AMDuemila 07 Novembre 2024
L’accusa è omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalle finalità mafiose. Il figlio del sindaco: “Fa male sapere che chi deve difenderti sono i presunti colpevoli”
E’ svolta nel giallo di Angelo Vassallo. Dopo 14 anni dal delitto del “sindaco pescatore” di Pollica avvenuto il 5 settembre 2010, i Carabinieri del Ros di Roma hanno eseguito quattro ordinanze di arresto per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalle finalità mafiose. In manette sono finiti l’ufficiale dei carabinieri Fabio Cagnazzo, il figlio del boss nonché collaboratore di giustizia Romolo Ridosso del clan di Scafati Loreto-Ridosso, l’imprenditore Giuseppe
Il colonnello Cagnazzo, per anni a capo della compagnia di Castello di Cisterna, è stato protagonista a Napoli e provincia di indagini sui più potenti clan di camorra. E’ diventato, poi, comandante provinciale a Frosinone, e da un anno e mezzo risultava tra gli indagati per la morte di Vassallo. La ricostruzione degli inquirenti individua il movente dell’assassinio nella scoperta, da parte del sindaco, di un traffico di stupefacenti riconducibile ad ambienti camorristici e nel quale sarebbero stati coinvolti anche esponenti dell’Arma. Vassallo sarebbe stato ucciso con nove colpi di pistola calibro 9 sparati a bruciapelo dopo aver confidato quanto sapeva sulla vicenda all’ex procuratore capo di Vallo della Lucania, Alfredo Greco, ma prima di poter formalizzare la sua denuncia ad un carabiniere di assoluta fiducia dello stesso Greco. Sempre in base alle accuse, Cagnazzo si sarebbe speso in una attività di depistaggio delle indagini organizzata ben prima dell’omicidio. Al colonnello viene anche contestato di avere favorito il clan Cesarano di Pompei-Scafati e di avere assicurato il depistaggio delle indagini agli altri tre indagati oggi con lui. Questi ultimi – sempre secondo l’accusa – avrebbero preso parte all’ideazione, pianificazione e organizzazione dell’omicidio. I primi sopralluoghi preliminari sarebbero stati eseguiti da Cioffi, poi da Ridosso e Cipriano i quali si assicurarono che nel luogo dove poi avvenne l’omicidio non ci fossero telecamere di videosorveglianza. Nella fase successiva al delitto, il colonnello Cagnazzo – secondo l’accusa – “come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno” indirizzandole verso una falsa pista, “quella dell’alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo (solo omonimo del sindaco ucciso, titolare di un albergo del luogo) per questioni legate allo spaccio di stupefacenti”. Cagnazzo, secondo quanto emerso dagli accertamenti del Ros, dopo l’omicidio del sindaco pescatore si sarebbe adoperato per diffondere false notizie circa il coinvolgimento di Damiani sostenendo che fosse positivo all’esame dello stub. Damiani, sosteneva falsamente l’ufficiale dell’arma ora detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, si era anche occupato di pedinare la vittima nei pressi del porto di Acciaroli. Altra fake news che il carabiniere, sempre secondo gli inquirenti, diffuse all’epoca era quella dell’esistenza di un ‘gruppo Damiani’ dedito al traffico di droga che veniva veicolata attraverso l’uso di un gommone. Tra le info di cui era in possesso, non riferite agli inquirenti, figura anche la circostanza dell’incontro tra il sindaco ucciso e il comandante dei carabinieri di Agropoli e i pm della Procura di Vallo della Lucania, che sarebbe dovuto avvenire il giorno dopo l’omicidio.
Le parole della Fondazione Vassallo e del figlio del sindaco
“La nostra determinazione è stata ripagata dall’incontro con il procuratore Giuseppe Borrelli, che ha creduto in questo filone di indagine, portandoci finalmente alle prime svolte concrete in una vicenda drammatica che ha segnato la nostra famiglia e tutto il Cilento”. Dichiarano, in una nota, Dario e Massimo Vassallo
Ansa
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