Di Alessandro Caracciolo
Nella città eterna la camorra è stata costretta a muoversi in punta di piedi rinunciando ai tratti più violenti dell’organizzazione criminale. Questo atteggiamento prudente emerge in un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare nella quale gli inquirenti dell’Antimafia hanno sottolineato la differenza dell’atteggiamento avuto della camorra a Roma. Infatti l’affarista Salvatore Pezzella spiega a Umberto Luongo, reggente del clan detto ‘o lione, quale deve essere l’approccio dei D’Amico-Mazzarella se vuole essere vincente nella Capitale dove gli interessi di molteplici organizzazioni affondano radici e trovano una naturale composizione.
“Qua siamo in una Capitale…mica è Napoli”
Dunque viene suggerita una condotta che presuppone l’assenza della violenza per consentire il fiorire degli affari. In un’intercettazione, datata novembre 2018, Pezzella dice “…qua siamo in una Capitale… mica è Napoli… qua girano politici, vescovi questo, quello e quell’altro ancora… noi dobbiamo stare calmi lo sai perché? Perché qua ci alzano da terra in un quarto d’ora...” e Luongo risponde “…qua ci sta la Mafia… omissis… tu sei piccolino rispetto a questi qua…”. Queste parole sintetizzano l’approccio tenuto dall’organizzazione romana capeggiata da Pasquale Lombardi, interessata a moltiplicare i profitti illeciti e usare la violenza solo quando assolutamente necessario.
Il riciclaggio del soldi sporchi
Secondo la ricostruzione degli magistrati romani Lombardi e Massimo Nicoletti dirigevano l’organizzazione insieme ai ras Umberto Luongo, Umberto D’Amico, detto ‘o lione, e Umberto D’Amico detto ‘o puorco. Il loro obiettivo era realizzare frodi Iva, riciclaggio e reimpiego dei soldi contanti ricevuto dal clan D’Amico-Mazzarella, intrattenendo rapporti con i professionisti per curare gli aspetti tecnici della gestione delle società, con gli intestatari fittizi e con coloro che venivano incaricati di “monetizzare” i proventi dell’associazione. Invece Daniele Muscariello, Salvatore e Giovanni Pezzella erano i fiduciari della camorra per la quale si occupavano della gestione delle società cartiere.
Le indagini dell’Antimafia
All’alba di martedì è scattato il blitz della Direzione investigativa antimafia che è culminato nei 18 arresti in tutta Italia. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa finalizzata alle estorsioni, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e armi. Sequestrati beni per oltre 131 milioni di euro.
Dall’attività d’indagine, avviata nel 2018 dalla Dia di Roma e coordinata dalla Dda capitolina, è emersa l’esistenza di 2 gruppi criminali che riciclavano per varie articolazioni, dalla camorra alla ‘ndrangheta , ingenti somme di denaro che veniva ripulito in diversi settori, in particolare negli idrocarburi e in quello cinematografico. Venivano costituite società fittizie per emettere false fatturazioni grazie al supporto fornito da imprenditori e da liberi professionisti compiacenti, tra cui un commercialista.