Giuseppe Cirillo 31 Ottobre 2024
Da Ancona al Messico: le reti criminali cinesi che “ripuliscono” i proventi del narcotraffico a livello globale
Negli ultimi anni, con l’avvento delle nuove tecnologie, la criminalità organizzata ha introdotto cambiamenti, spesso significativi, per rimanere al passo coi tempi, in particolare nelle operazioni di riciclaggio di denaro. Le mafie internazionali hanno trasformato radicalmente le proprie strategie per ripulire i proventi illeciti, anche grazie al contributo della criminalità cinese, che ha assunto un ruolo centrale nel riciclaggio di capitali. Una collaborazione, che, con il passare del tempo, si è estesa in modo capillare, consolidando legami soprattutto con le mafie europee e dell’America Latina. In Europa, e più precisamente in Italia, alcune settimane fa la Dda (Direzione distrettuale antimafia), insieme al GICO del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, ha smantellato una rete di broker finanziari cinesi che gestivano circa 50 milioni di euro provenienti dal traffico di droga, inclusi quelli della ‘Ndrangheta. Più recente è invece l’operazione della Guardia di Finanza di Ancona, su incarico dell’EPPO di Milano e Bologna, che ha smantellato un’organizzazione criminale cinese operante in Italia e in Europa, con l’arresto di 33 persone in varie regioni italiane. L’indagine, che ha rivelato una complessa frode fiscale e un sistema di riciclaggio internazionale, ha portato al sequestro di beni per oltre 116 milioni di euro. L’organizzazione evitava il pagamento di IVA e dazi doganali su merci importate dalla Cina attraverso società fantasma e triangolazioni, accumulando oltre 500 milioni di euro di evasione. I fondi venivano poi “ripuliti” tramite una rete di “banche clandestine” cinesi e grazie all’acquisto di immobili, auto di lusso e numerosi conti bancari. Il sistema utilizzato, modificato e perfezionato negli anni, ha origine nel cosiddetto “fei qian” o “flying money”, che permette trasferimenti anonimi tra broker dediti al riciclaggio, evitando il sistema bancario tradizionale e rendendo difficile il tracciamento del denaro da parte delle autorità. Difatti, il “fei qian”, inizialmente utilizzato dagli immigrati cinesi per inviare alle proprie famiglie i risparmi ottenuti con il duro lavoro, è divenuto nel tempo un sistema di trasferimento di denaro non tracciabile, attirando così l’attenzione della criminalità organizzata, che ha potuto trasferire indisturbata ingenti somme di denaro. In America Latina le mafie cinesi sono riuscite a influenzare pesantemente il panorama criminale, collaborando con i cartelli della droga locali. Le triadi cinesi, in particolare, hanno facilitato il riciclaggio di denaro dei cartelli messicani e colombiani, contribuendo a finanziare la produzione e la distribuzione di droghe come il fentanyl, che sta devastando gli Stati Uniti e che potrebbe presto arrivare anche in Europa, Italia compresa. Ma come è stato possibile che, negli anni, le reti criminali cinesi siano riuscite a consolidare un ruolo centrale nel riciclaggio di denaro, fino a diventare un punto di riferimento per i cartelli della droga più temibili del mondo? Come spesso accade quando si parla di mafia, anche questa volta la risposta potrebbe trovarsi nella sottovalutazione di un fenomeno cresciuto nell’ombra.
