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Permessi premio ai boss ergastolani. Tra i collaboratori di giustizia è allarme

Aaron Pettinari 05 Gennaio 2025

Le recenti decisioni dei tribunali di sorveglianza che hanno concesso permessi premio a diversi boss mafiosi ergastolani stanno creando un clima di paura tra i collaboratori di giustizia. Secondo quanto riportato da La Repubblica nei giorni scorsi, alcuni pentiti palermitani avrebbero già espresso i propri timori per la propria sicurezza e quella delle loro famiglie, tanto da valutare la possibilità di trasferirsi all’estero.
Chi sarà il prossimo a ottenere un permesso premio? Forse uno dei fratelli Graviano, o Leoluca Bagarella. E a me non resterà che scappare“, racconta uno dei collaboratori di giustizia raggiunti da Salvo Palazzolo. “Io e la mia famiglia abbiamo pagato un prezzo altissimo. Non mi sono mai tirato indietro, ma ora questi permessi premio mettono paura. Siamo di fronte a gente che non dimentica“.
L’allarme non arriva solo dai pentiti. La Procura di Palermo, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, monitora con attenzione il ritorno dei boss mafiosi sul territorio. Il rischio è duplice: da un lato la possibilità di una riorganizzazione dei clan, dall’altro le vendette contro chi ha collaborato con la giustizia.
A Palermo da qualche tempo si registra un gran movimento di denaro sporco, che è indice di una possibile riorganizzazione mafiosa. Tra i vecchi boss che puntano a gestire gli affari legali e i giovani che spingono per incrementare i traffici di droga, si teme un tentativo di ricostituire la commissione provinciale.
Fino ad oggi ogni tentativo è stato stroncato. L’ultima volta nel 2018, con l’arresto di Settimo Mineo e decine di capo mafia.
Tornando all’emergenza scarcerazioni eccellenti è noto che dal 2019, anche i mafiosi irriducibili possono ottenere benefici penitenziari, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale.
A dimostrazione dell’allarmante situazione basti pensare che tra coloro che hanno già beneficiato dei permessi premio c’è 
Giovanni Formoso, uno dei responsabili della strage di via Palestro a Milano, nel 1993. Nonostante non abbia mai collaborato con la giustizia, Formoso è stato ritenuto un detenuto modello.
Unico spiraglio per evitare questa deriva viene dalla Cassazione che ha recentemente ribadito che i detenuti devono dimostrare di aver adempiuto agli obblighi di risarcimento verso le vittime dei loro reati. La Suprema Corte ha citato la sentenza del gennaio 2004, la n.16321, sottolineando che l’accesso ai benefici richiede anche la riparazione pecuniaria. Ma ancora è presto per capire se ciò metterà un argine.
Intanto è allarme tra gli addetti ai lavori. Qualche tempo fa, in un’intervista, il procuratore aggiunto di Catania 
Sebastiano Ardita aveva evidenziato il rischio che si nasconde dietro alle “letture burocratiche del comportamento tenuto dai mafiosi dentro il carcere“. Il motivo? Il mafioso in cella, da sempre, è un detenuto modello e per questo motivo andrebbero analizzati altri parametri per decidere o meno la liberazione di un detenuto di tale rango.
Già da tempo aveva lanciato l’allarme: “
Abbiamo persone pericolose, che hanno commesso reati gravi, anche omicidi, e che sono tornate in libertà. Questa è la realtà. Cosa accadrà quando avranno la forza sufficiente per tornare a governare i territori come hanno fatto negli anni ‘70, ‘80 e ‘90? Questa è la domanda che dobbiamo porci“.
Secondo il Segretario Nazionale dell’Unadir 
Maria Rosaria Ingenito Gargano “siamo di fronte ad uno scenario sempre più inquietante che ha già abbondantemente suggellato il trionfo dell’ingiustizia. Una vergogna mondiale“.
Come darle torto?

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/261-cronaca/103381-permessi-premio-ai-boss-ergastolani-tra-i-collaboratori-di-giustizia-e-allarme.html