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White List, quale futuro?

David Gentili 10 Dicembre 2024

Sono 3302 le società iscritte alla White List di Milano. L’elenco di enti privati per i quali la Prefettura garantisce siano esenti da tentativi di infiltrazione mafiosa che ne condizionerebbero le scelte e gli indirizzi.
Non si tratta di qualsiasi impresa, ma quelle che operano nei settori maggiormente esposti al rischio di essere inquinati da capitali criminali: movimento terra, guardiania dei cantieri, servizi funerari e cimiteriali; trattamento e di smaltimento dei rifiuti, ristorazione.
Non è però tutto oro ciò che luccica. E la White list non è un’eccezione. Di queste 3302 società in 1809 hanno avanzato richiesta alla Prefettura ma non hanno avuto ancora risposta. Ben 512 sono in attesa che la loro iscrizione, accettata nel passato, venga rinnovata dopo un anno di regolare iscrizione. Possiamo dire che siamo in una situazione particolarmente in affanno se, la città che ospiterà le olimpiadi, la città in cui si costruisce di più in Italia, ha solamente il 30 per cento delle aziende che svolgono la propria attività nei settori più a rischio, a posto con i controlli antimafia.
Per la guardiania ai cantieri 1 società su 18 è a posto con i controlli. Le altre attendono.
Badate bene, per la norma in essere, anche loro hanno pieno diritto di aggiudicarsi degli appalti pubblici e di potersi fregiare di essere iscritte alla lista di aziende sane. Però i controlli sulla loro società, sugli organismi apicali, sui loro congiunti, le maestranze, tenendo conto anche delle inchieste in corso, di fatti citati in ordinanze cautelari o sentenze di primo grado, oppure ancora di frequentazioni che emergono dalla ricerca sullo SDI (Sistema d’Indagine) in uso alle forze dell’ordine, devono essere ancora fatti.
La Coimec attende da 9 anni. La Dsv da 8, la Tecno come la CO. e SE Costruzioni e Servizi da 7.
A Roma sono 1640 le società che attendono di essere iscritte e 539 quelle che attendono l’aggiornamento. Sono invece 1232 quelle iscritte e con i controlli a posto. Il 36%. Una percentuale simile a Milano.
A Palermo sono 381 le imprese richiedenti,  489 quelle con l’aggiornamento in corso e 480 quelle con i controlli a posto. Il 35%.
Ho la forte preoccupazione che, con queste percentuali, la convinzione che le White list siano ancora degli strumenti utili stia scemando progressivamente.
Le Prefetture mai si lamenteranno delle carenze di organico o degli eccessivi oneri.
Tra l’altro con la riforma di tre anni fa devono anche sostenere, proprio sulle informazioni antimafia, il contraddittorio prima di esprimere la loro decisione finale. E’ la politica che deve fare la battaglia per loro.
Sono convinto che esistano fior fior di agenzie private che, avendo libero accesso agli elenchi pubblici e ricorrendo a fonti aperte, avendo a disposizione  ordinanze e sentenze, senza per forza avere accesso allo SDI, potrebbero egregiamente svolgere quella mansione propedeutica e istruttoria che faciliterebbe la Prefettura e la DIA.
E’ tempo di scelte complesse che vadano a salvaguardare uno degli strumenti più efficaci e con le maggiori potenzialità che abbiamo attualmente per contrastare gli interessi criminali mafiosi e il riciclaggio.

Fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/opinioni/235-politica/103101-white-list-quale-futuro.html