La collaborazione con i cartelli della droga messicani
I broker cinesi collaborano da tempo con i cartelli messicani per riciclare i proventi del traffico di droga, in particolare del fentanyl, utilizzando modelli di “franchising” altamente sofisticati, capaci di muovere ingenti somme di denaro in più direzioni e simultaneamente. “Nel 2017 e nel 2018 è successo qualcosa di straordinario”, racconta ai microfoni del Financial Times Chris Irvin, amministratore delegato della società di investigazioni globali Nardello & Co. “All’improvviso – prosegue Irvin – gli intermediari finanziari cinesi hanno iniziato a controllare il riciclaggio per il cartello messicano, applicando commissioni che potevano arrivare al 2%: spese di intermediazione inaudite”, ma che non dovrebbero sorprendere. I profitti dei cartelli della droga messicani sono infatti aumentati rapidamente, passando dal 3 al 5%, grazie alla collaborazione degli intermediari finanziari cinesi: un vero affare. Irvin, prima di essere l’amministratore delegato di una delle più note società di investigazioni al mondo con diverse sedi tra Stati Uniti, Europa, Medio Oriente, Africa, Asia e Pacifico, per 24 anni, ha ricoperto il ruolo di agente speciale della DEA, riuscendo a vedere da vicino il modo in cui sono maturati gli interessi criminali che legano il sistema cinese a quello dei cartelli della droga messicani, che ha dato origine all’attuale sistema di banche cinesi clandestine. In pratica, quello che fanno non è altro che un trasferimento di denaro attraverso un procedimento chiamato “sistema a specchio”, particolarmente conveniente per spostare fondi su larga scala, sfruttando falle nei controlli e nelle normative di alcuni paesi. Si tratta di un sistema basato su un meccanismo di transazioni speculari, eseguite in modo coordinato tra due filiali della stessa rete bancaria clandestina, spesso situate in paesi con normative molto meno rigide in materia di antiriciclaggio. Questo metodo, facile e veloce, sta prendendo piede anche in Europa, rendendo possibile il riciclaggio di denaro ottenuto dal narcotraffico. Tornando a Chris Irvin e alla sua intervista al Financial Time, l’ex agente speciale della DEA ha ricostruito passo dopo passo il metodo, la fornitura di droga, il pagamento e il riciclaggio di denaro messo in pratica durante il sodalizio criminale tra i cartelli messicani e le banche clandestine cinesi. “I cartelli della droga producono fentanyl in Messico – spiega Irvin – e lo inviano a una banda di spacciatori negli Stati Uniti”. Una volta accumulata una cifra considerevole, “ad esempio, 1 milione di dollari, dagli Stati Uniti contattano un broker cinese in Messico per ‘restituire’ 1 milione di dollari. Successivamente – prosegue Irvin – il broker in Messico contatta un altro broker cinese negli Stati Uniti, chiedendo di prelevare 1 milione di dollari”. A questo punto, la banda di spacciatori negli Stati Uniti deposita il milione di dollari presso il broker cinese presente negli USA. Solo dopo questo deposito, “il broker in Messico trasferisce 1 milione di dollari in pesos al cartello della droga messicano che ha fornito il fentanyl”. Ora resta da riciclare il milione di dollari rimasto nella “cassa” del broker cinese negli Stati Uniti. È qui che entra in gioco la piattaforma social WeChat, la più utilizzata in Cina.
Il riciclaggio attraverso le app come WeChat e i “corrieri del denaro”
I metodi che possono essere utilizzati tramite app come WeChat sono diversi, ma piuttosto semplici. Uno di questi è la funzione “WeChat Pay”, che consente transazioni veloci tra utenti. In questo caso, chi ricicla denaro può inviare piccole somme in modo ripetuto a diversi account, rendendo difficile tracciare il flusso di fondi, poiché le transazioni possono sembrare semplici trasferimenti tra amici o parenti. Su WeChat sono presenti inoltre giochi e app di terze parti che consentono di fare acquisti. In questo caso, chi ricicla denaro può acquistare e vendere articoli o valuta virtuale per convertire denaro sporco in beni digitali, che possono poi essere monetizzati. Un’altra funzionalità di WeChat, molto utilizzata da chi pratica il riciclaggio di denaro, è la funzione “Hongbao” o “buste rosse”, che richiama la tradizione cinese di donare una busta rossa con denaro ad amici e familiari come augurio per il nuovo anno durante il Capodanno cinese. Questa funzione permette di trasferire fondi senza destare sospetti: chi ricicla denaro invia piccoli importi a vari account per camuffarli come regali, aumentando la difficoltà per le autorità di individuare l’origine dei fondi. Infine, c’è il metodo del “money mule”, noto anche come “corrieri del denaro”. I “corrieri” sono persone che trasferiscono fondi per conto di gruppi criminali, spesso inconsapevoli dell’origine illecita del denaro. Le organizzazioni criminali reclutano i corrieri, o “mules” (tradotto dall’inglese significa “asini”), attraverso varie tecniche, come annunci di lavoro falsi, messaggi email o social media. Le vittime sono attratte da promesse di guadagno facile, spesso con attività presentate come “lavori da casa” o “intermediazione finanziaria”. Una volta reclutato, il mule riceve un pagamento o un bonifico sul proprio conto bancario, con l’istruzione di trasferire l’importo a un altro conto, spesso all’estero. In cambio, gli viene promesso un compenso o una commissione, che rende l’attività apparentemente vantaggiosa, ma che nasconde in realtà un’attività illegale. Usando questa rete di intermediari, le organizzazioni criminali frammentano il denaro illecito in piccoli importi, che passano attraverso vari conti e giurisdizioni, rendendo più complesso risalire all’origine.
