Oggi è il 23 maggio 2010, è la ricorrenza della strage di Capaci in cui vennero uccisi Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Sarà un nuovo giorno in cui la retorica e l’ipocrisia trionfano, tutti a ricordare, anche gli amici e sodali dei carnefici, anche quanti hanno usato e usano il ricordo di Falcone e delle altre vittime di mafia per il proprio tornaconto personale, anche quanti parlano e parlano di necessità della lotta alla mafia e poi in realtà sono i primi che, ignorando l’insegnamento di Falcone, così come di Borsellino e Caponnetto, non vedono la mafia, i suoi affari sporchi e che quindi ci convivono, se non addirittura decidono di piegarsi ad essa, stringendo non un patto ma molteplici patti, nei territori, non solo nel sud, ma soprattutto nel centro nord del Paese. Ecco, noi non commemoriamo con retorica e ipocrisia, ma continuando il lavoro di contrasto alle mafie ed alle sue alleanze, collusioni e contiguità, nella politica e nell’economia. Per questo, oggi, rilanciamo un’analisi ed una proposta che punta l’indice su chi doveva e poteva, può e deve, compiere scelte nette e non a parole: la pubblica amministrazione e l’economia. Saremo, come al solito irriverenti, ma al giro di parole e pianti falsi o opportunistici, vuoti, preferiamo portare avanti quel contrasto concreto ed efficace, che proprio il Pool di Palermo aveva indicato come unico strumento per sconfiggere (e non solo colpire) le organizzazioni mafiose, la “responsabilità” della comunità, della politica e dell’economia.
Il contrasto alle mafie per essere efficace deve sconfiggere la retorica e le ipocrisie e deve puntare al cuore del problema. Non se ne può più di Pubblici Amministratori, dai sindaci ai presidenti di provincia o di regione, consiglieri e assessori vari, che da nord a sud lanciano strali contro le mafie, magari sfilano e sovvenzionano convegni, seminari e manifestazioni, spot e manifesti, con qualche associazione incline a farsi “paravento”, e che ricordano i morti, puntano l’indice sulle attività prettamente criminali, e poi basta. Poi dicono che è la Magistratura che deve risolvere il problema, poi dicono che è “lo Stato” che non fa abbastanza, che loro vorrebbero sconfiggerla ma non possono fare nulla. Falsi, bugiardi e ipocriti, oppure ingenui, ignoranti e incapaci, comunque sia un pericolo per la corretta gestione della cosa pubblica ed un alleato di fatto per gli affari delle cosche…
Intanto buona parte dei pubblici amministratori, da politici con patentino, vedono sempre la mafia che è un po’ più in là e praticamente mai indicano quella che hanno in casa, nel territorio di propria competenza. Quando lo fanno mettono le mani avanti: c’è la mafia ma non è radicata, c’è e fa prostituzione, spaccia e gestisce l’immigrazione clandestina… Questo è quello che concedo i più. O si chiudono nel negazionismo, che altro non è che il volto dell’omertà istituzionale o, sempre in coerenza con questa pratica, negano che comunque vi sia un problema politico ed economico. Insomma la mafia che fa gli affari grazie alle Pubbliche Amministrazioni ed alla spregiudicatezza di certa imprenditorialità locale, proprio non la si vede, la rendono “invisibile” come vuole essere la mafia stessa.
Recentemente è stato il caso della Presidente della Provincia di Reggio Emilia, Sonia Masini. Questa dichiarando che lei combatte la ‘ndrangheta dal Novanta attacca chi in questi anni l’aveva richiamata ad un azione amministrativa capace di fare muro alle infiltrazioni ed al radicamento mafioso nella sua provincia. Lei, allora, negava che la mafia ci fosse lì, diceva che al massimo quel territorio era “di passaggio”. Un anno fa è stata la volta della Sindaco di Genova, Marta Vincenzi, che disse la “mafia è a Genova”… ma naturalmente ha subito precisato che era solo la mafia dei bassi, del pizzo e della droga, garantendo: negli appalti e rapporti con la pubblica amministrazione nessun problema. Poi c’è la Letizia Moratti a Milano, questa nega l’impossibile, per lei la Mafia a Milano non c’è… è un problema che sta un po’ più in giù.
