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San Luca e il “mistero” su Antonio Strangio: il possibile omicidio e l’ombra della ‘ndrangheta

Il 42enne è figlio di Giuseppe Strangio, tra i protagonisti dei rapimenti “eccellenti” sull’Aspromonte da De Feo a Casella, legato al ramo “Barbaro”

Pubblicato il: 21/11/2024 – 19:03

di Giorgio Curcio

SAN LUCA Un muro di silenzio invalicabile, un riserbo strettissimo. Da giorni San Luca è sprofondata in un silenzio surreale, riportando alla memoria epoche lontane, rievocate come spettri. La notizia della sparizione improvvisa di Antonio Strangio, infatti, sta alimentando da giorni sospetti terribili sui quali nessuno ha voglia, al momento, di sbilanciarsi. Compresi inquirenti e forze dell’ordine. A “rompere” l’equilibrio sono stati una serie di manifesti apparsi per San Luca e dintorni, con su scritto: «Le famiglie Strangio e Scalia ringraziano a tutta la popolazione ma dispensano dalle visite». Frase emblematica quella scelta, con ogni probabilità, dai diretti interessati e che racchiude la drammaticità di un caso ancora tutto da svelare.

Il mistero di San Luca

Un terribile mistero avvolge tuttora la scomparsa di Antonio Strangio e le indagini della Compagnia dei carabinieri di Bianco sotto il coordinamento della Procura di Locri. Se da una parte l’obiettivo è far luce su quanto accaduto, dall’altra gli scenari appaiono tutt’altro che ottimistici. Da qualche giorno ormai non si hanno più notizie e il ritrovamento del fuori strada dato alle fiamme con i resti di quella che potrebbe essere – forse – una carcassa di un non meglio imprecisato animale, hanno alzato in modo esponenziale il livello di attenzione. Nel caso in cui Antonio Strangio fosse stato ucciso, si aprirebbero scenari inquietanti e il rischio di sprofondare in una possibile “guerra di ‘ndrangheta” non sarebbe così remoto. Anche perché il nome e il contesto sono di primissimo piano.

Giuseppe Strangio e la stagione dei sequestri

Il 42enne Antonio Strangio, infatti, è figlio del più noto Giuseppe Strangio (cl. ’54). Una sorta di “figura chiave” della ‘ndrangheta locale e non solo. Già condannato nel ’74 a 14 anni per un omicidio commesso il 2 febbraio del 1970, conta una serie di condanne – definitive – legate ad alcuni sequestri di persona “eccellenti”: Giovanni Piazzalunga, Carlo De Feo e Cesare Casella. L’ingegnere Carlo De Feo, industriale napoletano, fu rapito a Casavatore agli inizi del 1983 e liberato, dopo oltre un anno di prigionia, nelle campagne di Oppido Mamertina. All’epoca gli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria erano riusciti ad arrestare quindici personaggi di quella che ritenevano ancora una «cosca emergente» mentre altre sei persone, tra cui un nome di spicco come quello di Sebastiano Pelle, erano riusciti ad evitare la cattura. Gli inquirenti concentrarono le indagini nel triangolo mafioso San Luca-Natile-Platì, nei cui territori erano stati nel frattempo localizzati ben cinque nascondigli in cui l’industriale era stato tenuto prigioniero.

Il rapimento Casella

Ben più importante il rapimento di Cesare Casella, avvenuto a Pavia il 18 gennaio ’88, balzato agli onori anche della cronaca internazionale. Divenne suo malgrado “storica” la mamma coraggio che, un anno dopo, decise di scendere in Calabria e di inscenare una clamorosa protesta in piazza, a Locri. Andò poi a San Luca, raggiunse Ciminà con le catene al collo, pregò di fronte al “crocifisso dei sequestrati” in contrada Zervò (tra Platì e Santa Cristina d’Aspromonte) e, infine, visitò anche il Santuario della Madonna di Polsi. Quello di Casella – durato 743 – è il secondo sequestro più lungo dopo quello di Carlo Celadon (831 giorni). La prima svolta arrivò a Natale del 1989 quando i GIS si presentarono all’appuntamento concordato per la consegna del riscatto e, dopo uno scontro a fuoco, catturarono proprio Giuseppe Strangio mentre era latitante. L’uomo, infatti, era evaso dalla Casa Circondariale di Lecce, mentre stava scontando la pena di anni 27 di reclusione proprio per il sequestro De Feo. Sarà proprio Strangio a rivolgere un appello ai sequestratori, con la liberazione che avverrà a gennaio del ’90.

Strangio “Barbaro”

Ma non è tutto. Le indagini degli ultimi decenni hanno permesso di inquadrare Giuseppe Strangio all’interno della potente famiglia di ‘ndrangheta dei Versaci e degli Strangio “Barbaro”, dedita agli efferati sequestri di persona che hanno posto all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale l’attività della criminalità organizzata della bassa Calabria Ionica e consentito l’acquisizione di ingentissimi profitti investiti successivamente nello spaccio internazionale di sostanze stupefacenti.

Le indagini

Intanto i RIS di Messina, secondo fonti ufficiose, stanno effettuando gli esami del caso sui resti di quella che finora è stata indicata come una carcassa di animale, trovata a bordo dell’auto distrutta dalle fiamme tra Bovalino e Bianco. Nessuna pista può e deve essere esclusa al momento. Neanche quella che potrebbe portare ad un terribile omicidio di stampo mafioso. (g.curcio@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2024/11/21/san-luca-e-il-mistero-su-antonio-strangio-il-possibile-omicidio-e-lombra-della-ndrangheta/