Il salto di qualità dei broker cinesi
La partnership tra i broker cinesi e le organizzazioni latinoamericane del narcotraffico ha rapidamente trasformato le reti criminali cinesi nei principali riciclatori di denaro a livello globale. Nel 2018, la Divisione Operazioni Speciali d’élite della DEA ha lanciato il progetto “Sleeping Giant” (Gigante dormiente), un’iniziativa che ha coinvolto diverse agenzie governative con l’obiettivo di colpire le attività di droga e di riciclaggio di denaro legate alla Cina. L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine stima che ogni anno vengano riciclati a livello globale circa 2 trilioni di dollari, mentre il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ritiene che circa 154 miliardi di dollari di fondi illeciti transitino annualmente attraverso la Cina. Un “successo” criminale di proporzioni enormi, che ha spinto i gruppi cinesi, inizialmente focalizzati sul riciclaggio dei proventi del traffico di fentanyl per i cartelli messicani, ad ampliare le loro attività entrando direttamente nel mercato della marijuana negli Stati Uniti. La liberalizzazione della marijuana in vari stati ha fatto il resto, consentendo ai gruppi cinesi di rafforzare la loro presenza nel settore della coltivazione illegale, soprattutto in stati come l’Oklahoma e il Maine. Inoltre, l’alleanza tra i cartelli messicani e i broker cinesi impegnati nel riciclaggio ha creato una sorta di “super-cartello” capace di controllare sia il mercato della marijuana che il traffico di fentanyl. Questa collaborazione permette a entrambe le parti di massimizzare i profitti e di estendere il controllo su più settori del mercato nero statunitense. Ora che è evidente come la criminalità cinese si stia radicando anche in Europa, riuscendo a replicare il modello statunitense, ci si chiede cosa aspettarsi in un contesto, come quello europeo, che vede la presenza di organizzazioni pericolose e pervasive come la ‘Ndrangheta. La mafia calabrese, negli ultimi anni, ha esteso in maniera preponderante le proprie attività anche al di fuori dei confini italiani, diversificando le sue operazioni criminali, specialmente nel traffico di droga e nel riciclaggio di denaro, riuscendo anche a infiltrarsi nell’economia legale. “Quello che è successo negli Stati Uniti, puoi applicarlo in tutto il mondo – ha sottolineato Chris Irvin -. Dove c’è una diaspora cinese, esiste un progetto infrastrutturale cinese che muove enormi quantità di denaro”. E aggiunge: “La stessa cosa sta avvenendo anche in Italia e in tutta Europa. Quando si hanno enormi proventi generati con il narcotraffico, si fa affidamento sul riciclaggio di denaro cinese per farlo su scala maggiore rispetto al passato. Le reti criminali cinesi – ha concluso Irvin – sono sofisticate e professionali, e riescono a riciclare il denaro molto velocemente”.
Le reti criminali cinesi e la ‘Ndrangheta
Il traffico di droga continua a essere una delle principali fonti di reddito per le organizzazioni criminali italiane, che sfruttano la posizione strategica dell’Italia lungo le rotte marittime per instaurare legami con gruppi criminali internazionali. In particolare, si stima che la ‘Ndrangheta controlli fino all’80% della cocaina introdotta in Europa. Altre fonti rilevanti di denaro riciclato provengono dal contrabbando, dalla vendita di merci contraffatte, dalle estorsioni e dal traffico di rifiuti. Negli anni, le indagini delle forze dell’ordine hanno evidenziato un crescente utilizzo di schemi di riciclaggio basati sul commercio e sulle criptovalute, usati per mascherare proventi e pagamenti illeciti attraverso transazioni apparentemente legittime. La conferma dell’importanza delle rotte marittime per il traffico di droga gestito dalla ‘Ndrangheta si riscontra anche nel porto di Gioia Tauro, in Calabria, dove negli ultimi anni – ha spiegato Danilo Persano, Tenente Colonnello della Guardia di Finanza – è stato registrato un considerevole aumento di sequestri, passando dalle circa 6 tonnellate di cocaina sequestrata nel 2020, proveniente dal Sud America, alle 17 tonnellate tra il 2021 e il 2022. “Dalle ultime indagini – ha dichiarato l’ex procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri – è emersa una grande capacità da parte delle organizzazioni criminali, in collaborazione con soggetti cinesi, di ricevere ingenti somme di denaro in Italia e farle ritrovare nel paese di destinazione, senza un trasferimento fisico del denaro e senza possibilità di tracciamento”. Sembra, dunque, che quanto avvenuto negli Stati Uniti si stia replicando nel vecchio continente, con le organizzazioni criminali leader nel narcotraffico, come la ‘Ndrangheta, che si rivolgono alle reti criminali cinesi per riciclare enormi quantità di denaro in maniera rapida e sicura.