Le tre dame della politica hanno due opzioni: o scelgono di collocarsi tra le persone incapaci di ragionare, capire, leggere la realtà ed i fenomeni e quindi incapaci di agire, oppure scelgono di collocarsi invece tra quelle persone che sanno bene ma non vogliono rompere equilibri che – ben prima di loro – si sono consolidati, così che il segnale sia chiaro: l’omertà non si rompe.
La mafia non è criminalità spicciola, esiste e vive, si radica e consolida in un territorio, perché fa affari e perché ha rapporti con il Potere. Chi pensa ancora che la mafia esista contro o in alternativa allo Stato si sbaglia, la mafia ha bisogno dello Stato… necessità dei soldi pubblici, così come delle concessioni, delle licenze e autorizzazioni per le aziende della “mafia pulita”. Quindi le tre dame, prese ad esempio, della Pubblica Amministrazione del “grande ed avanzato” centro nord possono ritirarsi a vita privata, perché se non hanno ancora compreso questo “dettaglio” possono fare solo grandi, ulteriori, danni.
Ma veniamo al dunque: tutti, comunque, anche quelli che si pongono come i più illuminati e non negano che il problema esista, dichiarano che la lotta alle mafie è questione che compete alla magistratura e che loro non possono fare nulla se non sensibilizzare. Si fanno tanti bei convegni, si “educa” alla legalità, mentre i propri enti, magari, come succede a Genova, concedono sostegni anche economici ai boss, o gli danno licenze, appalti e concessioni… Si potrebbe dire che adottano la linea di “contrasto” (sic) alle mafie del Totò Cuffaro: dei bei manifesti contro le mafie, li ricordate quelli che recitavano “La mafia fa schifo”? Mica male!
Si sappia che quei pubblici amministratori che dicono che loro non possono fare nulla mentono.
Se sono davvero convinti di non poter far nulla vadano a casa perché sono pericolosi, se invece mentono sapendo di mentire sono conniventi consapevoli, se non complici dell’aggressione ai territori ed all’economia locale promossa dalle cosche e del loro farsi “impresa” e riciclaggio di denaro sporco, e quindi devono essere cacciati.
Infatti, prendiamo atto, una volte per tutte che la mafia molto spesso è divenuta alibi, in altri è divenuto trampolino… si parla, ci si mette in mostra ma non si fa nulla e si lasciano soli quelli che fanno inchieste, dai reparti investigativi ai magistrati… sino anche ai testimoni di giudizia ed alle realtà che nei territori fanno inchieste, denunciano e collaborano con i reparti dello Stato.
Infatti non è per nulla, ma manco di striscio, vero che Comuni, Province e Regioni non possano fare nulla contro le mafie. Anzi più si scende al livello più basso della Pubblica Amministrazione, cioè nei Comuni e più si può fare. No, non è la retorica delle parate da “Avviso Pubblico” o da “Libera” o da altre grandi associazioni legate alla politica che in cambio di un po di contributi e qualche concessione e visibilità mediatica, si fanno “paraventi” per accreditare come “antimafia” alcune amministrazioni che se poi, le andiamo a vedere bene, di antimafia non hanno manco una briciola.
No, non è nemmeno la farsa di Commissioni di inchiesta antimafia comunali o regionali, composte dai nominati dagli stessi eletti e amministratori, tra gli stessi consiglieri o tra la cerchia dei loro “esperti” di parte, condizionati dalle consulenze, finanziamenti o, anche solo, per ideologia e appartenenza… Strumenti come le Commissioni o Osservatori antimafia, nei Comuni come nelle Regioni, servono e possono essere efficaci se sono strutture autonome e indipendenti a cui i Consigli e le Amministrazioni assegnano l’incarico di vigilare e controllare cosa accade nelle pubbliche amministrazioni, nei rapporti tra queste e l’economia, che possano quindi accedere agli atti (tutti) e quindi anche raccogliere segnalazioni… per poi relazionare nel dettaglio non agli stessi eventuali funzionari o amministratori su cui si scopre qualcosa, ma solo ed esclusivamente alla magistratura ed ai reparti investigativi.
