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Qualcuno durante le vicende del “caso Fondi” parlò di………..”pezzi deviati dello Stato” che opererebbero nel sud pontino e dopo quell’affermazione non si é fatta chiarezza sul reale stato delle cose.La domanda che é rimasta attuale é :” Esistono veramente o no questi “pezzi deviati dello Stato nel sud pontino e nel Basso Lazio ?”.Prima ancora di tale vicenda ci fu un quotidiano napoletano che riportò la notizia di “incontri” che ci sarebbero stati in una “villa di Gaeta” fra soggetti legati alla camorra ed uomini delle istituzioni a proposito del traffico dei rifiuti che,secondo le dichiarazioni di Carmine Schiavone,avrebbe visto coinvolto il Porto di Gaeta.Ora le dichiarazioni del Procuratore Prestipino si aggiungono ad un “quadro” che é già di per sé inquietante perché tocca tutto il problema della lotta alle mafie. Ritornando alle dichiarazioni di Schiavone ,quello che ci ha colpito maggiormente é il fatto che ,pur avendo egli indicato le targhe di alcuni automezzi che avrebbero trasportato quei rifiuti,nessuno ha mai interrogato i proprietari per sapere “dove” li avevano trasportati e “chi” li ha loro commissionati.Come anche nessuno si é mai preoccupato di individuare quella trentina di “soldati” dei casalesi che sarebbero stati attivi nel sud del Lazio e dei quali parlò lo stesso Schiavone in un interrogatorio cui si sottopose a Latina.Tutto il Basso Lazio é sottoposto,come si sa,ad una fortissima pressione delle mafie,le quali,dopo esservicisi insediate stabilmente,lo hanno usato come una rampa di lancio per tutta la Regione,Roma inclusa.Noi vogliamo sapere,a questo punto,quale é la reale volontà degli organi statuali centrali sul piano dell’azione di contrasto e se essi sono determinati o no a combattere seriamente le mafie vecchie e nuove .

michele-prestipinoMichele Prestipino, procuratore aggiunto a Roma e titolare dell’inchiesta “Mafia capitale”, ha raccontato in Commissione antimafia un episodio al limite dell’incredibile che riguarda Latina.

In seguito a una banale denuncia un uomo è stato perquisito a Roma. Il soggetto indossava un giubbotto antiproiettile, sotto al quale nascondeva una chiavetta usb contenente un decreto del Gip di autorizzazione per effettuare alcune intercettazioni nell’ambito di un’inchiesta sulla mafia.

L’uomo aveva addirittura i primi brogliacci di un’attività investigativa ancora in corso, iniziata da poco e affidata alla DDA di Roma. Aveva anche un finto tesserino del Mossad e di un’azienda inglese che si occupa di intercettazioni telefoniche. Dagli approfondimenti è emerso anche di peggio: questa persona lavorava per una ditta che si occupava di moltissime intercettazioni telefoniche nella zona di Latina. Una sorta di subappalto che coinvolge evidentemente persone non integre, né affidabili.

Un caso gravissimo che, secondo Prestipino, non è assolutamente isolato, tanto che è possibile ipotizzare che molte intercettazioni vengano – dopo alcuni giorni – in qualche modo sottoposte ai diretti interessati, vanificandone l’utilità.