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IL CASERTANO.UNA DISCARICA A CIELO APERTO.L’ALLARME DELLA PROCURA DI SANTA MARIA CAPUA VETERE E DEL SUO CAPO DOTTORESSA TRONCONE MENTRE POLITICA,REGIONE E GOVERNO CENTRALE STANNO A GUARDARE E LA CAMORRA CONTINUA A FAR AFFARI.
IL TUTTO SUL SANGUE DELLA POVERA GENTE E DI UN’INTERA POPOLAZIONE CHE CONTINUA A MORIRE AVVELENATA DAI CRIMINALI E DA CHI DOVEVA INTERVENIRE E HA FATTO FINTA DI NON VEDERE O SAPERE O ADDIRITTURA HA SEGRETATO GLI ATTI.
SONO QUESTI ULTIMI,CARA DOTTORESSA TRONCONE,CHE VANNO TRASCINATI ALLA SBARRA IN MANETTE E CONDANNATI PER STRAGE ED OMICIDIO.
dossier consegnato alla Commissione Parlamentare Ecomafie
Mezzogiorno, 2 novembre 2017 – 19:11
Nel Casertano ambiente avvelenato. La Procura: situazione gravissima
Maria Antonietta Troncone: «Centinaia di siti attualmente contaminati, bonifiche mai partite, discariche storiche usate tanto dalla camorra che dallo Stato durante l’emergenza rifiuti che sono ancora lì con il loro carico di veleni»
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Una situazione di degrado ambientale gravissima con centinaia di siti attualmente contaminati, bonifiche mai partite, discariche storiche usate tanto dalla camorra che dallo Stato durante l’emergenza rifiuti che sono ancora lì con il loro carico di veleni, continui roghi tossici e sversamenti illeciti di rifiuti urbani e di materiale proveniente da attività produttive, una gestione approssimativa e confusionaria del ciclo di depurazione delle acque. E ciò a fronte di numerose inchieste e arresti che non sembrano costituire un argine davvero solido contro l’illegalità ambientale. È una fotografia inquietante quella scattata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, a firma del Procuratore Maria Antonietta Troncone, e consegnata alla Commissione Parlamentare Ecomafie il 25 ottobre scorso nel corso di un incontro avuto alla prefettura di Napoli.
In quei giorni, parte dei membri dell’organismo di inchiesta presieduto da Alessandro Bratti, sono stati in missione nelle province di Caserta e Napoli. Nel Casertano hanno realizzato un sopralluogo a Bellona, dove a luglio hanno bruciato per giorni i rifiuti speciali e urbani abbandonati presso l’ex impianto di lavorazione dell’immondizia dell’Ilside, società in liquidazione, che non è mai stato messo in sicurezza, né bonificato. La Procura ha reso noto che per la mancata bonifica del sito, dove si calcola siano presenti 4500 tonnellate di rifiuti, di cui 1.500 di rifiuti urbani e speciali e 3.000 di rifiuti combusti, sono indagate cinque persone, tra cui il sindaco di Bellona, Filippo Abbate. Preoccupanti i dati forniti: sono 1285 i siti attualmente contaminati e potenzialmente contaminati del Casertano, ricompresi nel Piano Regionale di Bonifica; presso il Dipartimento dell’Arpac di Caserta sono attive circa 400 procedure per l’effettuazione di indagini preliminari al fine di attuare le necessarie misure di prevenzione nelle zone interessate dalla contaminazione. Ancora più inquietante la circostanza che le discariche abusive, spiega la relazione, intese come siti in cui lo smaltimento dei rifiuti avviene in modo organizzato, sono ancora «quelle le cui attività di smaltimento illecito di rifiuti è possibile far risalire tra gli anni ‘80 e gli anni ‘90».
Nulla dunque è cambiato rispetto a tanti anni fa, le bonifiche in particolare sono ferme al palo. Tra le dieci discariche abusive indicate dalla relazione, e che ricadono nella circoscrizione della Procura di Santa Maria – l’ufficio ha competenza su tutti i comuni del Casertano ad eccezione dei 20 dell’Agro-aversano, che ricadono nel territorio della Procura di Napoli Nord con sede ad Aversa – vi sono storici siti usati sia dalla camorra che dallo Stato, come la Bortolotto e la Sogeri di Castel Volturno, Lo Uttaro a Caserta, Parco Saurino e Ferrandelle a Santa Maria la Fossa, la discarica Marruzzella a San Tammaro, Cava Monti a Maddaloni; nell’elenco figurano poi l’ex Ilside di Bellona, la mega discarica di rifiuti industriali interrati scoperta due anni nell’area produttiva ex Pozzi Ginori di Calvi Risorta, ribattezzata la «la più grande discarica sotterranea d’Europa», la cava Cesque di Falciano del Massico, l’area dell’ex stabilimento Nokia di Marcianise dove recenti analisi hanno portato alla luce la contaminazione di ben 22 pozzi per l’acqua ubicati nelle vicinanze e usati da agricoltori e cittadini.
Sul fronte della depurazione delle acque, la Procura spiega che «i controlli effettuati dall’Arpac sugli scarichi delle acque reflue urbane, sulle acque reflue industriali e sulle acque reflue equiparabili alle domestiche, hanno evidenziato alcune lacune relative alla carenza di normativa regionale per gli scarichi provenienti da agglomerati urbani con meno di 2000 abitanti, che in mancanza di adeguamento della Campania alla normativa nazionale, sono lasciati liberi di autoregolarsi ed in molti casi si è verificata l’apertura dell’impianto di depurazione per i quali poi nel prosieguo è mancata una adeguata manutenzione, stante l’impossibilità del comune di piccole dimensioni di accollarsi i relativi costi. Ciò ha comportato il deterioramento di tali opere e lo sperpero di denaro pubblico».
«Inoltre – prosegue la relazione – tutte le aree Asi della Provincia di Caserta, nella maggior parte dei casi, non offrono alle aziende insediate alcun servizio e non hanno impianti centralizzati di depurazione dei reflui, con relative conseguenze a carico delle aziende stesse. Ciò comporta che le aziende convogliano i reflui direttamente nel depuratore. In particolare, ciò avviene nella zona di Marcianise ove vengono scaricate nel depuratore scarti industriali non previamente trattati né dall’azienda e né da un depuratore del comparto Asi».
2 novembre 2017