E’ altro, quindi, quello che possono fare. E lo possono fare da subito (anzi da ieri), senza bisogno di ulteriori “poteri” e senza necessità di modifiche legislative. E’ solo questione di volontà politica. Servirebbe iniziare, semplicemente – rendiamoci conto -, dall’applicare le norme esistenti, pienamente e non alla carlona. Tutto infatti passa da un principio che dovrebbe (ma non lo è affatto) essere già da tempo essere stato assunto come modalità di lavoro: correttezza e trasparenza della Pubblica Amministrazione. La legge c’è già, ma i Comuni cosa hanno fatto? Hanno adottato regolamenti propri ed interpretazioni in cui, di fatto, l’accesso agli atti è un misto tra un labirinto di Corinto e la scalata al K2 durante un tornado. E poi ancora: visto che la politica in questo Paese non riesce a vivere senza corruzione e clientela, per eludere i controlli di legalità, i Comuni, così come le Province e le Regioni hanno pensato bene di svuotare le Pubbliche Amministrazioni dalla decisioni e gestioni della cosa pubblica (a partire dai servizi, dalle manutenzioni, alla gestione dei patrimoni immobiliari e via discorrendo) per passarle a società pubbliche o società miste, a “diritto privato”, così che da un lato negano l’accesso agli atti, dall’altro eludono gli obblighi di segnalazione previste dalla legge e, dal terzo lato del triangolo maledetto, se qualcuno viene beccato con le mani nella marmellata per turbative d’asta o quant’altro possono sempre eccepire che in Italia la corruzione “tra privati” non esiste ed un amministratore o dirigente di una società “a diritto privato” (così come i consulenti “cerniera”) non sono pubblici ufficiali.
E vogliamo vedere un altro esempio, magari sulla questione delle case popolari? Vediamolo. Qui le Pubbliche Amministrazioni, di nuovo trasversalmente, hanno adottato un sistema clientelare di gestione delle assegnazioni delle case, a volte assegnandolo direttamente agli uomini di partito (come, in modo eclatante, nel caso del Comune di Bologna, dove le Amministrazioni comunali – di sinistra e di destra – avevano addirittura istituito una Commissione politica del Consiglio Comunale, con i Consiglieri quali membri, che, con l’assessore, assegnavano gli alloggi, nel nome di una fantomatica “emergenza abitativa”, a chi volevano in deroga alle graduatorie degli aventi diritto). Non contava chi aveva diritto ma con chi eri schierato, a chi promettevi i tuoi voti o a chi garantivi qualcosa di altro, servizi, prestazioni o denaro. Così si è fatto (e si fa) attraverso i dirigenti (nominati dalla politica) degli Uffici preposti, così come le nomine lottizzate per garantire “gli equilibri” dei Consigli di Amministrazione degli Enti (ora li chiamano Aziende) per le case popolari. A Milano addirittura è stato scoperto che il sistema prevedeva anche quote di alloggi popolari che venivano gestiti direttamente dai mafiosi, o paghi e passi da loro oppure non avrai la casa… (l’associazione che ha scoperto e denunciato questo è stata isolata e massacrata, non ha nemmeno più la sede…). Questo avviene nel “civilissimo” Nord… ed avviene come a Napoli e come altrove… per volontà e responsabilità politica, perché in un sistema dove regna la logica del ricatto e del favore nessuno sarà mai libero di scegliere ed è così che il cittadino viene trasformato in suddito. Chiaro?
Ecco quindi che diventa chiaro che la trasparenza e correttezza della Pubblica Amministrazione sono il tassello essenziale per rendere efficiente o meno, e quindi rendere impermeabile o meno, la gestione della cosa pubblica da conflitti di interesse, corruzione, clientela ed anche influenza mafiosa. Quindi per tutelare un sistema di corruttela devastante ed un proliferare di conflitti di interessi la politica, cioè chi gestisce la cosa pubblica nelle pubbliche amministrazioni, ha scelto la strada del negare correttezza e trasparenza, così aprendo la strada all’infiltrazione mafiosa.
