Tripodi difende la scelta di vietare la partecipazione alle alle borse lavoro a chi convive con familiari condannati per 416 bis
di Agostino Pantano 18 ottobre 2022
Il bando è aperto, a chi è senza lavoro e ha meno di 40 anni, ma non se ha «nel proprio nucleo familiare persone che abbiano una condanna al 416 bis». Tanto basta a Polistena per far scoppiare le polemiche, intorno alle 40 borse lavoro che il Comune ha messo a bando escludendo i familiari dei mafiosi indipendentemente se siano incensurati o meno. Chi farà domanda, e verrà selezionato, verrà pagato con il tesoretto di oltre 100.000 euro frutto della rinuncia all’aumento dell’indennità – fatta dagli amministratori – impegnato nei diversi settori del municipio.
«Sono d’accordo con il divieto creato nel bando», dice un cittadino in “piazza 21 marzo”, peraltro dedicata alle vittime di mafia; «assolutamente no, non si può creare una pregiudiziale contro chi non ha nessun precedente penale», ribatte un polistenese in piazza della Repubblica. A dire il vero una parte dell’opposizione è stata pesante, contro il comma che esclude dalla graduatoria i familiari dei mafiosi.
Sui social l’avvocato e capogruppo di Polistena Futura, Francesco Pisano, ha parlato di «barbarie», «inciviltà» e «squallore culturale», criticando la prescrizione. «L’opposizione – contrattacca il sindaco Michele Tripodi – deve spiegare se sta dalla parte dei delinquenti». Botta e risposta al vetriolo, solo che però Pisano non concede interviste sul tema e quindi l’accusa di “complicità politica” rimane senza replica, mentre sono i cittadini che vogliono parlare. «Non tutti i figli dei mafiosi sono mafiosi», sostiene un anziano che passeggia nella villa comunale.
«Dal bando – argomenta Tripodi – sono esclusi coloro che convivono con persone che hanno condanne: dalle nostre parti questo fatto è indice di più di un sospetto, perché se una persona vuole può prendere le distanze». Proprio sulla centralità della convivenza, invece, interviene Letterio De Domenico – capogruppo di Polis – che critica il divieto.
«Conosco un sacco di ragazzi che convivono in famiglia perché non hanno altre possibilità – spiega al telefono – è assurdo che il Comune chiuda le porte senza dargli il diritto di spiegare il proprio valore». Il dibattito è acceso, e rimane aperto, con il sindaco che sottolinea «l’importanza di un intervento che lenisce la piaga del bisogno e della disoccupazione giovanile, traendo spunto da una scelta anche di generosità fatta dagli amministratori».