenze, hanno le licenze per fare tutto, banche che dispongono di sportelli dove possono andare i clienti per effettuare le loro operazioni, dove si possono richiedere o bloccare le carte di credito, banche che concedono crediti, insomma una banca completa. Puoi fare tutto». Il «cervellone» della ‘Ndrangheta pensa(va) in grande. (1. continua)