CITTÀ DEL VATICANO – Nuova indagine giudiziaria su un conto corrente “sospetto” aperto all’ Istituto per le opere di religione (Ior) da un monsignore in servizio in diversi dicasteri della Santa Sede. La notizia è filtrata ieri mattina – paradossalmente – a margine del summit su finanza internazionale, crisi economica e nuove regole bancarie tenuto a porte chiuse Oltretevere tra il ministro dell’ Economia Giulio Tremonti, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi ed i superiori generali delle congregazioni religiose, titolari di conti correnti presso la stessa banca vaticana. È la terza inchiesta sullo Ior avviata dalla magistratura italiana nelle ultime settimane. La prima – resa nota il 21 settembre – quando la procura di Roma sequestrò 23 milioni di euro depositati dallo Ior presso una banca romana, senza il presunto rispetto delle norme antiriciclaggio previste dalla Banca d’ Italia, accompagnando il provvedimento con un avviso di garanzia al presidente Gotti Tedeschi e al direttore generale Paolo Cipriani. Proprio ieri si è appreso che sta per essere presentato il ricorso in Cassazione contro il mancato dissequestro dei 23 milioni. La seconda inchiesta, il 26 ottobre, su iniziativa della procura di Catania titolare di un’ indagine, sempre per riciclaggio, a carico di un prete incardinatoa Romae titolare di un conto Ior, don Orazio Bonaccorsi, nipote di un ex boss condannato per mafia e ora finito sotto inchiesta per truffa e intestazione fittizia di beni. Questa volta, a finire nelle maglie della procura di Roma – dove si apprende che “non sono pochi” i conti correnti della banca vaticana su cui si stanno concentrando le attenzioni degli inquirenti – è un monsignore di origini meridionali, da anni membro di commissioni giudiziarie di tre Congregazioni (Dottrina della Fede, Culto divino e disciplina dei sacramenti, Clero) e presso il Tribunale della Rota Romana. Dunque un prelato giurista col pallino degli affari, che avrebbe movimentato sul suo conto corrente acceso presso lo Ior, attraverso altre banche e con operazioni di sportello, ingenti somme di denaro su cui gli inquirenti stanno indagando alla luce delle norme antiriciclaggio in vigore nel sistema bancario italiano del 2003. Questa nuova tegola giudiziaria caduta sulla testa della banca vaticana potrebbe rallentare – si teme nei Sacri Palazzi – quel processo di “chiarificazione” con la procura di Roma e la Banca d’ Italia più volte assicurato dai vertici dello Ior per permettere lo sblocco dei 23 milioni ancora sotto sequestro malgrado la richiesta di “liberalizzazione” avanzata agli inquirenti italiani dalle autorità pontificie. Un problema sul quale “presto sarà diradata ogni ombra di dubbio” ha più volte assicurato il presidente Gotti Tedeschi. Malgrado assicurazioni tanto autorevoli – in linea con quanto ieri ha fatto capire a latere del summit anche il cardinale Bertone, confidando di essere “preoccupatoe fiducioso allo stesso tempo” per il futuro dello Ior – l’ inchiesta dei giudici è sempre in piedi e i tempi di vedere inserita la banca del Papa nella cosiddetta White List delle banche internazionali che applicano le norme antiriciclaggio sono inevitabilmente destinati ad allungarsi. Come saranno altrettanto lunghii tempi per rinnovare lo Ior con quelle regole di legalità e trasparenza su cui sta lavorando Gotti Tedeschi su mandato del Papa, che proprio ieri, all’ udienza generale, forse nemmeno tanto casualmente ha invitato credenti, non credenti e uomini di buona volontàa “pulire la spazzatura che è nelle nostre coscienzee nelle nostre anime, non solo quella che si trova solo nelle nostre strade”.
ORAZIO LA ROCCA
(Tratto da Repubblica)