E questo lo si può constatare semplicemente guardando ai fatti… alla gestione della cosa pubblica, come sull’esempio delle case popolari per andare oltre e passare alla questione dei finanziamenti per la formazione, così come alle assunzioni stesse nelle società partecipate… tassello dopo tassello, se lo guardiamo, ci mostra come la trasparenza e correttezza della Pubblica Amministrazione sia stata cancellata nei fatti perché questa rappresenta l’unico ostacolo alle degenerazioni “utili” all’illegalità.
Pensate solo alla questione “rifiuti”. Le Pubbliche Amministrazioni di destra come di sinistra (ivi comprese quelle con “patentino” ambientalista rilasciatogli da un’altra “colonia” della politica quale Legambiente) cosa propongono? Il ciclo integrato, ovvero un sistema che necessità di alti costi pubblici, di impianti per chiudere il ciclo che comportano costi pubblici e costi devastanti per la salute e la vita delle persone oltre che per l’ambiente… e distruzione di risorse. Perché non propongono sistemi collaudati che possono creare occupazione, realizzare recupero, riciclo, riuso dei rifiuti, riduzione dei costi per le casse pubbliche e per i cittadini, oltre che nessun tipo di impianto che incenerisca i rifiuti? Rifiuti Zero, o ancor per meglio dire Riciclo Totale, sono possibili come dimostrano ormai molteplici realtà, ma questo non interessa. Non lo fanno perché in questo, a vantaggio collettivo e dell’ambiente, non c’è il business dei signori dei rifiuti che tanto sovvenzionano la politica e, poi, non ci sarebbero nemmeno più le “emergenze” che significano business ulteriore per le riduzioni di vincoli e procedure… e si taglierebbe il controllo di ampi pezzi del “ciclo” alle organizzazioni mafiose… che da sempre hanno considerato i “rifiuti”, a partire dagli smaltimenti illeciti – quindi a basso costo – di quelli tossici (e radioattivi) per conto delle grandi imprese e delle pubbliche amministrazioni. In Lombardia inquinavano il territorio e poi si offrivano (a pagamento) alle Pubbliche Amministrazioni per bonificarlo… sono i Barbaro con il loro cartello di imprese che persino Santoro con AnnoZero ha mostrato agli italiani rovesciando la realtà e mostrando l’uomo del clan come “povera vittima”.
Quindi non servono, come semplifica Beppe Grillo, le webcam nei Consigli Comunali, è fuorviante pensare che questo risolva il problema. Serve accedere agli atti, tutti gli atti e tutte le informazioni che riguardano la cosa pubblica, non solo i Consigli Comunali, ormai svuotati di poteri e auto-svuotatisi del potere di controllo che avrebbero. Ed è qui che si gioca la questione di cosa possono fare le Pubbliche Amministrazioni da subito se davvero vogliono fare prevenzione e lotta alle mafie ed all’economia “nera”. E’ su questo che possiamo misurare quanto siano in buona fede e coerenti quegli amministratori pubblici che dicono e ripetono di essere per la legalità e contro le mafie. Le ripetiamo ancora una volta, queste semplici proposte, attuabili in ogni realtà del Paese, da subito e senza bisogno di leggi, decreti o stanziamenti, e si può fare a costo zero (non serve nemmeno un euro)!
