“#formia / Omicidio Piccolino, Delegata alla Legalità Menanno: “omicidio figlio di una sottocultura che può dirsi mafiosa”
da Antonia De Francesco
“Una città intera – anzi molte città del sudpontino – sono scese in piazza nella convinzione, dettata dalle modalità dell’esecuzione, dall’attività di Mario e dall’intervento spontaneo della DDA di Roma, che l’omicidio di Mario fosse di stampo mafioso. Plurimi e concordanti indizi, diremmo, deponevano in tal senso. Così pare, invece, non essere. La città tutta ha chiesto all’Amministrazione di “reagire” ed essa si è attivata. Oggi tutti coloro che avevano gridato all’allarme fanno un passo indietro. Del senno di poi son piene le fosse”. Affida queste parole al suo profilo Facebook, la Delegata alla Legalità del Comune di Formia, l’Avv. Patrizia Menanno. Si tratta di un commento che rivelare la sua posizione in merito ai risvolti segnati dalle indagini che hanno portato all’arresto del presunto Killer dell’Avv. e Blogger Mario Piccolino. Un punto di vista, vessillo di altro avviso, rispetto a quell’opposto che in questi giorni dilaga in particolare tra gli oppositori politici.
“L’unica analisi che si può fare dei commenti, peraltro, scontati di chi pur avendo amministrato la nostra città e ricandidandosi ad amministrarla, è che essi sono superficiali e omertosi. Che la camorra viva stabilmente a Formia è un dato noto. Ma si continua con il negazionismo per “il buon nome della città”. Questa Amministrazione e il Sindaco Sandro Bartolomeo hanno mostrato e continuano a mostrare coraggio per le scelte anche normative fatte negli ultimi due anni. Purtroppo, non altrettanto può dirsi di una certa parte politica che, si spera solo per codardia, focalizza l’attenzione sui mancati introiti per il turismo tutti, peraltro, da dimostrare. Cosa importa se ad uccidere Mario non sia stata la camorra? Il suo omicidio efferato – si legge in conclusione – è comunque figlio di quella sottocultura che disprezza la vita umana, che si fa giustizia da sola con la vendetta e che come tale può, a buon diritto, definirsi ‘mafiosa’. La nostra Città ha mostrato al resto del mondo in questa tremenda prova, il meglio di sé, in un’aggregazione senza precedenti e un comune sentire. Una Città che rifiuta la prevaricazione e la restrizione della libertà personale e che condanna ogni forma di violenza sia di criminalità ordinaria che organizzata”.”.
Cara Patrizia,
ho sulle mie spalle troppa esperienza e vengo da troppo lontano per credere ancora all’utilità di manifestazioni,spontanee o meno,di quanti non sono animati da una salda consapevolezza della realtà e da altrettanti saldi principi di giustizia e di resistenza al malaffare ed alle mafie.Non mi meraviglia affatto,quindi, il comportamento di “tutti coloro che –come tu scrivi –avevano gridato all’allarme” ed ora “ fanno un passo indietro”.Come anche non mi meraviglia per niente il fatto che ci sia sempre qualcuno che approfitti di qualsiasi occasione per gridare “la mafia non esiste”.
Conosciamo e sappiamo.
Non mi interessa nemmeno se questo qualcuno lo faccia per ignoranza,per ignavia,per viltà o per interesse.
E’ un dato di fatto e bisogna prenderne atto.
Punto.
Le rivoluzioni nella storia le hanno sempre fatte le minoranze illuminate,mentre le maggioranze restano sempre alla finestra.,inerti,a guardare,aspettando chi ne esce vincitore,per,poi,schierarsi con questo.
La mafia c’é,a Formia come in tutto il sud pontino ed,oltre ai magistrati inquirenti delle DDA e dei corpi speciali,lo sappiamo bene anche noi che facciamo un lavoro costante,rigoroso,silenzioso,di scavo e di indagine.
Basta ed avanza,tanta ce n’é.
Il problema é un altro ; l’Associazione Caponnetto lo sta denunciando da sempre ed é tutto politico:
manca una classe dirigente politica all’altezza della situazione (non voglio dire altro) e manca,di conseguenza,un apparato investigativo territoriale adeguato.
La materia mi costringe ad essere in questa sede conciso e a non dilungarmi a proposito di questa affermazione.
Quando proponemmo l’istituzione a Formia dell’Osservatorio comunale contro la criminalità insistemmo,come ricorderai,sulla necessità di coinvolgere in esso,come membri effettivi,i Comandanti provinciali della 4 forze dell’ordine,dal Questore a quello del Corpo Forestale dello Stato,oltre al Prefetto o ad un suo rappresentante.
Lo facemmo non per riproporre un “doppione” del Comitato Provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico – che,dal nostro punto di vista,va riformato in relazione alle profonde mutazioni delle mafie – ,ma per dar vita ad un nuovo,inedito ed affatto burocratico soggetto politico-istituzionale attraverso il quale si potessero mettere a confronto le tesi delle istituzioni e della società organizzata con l’obiettivo di elaborare tattiche e strategie di contrasto condivise più moderne ed efficaci..
Qualcuno non ha voluto ed io sono sempre in attesa di conoscere,prima o poi,CHI é costui perché é su questi aspetti – che potrebbero apparire agli occhi degli sprovveduti poco importanti- che bisogna incentrare l’attenzione per capire bene “chi” non vuole che si faccia una vera,efficace lotta alle mafie.
L’Osservatorio – così come é ,di conseguenza, nato e rispetto a “come” lo avevamo sognato noi dell’Associazione Caponnetto al momento in cui lo abbiamo proposto – é nato monco e,se finora non ci siamo ritirati,lo abbiamo fatto per senso di responsabilità e per non darla vinta ai camorristi ed ai loro sodali.
Alla ripresa autunnale,però,siamo intenzionati a valutarne l’adeguatezza e ad assumere le decisioni conseguenti.
La lotta alle mafie é una cosa seria e non si può continuare a delegarla a strutture e persone impreparate.
I problemi reali vanno affrontati alla radice,ne vanno analizzate le cause e vanno trovate ed attuate le soluzioni.
Condivido la tua analisi a proposito dell’anamnesi e degli sviluppi del caso che ha visto vittima il povero Mario e del quadro culturale dal quale esso ha trovato alimento e nel quale si é svolto ma é mio fermo convincimento che non bisogna assolutamente lasciarsi condizionare né dalla codardia della maggior parte della gente nè dagli atteggiamenti dei cosiddetti “negazionisti” e dagli eventuali interessi che potrebbero stare dietro ad qualcuno di essi.