Olimpo, colpo alla camorra stabiese: 36 anni di cella per 5 imputati. Il sindaco: «I clan dovranno risarcire la città»
Ciro Formisano
L’orologio segna le 13 e 55, quando dalla porta di legno piazzata in fondo all’aula intitolata a “Giancarlo Siani”, escono fuori i giudici del tribunale di Torre Annunziata. “In nome del popolo italiano”, dice il presidente del collegio, Fernanda Iannone prima di leggere una sentenza che da ieri è già nei libri di storia della camorra stabiese. Cinque condanne, una assoluzione, in tutto 36 anni e 5 mesi di carcere complessivi per boss, affiliati, fiancheggiatori e imprenditori. L’inchiesta “Olimpo”, la mega-indagine imbastita dal sostituto procuratore dell’Antimafia, Giuseppe Cimmarotta e dagli agenti della polizia di Stato, regge alla prova del processo ordinario. Dopo le condanne in abbreviato il tribunale di Torre Annunziata ha emesso la sentenza di primo grado per il filone processuale innescato dal blitz che a dicembre del 2018 portò a una dozzina di arresti. Un’indagine che ha ricostruito la tentacolare e asfissiante attività estorsiva messa in piedi dai clan Cesarano, Di Martino, Afeltra e D’Alessandro, tra Gragnano, Pompei e Castellammare di Stabia. Un patto per il racket che aveva come figure cardine boss di primissimo piano. Come Luigi Di Martino, alias ‘o profeta, detenuto al regime del 41-bis nel carcere di Milano-Opera. Per l’erede del padrino Ferdinando Cesarano è arrivata, in questo processo, la condanna a 9 anni e mezzo di carcere per una estorsione commessa ai danni di Adolfo Greco (l’imprenditore co-imputato) e per una bomba fatta esplodere davanti a un supermercato. Condannati anche Michele e Raffaele Carolei, entrambi parenti del boss Paolo Carolei e coinvolti in un’estorsione commessa ai danni del titolare di un market per imporre a quest’ultimo l’assunzione del nipote del capoclan dei D’Alessandro. Michele Carolei è stato condannato a 6 anni e 3 mesi, mentre Raffaele a 6 anni e 2 mesi. Sei anni e mezzo per Umberto Cuomo, ritenuto uno dei factotum del clan Afeltra, accusato di un’estorsione ai danni del titolare di un supermarket. A chiudere il cerchio la condanna a 8 anni inflitta ad Adolfo Greco, imprenditore stabiese accusato di concorso in due diversi episodi estorsivi che avrebbe spinto due imprenditori a scendere a patti per pagare le tangenti imposte dai clan. Assolto, invece, Attilio Di Somma, accusato di aver eseguito gli ordini del boss Luigi Di Martino. Una tesi contrastata durante il dibattimento dall’avvocato Francesco Schettino che ha puntato sull’estraneità ai fatti del suo assistito. Entro 90 giorni verranno depositate le motivazioni del verdetto e gli imputati potranno presentare ricorso in Appello per dimostrare la loro innocenza. Una sentenza, quella emessa ieri, che pone fine al primo atto di un processo lungo, costellato di colpi di scena e caratterizzato da un estenuante braccio di ferro tra accusa e difesa. Trentanove udienze in meno di in due anni e mezzo dalle quali è venuta fuori l’ennesima conferma per la solidità delle accuse mosse dalla Dda.
La riscossa del sindaco
Gli imputati condannati nel processo “Olimpo” hanno arrecato, con le loro azioni, un danno d’immagine al Comune di Castellammare di Stabia. Danno che dovrà essere quantificato con precisione da un procedimento civile. E’ quanto ha stabilito, tra le righe, la sentenza emessa ieri mattina dai giudici del tribunale di Torre Annunziata a carico dei 5 imputati condannati nel procedimento sul racket che ha travolto le cosche stabiesi. «Il Comune di Castellammare di Stabia sarà risarcito per il danno di immagine dovuto alle condotte criminali che hanno portato le forze dell’ordine e la magistratura ad avviare un’importante operazione di indagine e di polizia sul territorio cittadino, culminata nel processo Olimpo – le parole del sindaco, Gaetano Cimmino, poche ore dopo la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Torre Annunziata – Il risarcimento del danno già disposto in sede penale in favore del Comune sarà quantificato in successivo giudizio civile. A sancirlo è stato il tribunale di Torre Annunziata, che ha emesso oggi (ieri ndr) la sentenza nei confronti degli imputati». Cimmino ha sottolineato l’importanza della scelta – anche simbolica – adottata dal Comune di costituirsi parte civile nei processi contro la camorra. «Grazie alla magistratura e alle forze dell’ordine per il lavoro certosino e prezioso che svolgono ogni giorno per il ripristino della legalità sui territori – un altro passaggio di una nota diffusa nel pomeriggio dal sindaco – Lo Stato c’è, noi ci siamo e stiamo lavorando assiduamente per dissipare il clima di ombre e sospetti che per troppi anni ha aleggiato sulla nostra città. Non arretreremo di un millimetro nel contrasto alla criminalità organizzata, sulla scia del lavoro che abbiamo avviato e intrapreso sin dal primo giorno per il censimento degli immobili, il riutilizzo dei beni confiscati e la lotta all’abusivismo edilizio»