ECCO QUINDI UNA SEMPLICE PROPOSTA DI PREVENZIONE
che garantisce il controllo sociale ed anche di chi di dovere:
Le Regioni, le Province ed i Comuni, le Società partecipate (anche per una sola semplice quota societaria) e collegate, le imprese che hanno concessioni, appalti e incarichi (a partire dai project financing) dagli Enti locali e dalle Società partecipate (e collegate) devono mettere online sui propri siti internet:
a) lista dei fornitori (con indicazione del valore economico e della tipologia), con indicazione della compagine societaria storica degli stessi ed eventuali partecipazioni in altre società;
b) lista delle offerte (da quella “vincitrice” a tutte le altre, con indicazione della compagine societaria storica degli stessi) per trattative private e gare d’appalto, con Verbali e Determinazioni di assegnazione, descrizione del capitolato, eventuali subappalti e liste dei fornitori ed eventuali varianti in corso d’opera (con indicazione di variazioni di costo);
c) tutti gli incarichi diretti che vengono assegnati con indicazioni di tipologia e costo (non solo per le consulenze, ma anche per i servizi e lavori) ed anche qui con indicazione della compagine societaria storica degli stessi ed eventuali società o consorzi collegati;
d) tutte le indicazioni sui progettisti, partner finanziari e subappalti (con le rispettive indicazioni delle compagini societarie storiche);
e) la lista di tutti i contributi (finalizzati o a fondo perso) e finanziamenti pubblici (ed agevolazioni) che vengono assegnati e riconosciuti dagli Enti locali (dai Comuni alla Regione passando per le Società Partecipate, Enti controllati e Ue) a società ed associazioni di imprese o associazioni di ogni genere, con indicazione dei soci delle stesse;
f) la lista dei dirigenti e funzionari responsabili, oltre che degli assessori e consiglieri, e di quanti vengono nominati dagli Enti in Cda o Comitati di Gestione, con l’indicazione non solo del reddito e stato patrimoniale attuale degli stessi, ma anche delle eventuali partecipazioni in società private degli stessi e dei parenti e congiunti (sino al 2 grado), oltre che l’eventuale dipendenza degli stessi – così come dei parenti e congiunti sino al secondo grado – per società in rapporti con società pubbliche o partecipate e/o che operino con appalti e incarichi (diretti o indiretti) derivanti dall’azione dell’Ente pubblico stesso o società partecipata (o collegata) per concessioni/convenzioni.
Inoltre i Comuni devono pubblicare online sui propri siti:
– la lista delle domande e concessioni di licenze commerciali (comprese le autorizzazioni per i cosiddetti “circoli”) con nominativi dei titolari e responsabili (in caso di società anche i dati della visura storica della stessa);
– la lista delle concessioni edilizie che vengono rilasciate, con indicazione delle ditte incaricate dei lavori, dei progettisti e delle proprietà (e degli eventuali passaggi di proprietà avvenuti nell’arco dell’ultimo anno), oltre che le eventuali varianti in corso d’opera;
Le Regione, le Provincie ed i Comuni dovranno mettere online anche tutte le pratiche e pareri di VAS, VIA, screening ed ogni variante agli strumenti di Pianificazione (PUC, Piani di Bacino, PTCT, Piano delle Cave,…) con l’indicazione del richiedente (e se si tratta di società o più società indicando anche le compagini societarie storiche delle stesse ed eventuali società collegate), oltre alle eventuali osservazioni giunte in merito ed i provvedimenti adottati dagli Enti e dalle Conferenze di Servizio (con pubblicazione dei relativi verbali, indicanti anche i partecipanti ed i voti espressi).
La Regione e le Province dovranno pubblicare anche sul proprio sito internet tutte le autorizzazioni inerenti:
– i movimenti terra e di materiali da cava;
– le società che effettuano movimentazioni di rifiuti e rifiuti speciali;
– le pratiche inerenti concessioni di deroghe per i vincoli esistenti;
– i provvedimenti di sanzione per reati ambientali adottati nell’ambito del proprio territorio;
– le società che operano movimenti terra e/o che hanno incarichi di bonifica (con indicazione tipologia e sito specifico di partenza, stoccaggio e deposito) nell’ambito del territorio di propria competenza;
– le eventuali stipule di convenzioni con Società private (come ad esempio per macchinette distribuzioni bevande/alimenti, ticket ristorazione, servizi mensa,…) stipulate dall’ente, con l’indicazione delle altre offerte pervenute e rigettate, e relative informazioni da Visura camerale relative al soggetto prescelto ed agli esclusi.