Oltre ai broker cinesi anche le banche convenzionali: il caso TD Bank
Negli Stati Uniti, il caso TD Bank è senza dubbio uno degli scandali bancari più rilevanti degli ultimi anni in materia di riciclaggio di denaro. Recentemente, il gruppo bancario, settimo per volume di depositi negli Stati Uniti, ha ammesso di aver facilitato il riciclaggio di oltre 670 milioni di dollari da parte di reti criminali internazionali, accettando di pagare una multa di circa 3 miliardi di dollari per violazioni del Bank Secrecy Act. Questa normativa statunitense impone agli istituti bancari l’obbligo di segnalare transazioni sospette per prevenire attività illecite. Dalle indagini è emerso che gran parte del denaro riciclato era legato al traffico di droga, incluso il fentanyl. I fallimenti antiriciclaggio di TD Bank hanno reso l’istituto un “punto di riferimento” per i criminali, questo secondo i dipendenti stessi. Tra il 2018 e il 2021 – ha fatto sapere il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti – una di queste reti ha movimentato più di 470 milioni di dollari con ingenti depositi in contanti su conti fittizi. Gli organizzatori hanno anche distribuito ai dipendenti carte regalo per un valore superiore a 57mila dollari, assicurandosi così che le operazioni proseguissero senza intoppi, nonostante il chiaro superamento dei limiti per transazioni sospette. In un altro caso, tra il 2021 e il 2023, un’azienda di gioielleria ad alto rischio ha trasferito quasi 120 milioni di dollari tramite conti di comodo, prima che la banca segnalasse l’attività. In un terzo schema, i fondi venivano depositati negli Stati Uniti e immediatamente ritirati tramite sportelli bancomat in Colombia. Cinque dipendenti della banca hanno collaborato con i riciclatori emettendo decine di carte bancomat, facilitando il riciclaggio di circa 39 milioni di dollari. Oltre due dozzine di persone, compresi due dipendenti della banca, sono state incriminate per il loro ruolo in questi schemi. Come parte del patteggiamento, TD Bank ha ora l’obbligo di collaborare nelle indagini ancora in corso.
All’interno di un panorama criminale globalizzato e altamente sofisticato, le organizzazioni criminali diventano sempre più abili nel portare avanti i propri affari senza essere rintracciate e aggirando le normative vigenti nei vari paesi. La collaborazione tra gruppi criminali cinesi e mafie internazionali, come la ‘Ndrangheta e i cartelli della droga in America Latina, evidenzia come gli interessi criminali di diverse organizzazioni possano convergere per creare nuove opportunità illecite a livello globale. L’adozione di sistemi paralleli, come le banche clandestine cinesi, piattaforme digitali come WeChat e i cosiddetti “corrieri del denaro”, rappresenta forse solo la punta dell’iceberg di un sistema illecito con cui i capitali delle mafie vengono ripuliti. Le indagini condotte sia in Europa che negli Stati Uniti hanno dimostrato come il fenomeno del riciclaggio non sia limitato a pochi gruppi isolati, ma sia parte di una rete molto più ampia e complessa, capace di infiltrarsi persino nel settore bancario tradizionale. Il caso TD Bank rappresenta, infatti, un esempio lampante di come il sistema bancario stesso possa, consapevolmente o meno, diventare una pedina di questa macchina criminale, che sembra avanzare anche in Europa.
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