I Comuni dovranno inoltre rendere noti online sul proprio sito anche:
– le società (pubbliche e private) che conferiscono rifiuti in discariche o impianti collocati nel proprio territorio o di proprietà di società partecipate;
– i provvedimenti di sanzione per reati ambientali adottati nell’ambito del proprio territorio;
– le società che operano movimenti terra e/o che hanno incarichi di bonifica (con indicazione tipologia e sito specifico di partenza, stoccaggio e deposito) nell’ambito del territorio di propria competenza.
– la lista degli autotrasportatori che operano nei mercati generali (fiori, pesci, carne, ortofrutta) siti nel territorio di competenza che siano assegnati a gestione di terzi o direttamente gestiti da società pubbliche o miste;
– le concessioni di variazione di destinazione ad uso di aree, palazzi, impianti industriali, strutture ricettive e di culto, con indicazione anche del gestore/proprietario o del soggetto a cui viene assegnata la concessione;
– la graduatoria per le assegnazioni di immobili comunali e delle case popolari, ivi comprese quelle costruite da privati per l’edilizia convenzionata, oltre che quelle relative agli immobili (abitativi o commerciali) di competenza di società pubbliche; oltre che, per ogni provvedimento adottato in “deroga” alle graduatorie, con l’indicazione della motivazione e del beneficiario.
– le eventuali stipule di convenzioni con Società private (come ad esempio per macchinette distribuzioni bevande/alimenti, ticket ristorazione, servizi mensa,…) stipulate dall’ente, con l’indicazione delle altre offerte pervenute e rigettate, e relative informazioni da Visura camerale relative al soggetto prescelto ed agli esclusi.
Iniziamo da qui, perché in questo modo si renderebbe possibile una verifica in tempo reale. Si chiama prevenzione e trasparenza. Non è complesso e non comporta manco mezzo euro di spesa, ma solo lo svolgimento di quelle verifiche e di quei controlli che gli Enti locali, le società partecipate e chi opera con concessioni e incarichi pubblici, deve adottare. Le Pubbliche Amministrazioni come risponderanno? Per ora, pur potendolo già fare non li hanno fatto.
Questo è, quindi, per iniziare, se mai volessero iniziare. Poi ci sono le altre proposte che riguardano sempre l’assunzione di responsabilità delle comunità locali… Una di queste è quella di costituire Commissioni, Osservatori o Consulte – chiamatele come volte – autonome ed indipendenti, a livello comunale per le grandi città metropolitane o a livello regionale, composte da persone e associazioni autonome ed indipendenti, esterne ai partiti ed alle lobby politico-economiche.
Un’altra è quella che riguarda direttamente il mondo economico e riprende l’iniziativa già messa in campo dalla Camera di Commercio di Reggio Emilia.
Non solo prendere parte attiva con costituzione del fondo antiusura e nel dare assistenza a quanti devono denunciare, o ancora con la costituzione di parte civile nei processi, ma battere al “setaccio” le aziende iscritte nel proprio registro. Infatti è qui che le società devono passare tutte per attivare su quel territorio la propria attività di copertura degli affari sporchi e del riciclaggio.
Ed allora occorre che le Camere di Commercio monitorizzino e segnalino costantemente ogni operazione sospetta, dalle società che nascono da nulla ma con disponibilità di ingenti capitali a trasferimenti di rami di azienda ed apertura di unità locali di società “lontane”, alle quote ed incarichi societari di persone già note agli Uffici, così come le coperture fiduciarie e le proprietà estere e nei paradisi fiscali… ma anche le eventuali assenze di certificazione antimafia sulla base delle indicazioni degli Uffici prefettizi competenti. Per fare questo serve costituire un pool di funzionari appositamente incaricati in ogni sede, che passino in rassegna e verifichino le anomalie da segnare nel diversi settori, a partire da quelli del movimento terra, degli autotrasporti, dell’edilizia e delle bonifiche ambientali, delle energie rinnovabili… Occorre partire dalle società e cooperative che svolgono attività speculativa o grandi opere e interventi per conto o con concessioni di Enti o Società pubbliche.
Serve un coordinamento che permetta verifiche incrociate con il Catasto, l’Ispettorato del lavoro, l’Agenzia delle Entrate, oltre che con le Prefetture, al fine di poter individuare le sacche di lavoro nero, l’evasione fiscale e contributiva… e che – se vi fosse la disponibilità delle informazioni dagli Enti locali (la proposta della trasparenza sopra indicata) – permetterebbero di individuare da subito se hanno rapporti ed incarichi con gli Enti locali, le società partecipate (e quelle da queste controllate) oltre che su interventi e lavori di rilievo per cui vi è stata una concessione/autorizzazione pubblica. Inoltre attraverso questa attività di controllo possono essere individuate tempestivamente e monitorate – e quindi segnalate – le anomalie del settore commerciale, altro tassello del riciclaggio e della rete sui territori delle organizzazioni mafiose.
Questioni qui velocemente indicate, che non comportano alcuna nuova norma o legge, che possono se si vuole essere attuate da subito, sia nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni sia in quello dell’economia locale. Infatti se la parte pubblica deve fare il proprio dovere anche la parte privata dell’economia deve muovere i suoi passi. Deve farlo soprattutto oggi, quando le mafie, con la propria disponibilità di denaro liquido, sono in grado di intervenire per acquisire attività e società già avviate ma in crisi, così da usare nomi noti dell’economia locale a loro non immediatamente riconducibili. Servirebbe la collaborazione degli Istituti bancari, così come dei commercialisti e dei notai… collaborazione che troppo spesso – praticamente sempre – manca. Ma se si inizia con un’attività tra Enti locali e Camere di Commercio, allora forse anche nelle banche e tra i professionisti qualcuno capirà che è giunto il momento di rompere ogni indugio, e quindi farse parte attività dell’azione di contrasto alle organizzazioni mafiose.
Questo si può fare da subito, non costa nulla… poi vengono le possibili modifiche normative e le integrazioni alle Leggi vigenti che possono venire, ad esempio, con leggi regionali. Ma su questo torneremo più avanti. Anche perché sarebbe troppo comodo per chi ha le responsabilità nelle Regioni e negli altri Enti locali nascondersi dietro: stiamo studiando le nuovi leggi… faremo! No, serve un segnale subito, fare le cose che abbiamo indicato è possibile a partire da domani ed allora capiremo se nelle Pubbliche Amministrazioni così come nei palazzi delle Regioni vi è o meno la volontà politica. Se non fanno quello che già oggi è possibile, possiamo pensare che approvino (e poi applichino) nuove norme e leggi? Noi crediamo di no, e crediamo che anzi potrebbero – come sempre hanno fatto – sfruttare l’iter legislativo per far scorrere il tempo e non fare nulla di concreto.
Noi dobbiamo vincere l’indifferenza e la propensione alla convivenza e contiguità che è quella che ha permesso alle mafie di radicarsi e consolidare il proprio potere e la propria ricchezza. Farlo significa assumersi la propria dose di responsabilità ed incrinare il muro di omertà e silenzio che avvolge gli affari delle organizzazioni mafiose. Certo, bisogna metterci la faccia e non retorica ed ipocrisia… ma se si vuole si può fare e pure da subito!
La mafia può entrare se qualcuno (cioè il Potere locale, politico ed economico) gli aprono la porta e non la cacciano. Se le mafie trovano un muro impenetrabile non possono imporsi, non possono corrompere se si è incorruttibili… Ed allora ecco che si comprende perché oggi, anziché fare tante parole di retorica sul ricordo delle vittime di Capaci, come Casa della Legalità preferiamo avanzare queste proposte… perché, se rispetta davvero il lavoro promosso da Falcone e si comprende quanto ci aveva insegnato con il suo lavoro, dobbiamo evitare che si contigui a dire che la lotta alla mafia è competenza della Magistratura e dello Stato (come se questo fosse altra cosa rispetto alla comunità tutta)… Noi siamo convinti che ognuno debba fare la propria parte, mettendoci la faccia. Si chiama: assunzione di responsabilità!
(Tratto da Casa della Legalità e della Cultura)